La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 9818/2024, ha riconosciuto la responsabilità dell’AAMS (Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, oggi ADM), per il danno cagionato dall’aver rilasciato il “nulla osta” su apparecchi poi risultati non conformi alle disposizioni di legge.

Per spiegare quanto accaduto è necessario risalire al 2007 quando, molti gestori di slot in Italia dovettero dismettere apparecchi da gioco della tipologia “Black Slot” in quanto risultati non conformi alle prescrizioni normative per il gioco lecito, a seguito di una perizia effettuata dalla società SOGEI S.p.a., partner tecnologico della predetta amministrazione), e, poi, un’ulteriore informativa del successivo 4 luglio, con cui rendeva noto come la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia avesse invitato tutti i gestori di apparecchi rientranti nella tipologia “Stack Slot” e “Terza Dimensione”, oltre che “Black Slot”, alla loro dismissione. Iniziativa, questa assunta dal Pubblico Ministero veneziano, dopo che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale lagunare aveva accolto la sua richiesta di sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen. (per la cui esecuzione veniva delegata la Guardia di Finanza) di tutti gli apparecchi “de quibus”, ovunque ubicati e da chiunque detenuti nel territorio nazionale, giacché “intrinsecamente funzionali al gioco di azzardo”.

Alcune delle aziende operanti nella gestione degli apparecchi e destinatarie del provvedimento, assistite dagli avvocati Marco Ripamonti e Carlo Lepore, ne 2020 si videro accogliere le domande risarcitorie sul risarcimento riguardante il danno emergente per la cessazione della raccolta di gioco mediante apparecchi Black Slot, Stack Slot e Terza Dimensione, oggetto della nota vicenda trattata dalla Procura della Repubblica di Venezia e risolta dal Tribunale lagunare con Sentenza del 12.12.2012, di assoluzione di tutti gli imputati, ma con confisca degli apparecchi stessi, ritenuti da gioco d’azzardo. La Sentenza resa dalla Corte d’Appello di Roma, si fondava, tra gli altri, su un punto rilevante:

  • La convenzione tra Aams e l’ente omologatore non comporta alcun trasferimento su quest’ultimo soggetto di pubbliche funzioni, trattandosi invece di appalto di servizi strumentale, esponendo in tal modo la P.A. verso i terzi, salva manleva verso l’omologatore.

L’ADM è quindi ricorsa in Cassazione contro quella sentenza. Da qui la conferma delle regioni delle aziende che, secondo la Cassazione, hanno diritto al risarcimento per la dismissione degli apparecchi ritenuti non conformi.

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