Il Tar Venezia, con pronuncia del 5 ottobre 2023, ha repinto il ricorso di un esercente per l’annullamento dell’ordinanza del Comune di Bassano del Grappa che introduce limiti orari al funzionamento delle slot. Il Collegio “osserva che è manifestamente insussistente il vizio di violazione dell’art. 41 Cost., atteso che la disciplina adottata dal Sindaco di Bassano del Grappa trova, come già sopra evidenziato, la sua base legale nell’art. 50, comma 7 del t.u.e.l., norma riconosciuta come costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale nella parte in cui attribuisce al Sindaco un potere di intervenire nella regolamentazione del gioco lecito per la tutela della salute pubblica, da contemperare con il benessere socio-economico dei cittadini (si v. Corte Cost. sentenza n. 220/14). Né, tantomeno, deve ritenersi che l’art. 3 del d.l. 223/2006 c.d. “Decreto Salva Italia” abbia determinato l’abrogazione per incompatibilità dell’art. 50, comma 7, del t.u.e.l.: sul punto, si osserva che quest’ultima attribuisce al Sindaco un potere di intervento, in ragione delle peculiari esigenze della comunità amministrata, che non possono essere soddisfatte in linea generale dalla disciplina astratta in tema di liberalizzazione delle attività commerciali e, proprio per questa ragione, possono portare a discipline differenziate sul territorio nazionale. Da ultimo, non si ravvisa neanche l’ipotizzato contrasto con le norme dell’Unione Europea richiamate: invero, anche qualora il potere di cui all’art. 50, comma 7, del tuel venga esercitato secondo modalità diverse dai Sindaci, questi ultimi sono comunque tenuti a rendere conoscibili gli elementi oggettivi valutati, mediante una motivazione che dia adeguatamente conto delle esigenze da soddisfare e comunque sottoponibile al controllo del giudice amministrativo quanto alla sua sufficienza e congruità”.

“Questo Tribunale ha avuto ripetutamente occasione di riconoscere il potere dei Comuni di intervenire nella regolamentazione del gioco lecito. Più nel dettaglio, è ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale, da ultimo richiamato nelle sentenze di questo Tribunale n. 1317/2022 e n. 759/2023, in cui “si osserva che la giurisprudenza amministrativa ha ormai univocamente riconosciuto alle amministrazioni comunali (e, nella specie, al Sindaco, in base all’art. 50, comma 7 del Tuel) il potere di disciplinare gli orari delle sale da gioco o di accensione e spegnimento degli apparecchi durante l’orario di apertura degli esercizi in cui i medesimi sono installati (ex multis Consiglio di Stato, sez. sez. V, 28 marzo 2018, n.1933; id., 22 ottobre 2015, n. 4861; id., 1 agosto 2015, n. 3778); in particolare, è stato evidenziato che dal composito e complesso quadro giuridico che regola la materia, emerge non solo e non tanto la legittimazione, ma l’esistenza di un vero e proprio obbligo a porre in essere, da parte dell’amministrazione comunale, interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco, ispirati per un verso alla tutela della salute, che rischia di essere gravemente compromessa per i cittadini che siano giocatori e quindi clienti delle sale gioco, per altro verso al principio di precauzione, citato nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il cui campo di applicazione si estende anche alla politica dei consumatori, alla legislazione europea sugli alimenti, alla salute umana, animale e vegetale” (cfr., sul punto, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 1 luglio 2019, n. 4509). E ancora quanto all’ipotizzata violazione della legge regionale n. 38/2019 “la regolamentazione regionale non ha modificato tale quadro normativo di riferimento, ma ha solo dettato degli orientamenti, fissando restrizioni minime e da applicarsi su tutto il territorio in un’ottica di maggiore efficienza dell’intervento regolatorio correlata al coordinamento, quantomeno nel minimo, degli orari di esercizio del gioco nei vari ambiti comunali.

Dunque, se da un lato deve escludersi l’efficacia diretta della disciplina regionale in ambito locale, la giurisprudenza ha riconosciuto un dovere, prima che un diritto, in capo al Comune di intervenire per regolare in modo efficace l’orario in cui è possibile praticare il gioco lecito con apparecchi di intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6 del T.U.L.P.S., coniugando tutela della salute dei cittadini con diritto all’esercizio di un’attività imprenditoriale lecita. In tale ottica di bilanciamento dei contrapposti interessi, da un lato non può ravvisarsi alcuna efficacia vincolante della DGR 2600/2019, in quanto, trattandosi di una materia (quella della salute) in cui la competenza legislativa della Regione è concorrente, il mancato recepimento da parte del Ministero dell’economia e delle Finanze, così come previsto dall’art. 1 comma 936, della Legge n. 208/2015 (cd. “Legge di Stabilità per l’anno 2016”), dell’Intesa raggiunta dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 28 (che ha portato alla <Proposta di riordino dell’offerta del gioco lecito>) fa sì che, come accaduto nel caso di specie, le indicazioni fornite dalla Regione non possano che orientare, in un’ottica – anche e prima di tutto di coordinamento -, l’esercizio del potere comunale di limitare le ore di funzionamento degli apparecchi da gioco. (cfr., in tal senso, Consiglio di Stato, sez. V, 20 ottobre 2020, n. 6331)” (si v. Tar Veneto sentenza n. 759/2023)”.

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