Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale pronunciandosi sull’appello proposto da una società di gioco, rappresentata e difesa dall’avvocato
Cino Benelli (nella foto), contro il Comune di Rubiera (RE), lo accoglie e per l’effetto, “in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di I grado (T.a.r. Emilia Romagna Parma) e annulla la determinazione 20 agosto 2018 n.480, i provvedimenti 22 agosto 2018 prot. n. 11732/8-4 e 24 agosto 2018 prot. n.11832/8-4 del Responsabile del 4° Settore – Territorio e attività economiche del Comune di Rubiera e la deliberazione 16 dicembre 2017 n.187 della Giunta comunale di Rubiera nella sola parte in cui considerano la sala giochi gestita dall’appellante (…) come situata a distanza non consentita dal luogo sensibile scuola primaria (…) e ne ordinano la delocalizzazione ovvero la chiusura, fermo il resto. Condanna il Comune di Rubiera a rifondere alla (società di gioco) le spese del giudizio, spese che liquida in € 5.000 (cinquemila/00), oltre rimborso spese forfetario ed accessori di legge, se dovuti”.

FATTO e DIRITTO

“La società appellante, succeduta per incorporazione in tutti i rapporti giuridici facenti capo alla (…), società ricorrente in I grado, è per questa ragione subentrata a quest’ultima nella gestione di una sala scommesse che si trova a Rubiera, (…) (appello, pp. 2-3, fatti pacifici in causa), e contesta, in sintesi estrema, gli atti di cui meglio in epigrafe, dai quali deriverebbe per essa la necessità di chiudere o delocalizzare entro un termine la sala stessa perché situata a distanza non consentita da un luogo cd. sensibile ai sensi della normativa che subito si illustra.

Ai sensi dell’art. 6 comma 2 bis della l.r. Emilia Romagna 4 luglio 2013 n.5, in quella Regione l’esercizio delle sale gioco e delle sale scommesse è stato vietato “in locali che si trovino a una distanza inferiore a cinquecento metri, calcolati secondo il percorso pedonale più breve, dai seguenti luoghi sensibili: gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, i luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e
oratori”, introducendo così il cd. distanziometro in materia.

Con un apposito regolamento, approvato con la delibera 12 giugno 2017 n.831, la Giunta regionale ha poi attuato tale disposizione e in sintesi, ha vincolato i Comuni ad eseguire una mappatura del proprio territorio e a disporre la delocalizzazione ovvero la chiusura degli esercizi a distanza irregolare.

Con gli atti di cui in epigrafe, il Comune ha quindi inteso conformarsi alla legge ed al regolamento regionale citati.
4.1 In primo luogo, con deliberazione 16 dicembre 2017 n.187 della Giunta (doc. 4 in I grado ricorrente), ha approvato la mappatura dei luoghi sensibili; con determinazione 20 agosto 2018 n.480 del Dirigente competente (doc. 1 in I grado ricorrente) ha poi individuato gli esercizi situati a distanza non consentita da questi luoghi sensibili, e fra questi la sala scommesse gestita dalla (…), in quanto asseritamente situata a soli 280 metri da un istituto scolastico, la scuola primaria (…)”.
4.2 Di conseguenza, il Comune, con il provvedimento 22 agosto 2018 prot. n. 11732/8-4 del Dirigente competente (doc. 2 in I grado ricorrente) ha richiesto alla gerente di allora di delocalizzare la sala in questione in zona consentita ovvero di chiuderla; con il successivo atto 24 agosto 2018 prot. n.11832/8-4 sempre del Dirigente (doc. 3 in I grado ricorrente) le ha poi richiesto un’autocertificazione contenente i dati identificativi dei vari apparecchi da gioco detenuti e la data di scadenza delle relative concessioni.

Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha respinto il ricorso proposto dalla società originaria gerente della sala contro gli atti del Comune appena citati; in sintesi e in ordine logico, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma di legge regionale sopra indicata, e di conseguenza ha ritenuto legittimo quanto disposto dal Comune in applicazione di essa. In particolare, il T.a.r. ha ritenuto effettivamente sussistente la competenza della Giunta comunale a individuare i luoghi sensibili e corretta la procedura da essa seguita; ha ritenuto pure correttamente calcolata la distanza di 280 metri sopra indicata ed ha ritenuto non sussistente una pretesa violazione del diritto di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. non essendo dimostrata l’impossibilità di delocalizzare la sala.

