Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna ha respinto – tramite sentenza – il ricorso presentato da una sala da gioco contro il Comune di Cagliari, in cui si chiedeva la condanna dell’amministrazione resistente al risarcimento di tutti i danni cagionati alla ricorrente dai seguenti provvedimenti illegittimi, annullati dal TAR Sardegna con sentenza n. (…) e precisamente: nota (…) con la quale il Dirigente del Servizio Suape del Comune di Cagliari ha ordinato la cessazione immediata dell’attività di sala giochi nell’immobile sito in Cagliari (…); ordinanza del Sindaco del Comune di Cagliari n. 15 del 4 maggio 2017 nella parte in cui ha imposto distanze minime dai luoghi sensibili delle sale da gioco e degli esercizi nei quali sono istallate “le apparecchiature da gioco lecite”; ordinanza del Sindaco del Comune di Cagliari n. 39 del 25 luglio 2017 con la quale è stata confermata l’ordinanza n. 15 del 4 maggio 2017 nella parte in cui ha previsto la distanza minima di 500 metri dai luoghi sensibili per l’apertura di nuove sale da gioco.
Di seguito il testo della sentenza: “1. La società (…) è stata costituita nel 2017 allo scopo di avviare un’attività imprenditoriale avente ad oggetto “l’allestimento e la gestione di sale giochi, sale e da ballo e, in generale, luoghi di svago aperti al pubblico; la progettazione, realizzazione, manutenzione, acquisto, vendita e noleggio di apparecchi per intrattenimento, videogiochi, video lotterie e scommesse sportive”.
2. In data 20 marzo 2017 ha stipulato un contratto di locazione commerciale della durata di sei anni dell’immobile sito in Cagliari nella via (…), per realizzarvi, come da oggetto sociale, un’attività di sala giochi con installazione di apparecchi rientranti nel gioco lecito ai sensi dell’art. 110, comma 6 lett. B) del T.U.L.P.S..
3. Il 26 aprile 2017 la ricorrente ha ottenuto dalla (…), concessionaria per l’attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito, formale incarico per l’attività di raccolta delle giocate degli apparecchi videoterminali nel locale sopraccitato.
4. Dopo l’ottenimento dell’incarico, la ricorrente ha presentato presso la Questura di Cagliari la richiesta di licenza ex art. 88 del T.U.L.P.S. per l’installazione dei congegni automatici ai sensi dell’art. 110, comma 6 lett. B) del T.U.L.PS. e, a seguito dell’ottenimento dell’autorizzazione, ha presentato, in data 11 maggio 2017, tramite il Suape di Cagliari, la comunicazione d’inizio lavori di opere interne e inizio di attività di sala giochi.
5. Per la ristrutturazione, l’adeguamento del locale ottenuto in locazione e l’avvio dell’attività la ricorrente espone di aver sostenuto ingenti spese, come da documentazione (fatture, contratti, ecc.) versata in atti.
6. Il 26 luglio 2017 l’ufficio Commercio e somministrazione del Servizio Suape comunale ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento volto all’“adozione del provvedimento interdittivo dell’attività di sala giochi nell’immobile sito in Cagliari in via (…)” e il successivo 26 settembre 2017, con nota prot. (…), il Dirigente del Servizio Suape ha ordinato la chiusura dell’attività perché ritenuta in contrasto con quanto disposto dalle ordinanze del Sindaco n. 15 del 4 maggio 2017 e n. 39 del 25 luglio 2017.
7. Sia il provvedimento interdittivo, adottato dal Comune sia le ordinanze sindacali richiamate quali atti presupposti di tale atto sono stati impugnati dalla ricorrente dinnanzi al TAR Sardegna con riscorso iscritto al n. (…), col quale ne veniva chiesta anche la sospensione.
8. Con ordinanza n. (…) del 23 novembre 2017 il TAR Sardegna ha respinto l’istanza cautelare.
9. Con ordinanza n. (…) del 12 gennaio 2018 il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello cautelare proposto dalla ricorrente.
10. Le ordinanze sindacali poste a fondamento del provvedimento interdittivo erano state impugnate dalla ricorrente nella parte in cui avevano fissato le distanze minime tra i luoghi sensibili e le sale da gioco lecito sotto il principale ed assorbente motivo della palese incompetenza del Sindaco ad adottare un siffatto provvedimento.
11. Con la sentenza n. (…) del 2 novembre 2018 il TAR Sardegna ha accolto il ricorso sotto il profilo dell’incompetenza.
12. Le statuizioni che hanno accertato l’illegittimità del provvedimento interdittivo adottato nei confronti della ricorrente e delle presupposte ordinanze sindacali n. 15 del 4 maggio 2017 e n. 39 del 25 luglio 2017 sono passate in giudicato.
13. Con il ricorso in esame la società ricorrente ha chiesto, assumendone l’esistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi, il risarcimento dei danni subiti per effetto degli illegittimi provvedimenti adottati dal Comune di Cagliari.
