Il Consiglio di Stato, sul ricorso proposto da una società attiva nel settore del gioco pubblico, rappresentata e difesa dagli avvocati Matilde Tariciotti e Luca Giacobbe (nella foto), contro il Comune di Reggio Emilia, per l’annullamento ovvero la riforma previa cautela della sentenza T.a.r. Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. II, 18 aprile 2023 n.238, che ha respinto il ricorso n. 197/2018 R.G. integrato da motivi aggiunti, ha disposto istruttoria per la verifica dell’effetto espulsivo.

Si legge nella sentenza: “La ricorrente appellante gestiva all’epoca dei fatti due sale giochi dedicate al gioco d’azzardo lecito, situate a Reggio Emilia, (…) e contesta gli atti di cui meglio in epigrafe, dai quali era derivata la necessità di chiudere o delocalizzare entro un termine le sale stesse perché situate a distanza non consentita da luoghi cd. sensibili ai sensi della normativa che subito si illustra.

Ai sensi dell’art. 6 comma 2 bis della l.r. Emilia Romagna 4 luglio 2013 n.5, come inserito dall’art. 48 della l.r. 28 ottobre 2016 n.18, in quella Regione l’esercizio delle sale gioco e delle sale scommesse è stato vietato “in locali che si trovino a una distanza inferiore a cinquecento metri, calcolati secondo il percorso pedonale più breve, dai seguenti luoghi sensibili: gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, i luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori”, introducendo il cd. distanziometro in materia.

Ai sensi dell’art. 48 comma 5 della citata l.r. 18/2016, “L’applicazione del comma 2-bis dell’articolo 6 della legge regionale n. 5 del 2013 alle sale da gioco e alle sale scommesse è subordinata all’approvazione da parte della Giunta regionale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, di uno specifico atto che ne definisce le modalità attuative”.

Di conseguenza, con il regolamento approvato con la delibera 12 giugno 2017 n.831 di cui in epigrafe, la Giunta regionale ha attuato tale disposizione e in sintesi ha vincolato i Comuni ad eseguire una mappatura del proprio territorio, a individuare in questo modo i luoghi sensibili e le sale giochi e scommesse ivi presenti e a disporre la delocalizzazione ovvero la chiusura degli esercizi a distanza irregolare.

Con gli atti di cui in epigrafe, il Comune ha quindi inteso conformarsi alla legge ed al regolamento regionale citati.
5.1 In primo luogo, con deliberazione 12 dicembre 2017 n.221 della Giunta (doc. 1 in I grado ricorrente appellante), successiva determinazione 20 febbraio 2018 n.225 del Dirigente competente (doc. 3 in I grado ricorrente appellante) e deliberazione integrativa 28 giugno 2018 n.112 della Giunta (doc. 2 in I grado I motivi aggiunti ricorrente appellante), ha approvato la mappatura dei luoghi sensibili; ed
individuato gli esercizi situati a distanza non consentita da questi luoghi sensibili, fra questi le sale gioco e scommesse gestite dalla ricorrente appellante, in quanto situate a distanza non conforme. In particolare, la sala di via (…) risulta a metri 210 dalla casa di cura (…) e a 400 metri dalla parrocchia (…).
5.2 Di conseguenza, il Comune, con il provvedimento 30 luglio 2018 prot. n.97564 del Dirigente competente (doc. 1 in I grado secondi motivi aggiunti ricorrente appellante) ha richiesto alla società in particolare di delocalizzare la sala gioco di via (…) in questione in zona consentita ovvero di chiuderle.

Con un successivo regolamento, approvato con la delibera 21 gennaio 2019 n.68, la Giunta regionale ha poi introdotto ulteriori disposizioni attuative, e per quanto qui interessa ha prorogato i termini accordati ai titolari degli esercizi posti a distanza irregolare per delocalizzarli.

Contro i predetti provvedimenti, la società ha proposto il ricorso principale e i motivi aggiunti di I grado, come in epigrafe.

Con la sentenza non definitiva sez. II 25 luglio 2022 n.601, il T.a.r. ha dichiarato il ricorso ed i motivi aggiunti improcedibili nella parte in cui essi riguardavano la sala giochi di via (…), che la società ricorrente ha nel frattempo definitivamente chiuso “per sua libera scelta, indipendente dai provvedimenti comunali e regionali recanti divieti distanziometrici” (appello, p. 2 decimo rigo dal basso).

Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha poi respinto nel merito il ricorso ed i motivi aggiunti nella parte in cui riguardano la sala di via (…). In sintesi e in ordine logico, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme di legge regionale sopra indicate, e di conseguenza ha ritenuto legittimo quanto disposto dal regolamento regionale e dagli atti del Comune ad esso consequenziali.