Contro questa sentenza, la società incorporante di cui si è detto ha proposto impugnazione, con appello che contiene tre motivi, così come segue.
6.1 Con il primo di essi, deduce propriamente falso presupposto e sostiene che la sentenza impugnata non avrebbe riconosciuto l’errore compiuto dal Comune nel calcolare la distanza di 280 metri di cui si è detto, distanza che in base ad un corretto calcolo risulterebbe invece pari ad almeno 523 metri, e quindi conforme, nei termini ora spiegati.
6.1.1 Il regolamento regionale di attuazione 831/2017 prevede che il “percorso pedonale più breve” da considerare secondo la l.r. 5/2013 per calcolare la distanza di rispetto venga misurato “dall’ingresso considerato come principale rispettivamente della sala giochi o della sala scommesse o dell’esercizio in cui l’apparecchio è installato e quello del luogo sensibile”.
6.1.2 A ulteriore integrazione, il provvedimento impugnato 480/2018 (doc. 1 in I grado ricorrente, cit.) prevede che il calcolo si effettui “dall’ingresso principale, precisando che il calcolo va effettuato dalle mezzerie di tali ingressi, che nel caso di edifici sprovvisti di numero civico (come ad esempio le chiese), il calcolo va effettuato dalla mezzeria dell’ingresso centrale della facciata principale e che nel caso di luoghi sensibili o locali di gioco dotati di aree verdi o cortilive, l’ingresso da considerare è la porta di accesso all’edificio e non l’ingresso alle pertinenze” nonché “secondo il percorso pedonale più breve, dove la definizione di percorso pedonale non può essere che quella prevista dall’art. 190 del D. Lgs. 285/1992 e s.m.i. Nuovo Codice della Strada”. In altre parole, secondo la parte appellante, si considera il percorso che i pedoni possono legittimamente percorrere, rispettando le norme previste per la loro circolazione.
6.1.3 A sua volta, l’art. 190 del d lgs. 30 aprile 1992 n.285 prevede per quanto qui interessa che “I pedoni devono circolare sui marciapiedi, sulle banchine, sui viali e sugli altri spazi per essi predisposti; qualora questi manchino, siano ingombri, interrotti o insufficienti, devono circolare sul margine della carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli in modo da causare il minimo intralcio possibile alla circolazione… (comma 1)” e che “ I pedoni, per attraversare la carreggiata, devono servirsi degli attraversamenti pedonali, dei sottopassaggi e dei soprapassaggi. Quando questi non esistono, o distano più di cento metri dal punto di attraversamento, i pedoni possono attraversare la carreggiata solo in senso perpendicolare, con l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri (comma 2)”.
6.1.4 Tanto premesso, a dire della parte appellante, che a corredo ha prodotto una consulenza tecnica di parte, nel caso di specie il percorso pedonale fra la propria sala scommesse e la citata scuola (…), ove effettuato tenendo conto delle norme del codice della strada, misurerebbe nell’ipotesi meno favorevole 523 metri, e quindi più di 500.
6.1.5 Il Giudice di I grado ha respinto questo motivo, argomentando da una relazione esplicativa prodotta dal Comune, da cui emerge che “l’ente, ai fini del calcolo della distanza, ha tenuto conto del percorso più breve percorribile dai pedoni per il raggiungimento della sala giochi partendo dalla scuola, scelta sicuramente legittima, atteso che secondo l’id quod plerumque accidit, a fronte di due percorsi alternativi entrambi possibili per raggiungere un luogo partendo da un altro, è ragionevole attendersi che i pedoni percorrano la via più breve e quindi
nel caso in esame, che essi “taglino” per il parcheggio rappresentato nella perizia comunale, anziché fare tutto il giro come prospettato dalla società”.
6.1.6 Ad avviso della parte ricorrente appellante, ciò non sarebbe corretto, perché il percorso considerato dal Comune comporterebbe due asserite violazioni del codice della strada, ovvero un attraversamento della via (…) in punto privo delle strisce pedonali, ma distante meno di 100 metri dalle stesse e l’attraversamento di un parcheggio per poi raggiungere la via (…).
6.2 Con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 42 del T.U. 18 agosto 2000 n267, e sostiene che la competenza a individuare i luoghi sensibili sarebbe stata non della Giunta, ma del Consiglio, trattandosi di atto pianificatorio da approvare con la procedura dei piani urbanistici, ovvero previa adozione e pubblicità della delibera adottata per consentire di formularvi osservazioni.
6.3 Con il terzo motivo, ripropone la questione di legittimità costituzionale della norma di legge regionale sopra citata, sul presupposto che essa produrrebbe un effetto espulsivo delle attività come la propria, autorizzata come tale, dal territorio dei Comuni ove essa la esercita, senza per giunta prevedere alcun indennizzo, e che ciò violerebbe gli articoli 3, 41, 42 e 117 Cost. in quanto rappresenterebbe una misura irragionevole, anche perché asseritamente retroattiva.