14. Afferma infatti sia la sussistenza dell’elemento soggettivo, non sussistendo nella normativa vigente alcun margine di incertezza o di ambiguità interpretativa tale da giustificare l’applicazione nella fattispecie dell’errore scusabile, sia la sussistenza dell’elemento oggettivo del danno emergente (pari a complessivi € 77.455,06) e del lucro cessante (pari a complessivi euro 146.400,00).
15. Concludeva quindi chiedendo di accertare e dichiarare il suo diritto al risarcimento integrale di tutti i danni subiti nella misura complessiva di € 223.855,06 (o in quell’altra misura maggiore o minore da accertarsi in corso di causa anche in via equitativa), oltre rivalutazione e interessi, con condanna del Comune di Cagliari al pagamento delle relative somme, con vittoria delle spese del giudizio e restituzione del contributo unificato.
16. Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Cagliari che, con difese scritte, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.
17. Alla pubblica udienza del 18 gennaio 2023, dopo la discussione, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. La ricorrente ha chiesto la condanna del Comune di Cagliari al risarcimento per un danno subito dall’attività di esercizio di sala giochi con installazione di apparecchi rientranti nel gioco lecito ai sensi dell’art. 110 comma 6, lett. b) del TULPS, a causa di un provvedimento interdittivo dell’attività stessa adottato dal Dirigente del Servizio Suape del Comune poi annullato dal Tar per la Sardegna con sentenza n. (…) a seguito dell’acclarata illegittimità per incompetenza del Sindaco all’adozione delle presupposte ordinanze n. 15 del 4 maggio 2017 e n. 39 del 25 luglio 2017.
2. Il ricorso non merita accoglimento sotto diversi profili.
3. In primo luogo va ricordato che il Giudice amministrativo può affermare la responsabilità dell’amministrazione per danni conseguenti agli effetti prodotti da un atto successivamente annullato perché illegittimo quando la violazione acclarata dalla pronuncia di annullamento risulti grave, connessa a un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di rifermento normativo tali da palesare una ingiustificata negligenza e imperizia dell’organo amministrativo nell’assunzione del provvedimento viziato.
4. In tema di responsabilità della pubblica amministrazione, infatti, l’ingiustizia del danno non discende automaticamente dall’accertata illegittimità in sede giurisdizionale del provvedimento amministrativo impugnato essendo necessario che sia fornita anche la prova del danno subito e dell’elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa (configurabili appunto quando l’adozione dell’atto illegittimo è avvenuta in palese violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi).
5. Orbene, nell’attuale frangente storico la ludopatia è un fenomeno notoriamente molto diffuso, come confermato dalla stessa evoluzione legislativa che, in linea con la normativa dell’Unione Europea, evidenzia una costante e crescente tensione del legislatore nazionale verso l’attività di contrasto di tale fenomeno.
6. In tale contesto già l’art. 7, comma 10, del D. L. 158/2012, convertito con Legge n. 189/2012, fissava la distanza minima di 500 (cinquecento) metri dai luoghi sensibili quali, istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi.
7. Al tempo della vicenda per cui è causa non era stata ancora approvata la legge regionale 11 gennaio 2019 n. 2 che, all’art. 12, comma 2, conferma il divieto di apertura di sale da gioco, sia tradizionali sia Video lottery terminal (VLT), e di spazi per il gioco, sia la nuova installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito di cui all’articolo 110, comma 6, del regio decreto n. 773 del 1931, “in locali che si trovino ad una distanza determinata dalla Giunta regionale entro il limite massimo di 500 metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semi residenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori”.
8. La normativa regionale è, invero, arrivata solo dopo l’adozione negli ultimi anni di numerose ordinanze e regolamenti da parte dei Comuni sardi per cercare di arginare il fenomeno, in crescente diffusione, del gioco d’azzardo patologico.
9. In tale periodo, in ordine alla questione dell’adozione dei mezzi di contrasto alla ludopatia e al riparto di competenza tra gli organi comunali il dibattito, in dottrina e in giurisprudenza, è stato acceso, anche con la proposizione di diverse questioni di legittimità costituzionale quali, ad esempio, quella dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, che disciplina poteri normativi e provvedimentali attribuiti al Sindaco, nella parte in cui non prevede che tali poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico (questione peraltro dichiarata inammissibile dalla Consulta per questioni di rito).
10. Ciò vale, tuttavia, a evidenziare che il quadro normativo di riferimento della vicenda in esame era tutt’altro che definito e inequivoco, o comunque tale da consentire di affermare che la violazione del riparto di competenze sanzionata dal giudice amministrativo con la sentenza n. (…) del 2 novembre 2018 possa integrare i profili di ingiustificata negligenza e imperizia dell’organo amministrativo nell’assunzione del provvedimento viziato che, come sopra detto, costituiscono presupposti per l’accoglimento di una domanda risarcitoria per lesione di un interesse legittimo nei confronti della pubblica amministrazione.
