Sentenza CGE Biasci. “Applicata” anche a Roma. Rilevante l’atto di intervento di Goldbet nel giudizio di impugnazione del “Bersani”

(Jamma) – La Sentenza Biasci “applicata” ancor prima della sua pubblicazione, se così si può dire, da parte del Tribunale di Roma. Il Tribunale della Capitale, infatti, occupandosi del caso Goldbet, con Sentenza depositata il 17 luglio 2013, quindi in epoca antecedente alla Sentenza Biasci, mandando assolto un titolare di Ced collegato al bookmaker austriaco ed in pieno accoglimento delle tesi della difesa, rappresentata dall’avv.Marco Ripamonti, così ha affermato testualmente:
“(omissis) Nell’anno 2006, a seguito di queste pronunce (ndr Placanica e Cassazioni successive), sono stati pubblicati due bandi di gara per il rilascio di nuove concessioni in materia, in attuazione delle disposizioni contenute nel c.d. “decreto Bersani”; alcune società estere dolendosi dell’inserimento di clausole poco chiare, che avrebbero impedito alle stesse di ottenere i titoli necessari, intenzionalmente non hanno partecipato alla gara, impugnando il relativo bando e domandandone l’annullamento con ricorso al Tar Lazio n. 10869 del 2006 (tra questi la società “Stanley”); altri enti esteri, tra cui la “Goldbet Sportwetten GmHb”, hanno successivamente condiviso la posizione dei ricorrenti, aderendo all’impugnativa proposta sulla base della convinzione del contrasto della normativa italiana con i principi del’Unione (v. intervento della “Goldbet” del 05.04.2012 al Tar Lazio).
Invero, in riferimento alla società “Goldbet”, risulta che questa società sia riuscita ad ottenere per mezzo di un suo ente partecipato italiano (“Totobetting s.r.l.) due concessioni, poi revocate da parte dell’Amministrazione statale nell’anno 2008 sulla base delle determinazioni della convenzione che prevedono, tra l’altro, la decadenza dei titoli in caso di instaurazione di procedimenti penali o per ogni altra ipotesi che leda il rapporto fiduciario con l’amministrazione.
Proprio in riferimento a questo profilo la S.C. di Cassazione ha ritenuto di dover interpellare nuovamente la Corte di Giustizia sulla corretta interpretazione dei principi europei. La Corte, nell’ordinanza di rimessione, ha posto la sua attenzione sull’art. 38, che stabilisce un numero massimo di concessioni in proporzione al numero di abitanti, tenendo conto dei punti vendita per i quali era già stata rilasciata concessione, oltrechè sull’art. 23 dello schema della convenzione AAMS, che prescrive appunto la decadenza del concessionario nei cui confronti siano state adottate misure cautelari o provvedimenti di rinvio a giudizio per reati di cui alla legge n. 55/1990, nonchè “per ogni altra ipotesi di reato suscettibile di far venir meno il rapporto fiduciario con l’AAMS”.
Con la sentenza “Costa-Cifone”, ancorchè riferibile principalmente alla situazione della società “Stanley” (CGE, quarta sezione, 16 febbraio 2012, Costa e Cifone, cause riunite C-72/10 e C-77/10) la Corte, dopo aver ribadito che spetta sempre al giudice del rinvio valutare la compatibilità delle norme interne con i principi dei Trattati, in riguardo alle clausole limitative inserite nel decreto Bersani e nello schema della Convenzione ha precisato che:
(omissis, v.parte dispositiva della Sentenza Costa Cifone)
Circa le fattispecie di decadenza, che interessano direttamente il caso in esame, la Corte ha stabilito che spetterà al giudice del rinvio verificare la chiarezza e la precisione delle clausole determinanti la revoca delle concessioni, requisiti necessari per “consentire ad ogni potenziale offerente di valutare con certezza il rischio che gli vengano applicate simili sanzioni, per garantire l’assenza di rischi di favoritismo o arbitrarietà da parte dell’amministrazione aggiudicatrice e, infine, per garantire il principio di certezza del diritto”; in particolare, salvo sempre verifica da parte del giudice del rinvio, mentre per i delitti di mafia, la clausola “sembra soddisfare le esigenze sopra descritte”, “altrettanto non sembra potersi dire per quanto riguarda il riferimento, operato dalla medesima disposizione (…) a ogni altra ipotesi di reato suscettibile di far venir meno il rapporto fiduciario con l’AAMS”.