Contro questa sentenza, la società ha proposto impugnazione, con appello che contiene due motivi, di riproposizione dei corrispondenti motivi dedotti in I grado e di critica alla sentenza impugnata per non averli accolti.

Rileva in particolare il primo di questi motivi, che deduce violazione degli artt. 3, 41 e 117 della Costituzione, in relazione ai principi in materia di gioco lecito, in tesi vincolanti per la legislazione regionale, che si desumerebbero da una serie di norme, ovvero dall’art. 1 comma 70 della l. 13 dicembre 2010 n.220, dall’art. 24 del d.l. 6 luglio 2011 n.98, dall’art.7 comma 10 del d.l. 13 settembre 2012 n.158, dall’art. 1 comma 936 della l. 28 dicembre 2015 n.208 e dall’art. 1 comma 1049 della l. 27 dicembre 2017 n.205.

In proposito, la parte appellante assume in particolare che la delocalizzazione della propria attività sarebbe stata in concreto impossibile e che comunque le possibili localizzazioni alternative sarebbero state non idonee commercialmente. In proposito, contesta la decisione del Giudice di I grado, che ha escluso l’effetto espulsivo sulla base di una verificazione disposta in corso di giudizio, verificazione che sarebbe pervenuta a risultati non veritieri, come da una propria perizia di parte depositata successivamente.

Sostiene in particolare, accanto ad altre argomentazioni, che nel momento in cui sono stati emanati i provvedimenti impugnati la delocalizzazione sarebbe stata anche giuridicamente non consentita in base agli strumenti urbanistici e che ciò sarebbe stato accertato in un giudizio analogo, definito con sentenza T.a.r. Emilia Romagna Parma sez. I 22 aprile 2022 n.102 (appello, p. 14 § 1.6),

All’esito della pubblica udienza del giorno 27 marzo 2024, la Sezione osserva quanto segue.

La sentenza T.a.r. Emilia Romagna Parma, pronunciata all’esito del giudizio n.243/2019 R.G. di quel Tribunale e appellata con il ricorso n.9654/2022 R.G. di questo Consiglio, chiamato all’udienza di oggi davanti a questo stesso collegio, ha annullato il provvedimento di chiusura emesso dallo stesso Comune di Reggio Emilia nei confronti di una sala gioco dello stesso tipo di quella gestita dalla parte
appellante.

In motivazione, ha osservato in sintesi che nel periodo rilevante, ovvero nel periodo in cui la ricorrente in quel giudizio avrebbe potuto presentare un’istanza di delocalizzazione, era vigente in Comune di Reggio Emilia una disciplina urbanistica che congiuntamente alla volontà di quel Comune di non stipulare accordi operativi con le imprese interessate, precludeva completamente la delocalizzazione stessa e quindi determinava “una situazione peculiare in cui l’effetto espulsivo non è determinato dal cosiddetto “distanziometro”, ossia la necessaria distanza di almeno 500 metri dell’attività di gioco dai luoghi sensibili individuati dal Comune, ma dalla situazione urbanistica presente nello stesso Comune congiuntamente alla sua volontà di non addivenire alla stipula di accordi operativi” (§ 7.2.2. in fine della motivazione).

Il punto ad avviso del Collegio è rilevante, dal momento che la normativa citata, della quale peraltro la sentenza T.a.r. Emilia Romagna Parma non fornisce gli esatti estremi identificativi, sarebbe potenzialmente in grado di smentire le conclusioni cui è giunto il Giudice di I grado nel senso di escludere l’effetto espulsivo di cui sopra.

Il Collegio ritiene quindi necessaria istruttoria in proposito, e prescrive quindi al Comune di Reggio Emilia, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione di quest’ordinanza, di presentare una relazione in cui: a) indichi precisamente, allegandone copia, gli atti ovvero provvedimenti di disciplina urbanistica dai quali sarebbe derivato l’effetto di cui sopra, ovvero l’effetto di impedire la delocalizzazione dell’attività per cui è causa per effetto della necessità di stipulare accordi operativi e, di contro, della non volontà del Comune di procedervi; b) precisi il periodo di tempo in cui questa disciplina ha avuto in generale giuridica efficacia; c) dica se essa abbia impedito l’accoglimento di
eventuali istanze di delocalizzazione presentate dalla parte appellante; d) dica quant’altro ritiene utile ai fini di giustizia”.

Articolo precedenteRoma, online bando per rilancio Ippodromo Capannelle
Articolo successivoEffetto espulsivo sala slot a Rubiera (RE), Consiglio di Stato accoglie ricorso operatore e condanna Comune a pagamento spese di giudizio