11. Sotto un secondo profilo, in merito all’azione risarcitoria proposta, non è superfluo evidenziare che nella specie non merita accoglimento e conseguente tutela l’affidamento riposto dalla ricorrente sul buon esito della sua istanza avuto riguardo all’elemento psicologico che ne ha connotato l’azione giacché, quale operatore del settore, con l’uso dell’ordinaria diligenza, ben avrebbe dovuto conoscere, prima di avviare il suo investimento, la normativa nazionale in vigore, seppure applicata col ricordato vizio di incompetenza in ambito comunale, che fin dal 2012 fissava la distanza minima di 500 (cinquecento) metri dai luoghi sensibili quali, istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi.
Ed è pacifico che l’attività commerciale per la quale la ricorrente aveva chiesto al Comune di Cagliari l’autorizzazione all’allestimento e alla gestione di sale giochi non rispettava tale distanza.
11.1 Trova pertanto applicazione il principio, recentemente precisato dal Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 novembre 2021, n. 20, per il quale il privato che presenti un’istanza oggettivamente non suscettibile d’accoglimento non può giovarsi – nemmeno indirettamente, in via risarcitoria – del vantaggio indebitamente percepito per effetto dell’adozione di un provvedimento illegittimo successivamente annullato in ragione della sua errata adozione.
11.2 Si è invero affermato che “nel caso di provvedimento poi annullato, il soggetto beneficiario deve dunque vantare una ragionevole aspettativa alla conservazione del bene della vita ottenuto con il provvedimento stesso, la frustrazione della quale possa quindi essere considerata meritevole di tutela per equivalente in base all’ordinamento giuridico. La tutela risarcitoria non interviene quindi a compensare il bene della vita perso a causa dell’annullamento del provvedimento favorevole, che comunque si è accertato non spettante nel giudizio di annullamento, ma a ristorare il convincimento ragionevole che esso spettasse”.
12. Vi è infine un ulteriore profilo decisivo per il rigetto del ricorso.
Il Collegio condivide infatti il consolidato indirizzo giurisprudenziale alla stregua del quale “l’annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi tralatiziamente definiti formali, quali il difetto di istruttoria o di motivazione, o procedimentali (come il vizio di incompetenza), in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato, non consente di accogliere la domanda finalizzata al perseguimento della pretesa sostanziale, quale è il risarcimento del danno. Infatti mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale” (così Consiglio di Stato sez. V, 21 aprile 2020, che richiama, le sentenze del medesimo Consiglio, sezione V, 22 novembre 2019, n. 7977, sezione III, 17 giugno 2019, n. 4097 e sez. V, 14 dicembre 2018, n. 7054).
13. Il risarcimento del danno, infatti, come sopra ricordato, non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), nonché la riscontrata ricorrenza, pur in presenza di un interesse legittimo oppositivo, di un accertamento in ordine all’illegittima compressione della situazione giuridica lesa (con riferimento alla applicabilità, anche agli interessi oppositivi, del principio secondo cui “per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell’art. 2043 Cod. civ. si intende non qualsiasi perdita economica, ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue quindi la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto od al quale anela, e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l’equivalente economico”, cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 28 settembre 2021, n. 6538, che conferma Tar Piemonte, 3 gennaio 2014, n. 2).
14. Ne discende che, pur in presenza di interessi oppositivi, non ricorre l’ingiustizia del danno nel caso in cui la pronuncia di annullamento, intervenuta per vizi formali, abbia individuato gli spazi residui per un corretto esercizio del potere in senso nuovamente sfavorevole al ricorrente, così da non contenere alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene.
15. Conseguenza logica della regola è, quindi, la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la cd. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l’equivalente economico.
16. Detta prova non è stata fornita dalla ricorrente, né poteva esserlo in ragione del rilievo che, come più volte ricordato, l’annullamento dell’ordinanza sindacale istitutiva dei limiti delle distanze che precludevano l’apertura della sala da gioco nel locale di via (…) era stata annullata soltanto per l’incompetenza del Sindaco all’adozione di tale atto.
17. Orbene, con deliberazione n. 166 del 13 novembre 2018 il Consiglio comunale, pochi giorni dopo la sentenza n. (…), depositata il 2 novembre 2018, il Comune di Cagliari superava l’anzidetto vizio di incompetenza approvando il “Regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo lecito” che all’art. 3, comma 2, riproduce integralmente il vincolo dei 500 metri oggetto dell’ordinanza sindacale.
18. Con la conclusione che l’attività commerciale della ricorrente non potrebbe comunque essere avviata nei locali oggetto della controversia.
19. Le suesposte considerazioni conducono quindi alla reiezione del ricorso.
20. Nondimeno, la particolarità della questione trattata giustifica, per eccezionali motivi, la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del giudizio”.