Il Comune ha resistito, con atto 15 marzo 2022 e memoria 22 febbraio 2024, ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

Con replica 4 marzo 2024, la società appellante ha ribadito le proprie asserite ragioni.

Si è costituito, con atto 25 marzo 2024, anche l’Istituto (…) che amministrativamente comprende la scuola (…), rimettendosi a giustizia.

Alla pubblica udienza del giorno 27 marzo 2024, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

Il primo motivo di appello dedotto è fondato ed assorbente, nei termini che seguono.
11.1 È corretto quanto sostiene la parte appellante, ovvero che il percorso pedonale più breve, rilevante ai sensi della normativa regionale per determinare se l’esercizio considerato sia o no a distanza consentita, va calcolato nel rispetto delle norme del codice della strada, e in particolare dell’art. 190 sopra riportato, concernente la circolazione dei pedoni. Ciò discende anzitutto da considerazioni logiche: la deliberazione della Giunta regionale 831/2017 non è esplicita sul punto, ma è del tutto evidente che nel compiere il calcolo del percorso in questione non si può considerare un percorso legittimamente non percorribile. Nel caso di specie, comunque, vi è un autovincolo espresso dell’amministrazione in tal senso, perché la volontà di rifarsi a questo criterio è espressa anche nel provvedimento impugnato 480/2018 (doc. 1 in I grado ricorrente, cit.).
11.2 Nel caso di specie, la ricostruzione dello stato dei luoghi contenuta nella perizia di parte sopra citata in particolare al § 6.1.6 non è stata contestata. In base a tale ricostruzione, bisogna allora concludere che il percorso pedonale è stato calcolato dal Comune intimato senza rispettare l’art. 190 citato. Ciò non vale, come si precisa per chiarezza, per l’attraversamento del parcheggio considerato dal Comune, dato che nessuna norma proibisce la circolazione dei pedoni nelle aree di questo tipo, e ciò conformemente a logica, dato che essa è necessaria per raggiungere, appunto, le automobili parcheggiate. Vale però per l’attraversamento pedonale, in quanto la misurazione eseguita dal Comune presuppone che i pedoni attraversino la strada in un punto non consentito, mentre secondo la norma dovrebbero invece servirsi del passaggio pedonale posto nelle vicinanze a distanza utile.
11.3 Assumendo invece il rispetto della norma dell’art. 190 sul punto specifico, la distanza correttamente calcolata è pari al minimo a 523 metri, come detto sopra al § 6.1.4, ovvero ad un valore consentito.
11.4 Il Comune ha replicato, nei termini riportati dalla sentenza impugnata, che l’attraversamento nel punto non consentito, sarebbe ciò che accade nella normalità, ma quest’ordine di idee non si può condividere perché porterebbe, in ultima analisi, ad addossare ad un soggetto incolpevole, la parte appellante, le conseguenze di un illecito altrui.
11.5 L’accoglimento del motivo in esame consente alla parte appellante di conseguire il bene della vita per cui ha agito, ovvero di mantenere aperto il proprio esercizio nella sede attuale; è pertanto assorbente, dato che dall’esame dei motivi ulteriori dedotti la parte stessa non potrebbe conseguire un’utilità maggiore.

Il ricorso di I grado va quindi accolto, con le conseguenze di cui al dispositivo, ovvero con l’annullamento degli atti impugnati nella parte in cui riguardano la sala giochi della parte appellante. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo, in misura comunque congrua rispetto ai parametri di cui al D.M. 13 agosto 2022 n.147 per una causa di valore indeterminato e complessità media; si possono compensare nei riguardi dell’Istituto (…), che non ha sostanzialmente svolto attività difensiva. Nulla invece per spese nei
confronti del Ministero, che non si è costituito”.


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