I citati principi, espressi dalla Corte nella sentenza “Costa-Cifone” sul caso “Stanley” sono stati poi ribaditi in una successiva ordinanza del 16.02.2012, riguardante la posizione della “Goldbet”, con la quale la Corte ha ritenuto la risposta fornita in detta sentenza “pienamente trasponibile alla questione sollevata dal giudice del rinvio nel procedimento a quo”, ribadendo perciò che spetta al giudice del rinvio valutare il possibile contrasto tra la disciplina italiana in tema di revoca delle concessioni e le norme europee ampiamente consolidate sulla libertà di prestazione dei servizi. OMISSIS
Alla luce degli ultimi orientamenti dei giudici di legittimità, si impone al giudice un controllo sulle motivazioni in forza delle quali l’ente non abbia ottenuto, o abbia visto revocarsi le concessioni; ove l’assenza del titolo sia fondata su ragioni contrastanti con il diritto dell’Unione e sulla base della mancanza della concessione sia stata negata la licenza di polizia ex art. 88 T.U.L.P.S., deve ritenersi, previa disapplicazione della norma interna confliggente, non configurabile la fattispecie di reato prevista dall’art. 4 della legge n.401 del 1989. Nel caso di specie la “Golbet” ha sollevato precise doglianze inerenti la lesività delle clausole contenute nel “decreto Bersani” e nei bandi attuativi, proponendo adesione all’impugnazione proposta dalla società “Stanley”, fino a non partecipare intenzionalmente alla gara a causa della presenza di limiti concorsuali contrastanti con i principi europei in tema di libera prestazione dei servizi. Ove anche si ritenesse la “Goldbet Sportwetten GmHb” ente già concessionario, in quanto soggetto giuridico non distinguibile dalla società partecipata “Totobetting S.r.l.” che aveva ottenuto i titoli poi revocati, deve giungersi alla medesima conclusione, per la revoca delle concessioni fondata su una clausola (art. 23 dello schema della convenzione AAMS) incompatibile con i principi europei in materia, alla luce della richiamata giurisprudenza di legittimità.
Per questi motivi deve emettersi sentenza di assoluzione nei confronti di ******* , in quanto hanno dimostrato in giudizio di aver svolto attività autorizzata nel paese di origine all’attività di raccolta di scommesse, senza ottenere la prescritta licenza di polizia a causa di un illegittimo rifiuto da parte del Questore di Roma, fondato unicamente sull’assenza di concessioni in capo alla società estera, sprovvista dei relativi titoli a causa di determinazioni normative lesive del diritto europeo e con esso incompatibili. In particolare le prescrizioni del “decreto Bersani” e dello schema della Convenzione si pongono in contrasto con i principi europei, sia perchè svantaggiose per i nuovi concessionari, e quindi discriminatorie, sia perchè introduttive di ipotesi di decadenza non proporzionate all’interesse generale, con valenza imperativa, di tutelare l’ordine pubblico e di evitare le frodi. Sicchè, deve disapplicarsi la normativa italiana per contrasto con i principi europei menzionati, contenuti nei Trattati e direttamente applicativi, con conseguente assoluzione per il venir meno di un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice.
Il difensore ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Si tratta di una Sentenza emblematica – anche se in linea con innumerevoli altre, che evidentemente chi discetta in senso opposto probabilmente non ha neanche esaminato – perchè ci dimostra come la nostra magistratura, ancor prima della Sentenza CGE Biasci, aveva ben noto il principio secondo cui spetti al Giudice interno esaminare in concreto il caso, onde valutare profili di discriminazione. Principio, del resto, emerso a chiare note dalla stessa Sentenza Costa – Cifone. E’ stata poi l’Ordinanza “Zungri” a chiarire come i principi di merito contenuti nella Costa – Cifone fossero trasponibili al caso Goldbet e da qui l’onere del Giudice interno di effettuare ogni valutazione di stretto merito. Ebbene, il Tribunale di Roma, come è evidente, si è concentrato proprio sul passaggio relativo alla concreta disamina del caso Goldbet, come del resto hanno fatto tutti gli altri Tribunali che hanno esaminato il caso fino alla Cassazione, pervenendo alle stesse determinazioni.

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