Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Bis) ha accolto il ricorso di Google Ireland Limited, contro la sanzione dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Roma (AGCOM), per la quale aveva già concesso la sospensiva.

Nel testo della sentenza nel merito si legge: “La Società Google Ireland Limited (“Google”) è stata sanzionata per la somma di euro 750.000 dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con delibera n 275/22/CONS del 19 luglio 2022, per la violazione della disposizione normativa contenuta nell’art. 9, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito con legge 9 agosto 2018, n. 96; con la medesima ordinanza è stata disposta la rimozione dei contenuti vietati.

In dettaglio, la sanzione deriva dalla violazione del divieto di pubblicità del gioco d’azzardo, stabilito dalle disposizioni appena richiamate, in ragione della presenza sulla piattaforma “YouTube” gestita da Google di numerosi video (…), atti a promuovere siti Web di gioco d’azzardo che offrono vincite in denaro.

La responsabilità della società ricorrente sarebbe riconducibile alla qualità di fornitore della piattaforma dove vengono trasmessi in streaming i video contestati, per la diffusione della pubblicità vietata ai sensi dell’art. 9 del Decreto Dignità.

Con il presente ricorso viene impugnata la descritta sanzione articolando plurime censure per violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituita l’Autorità intimata, tramite l’Avvocatura dello Stato, per resistere all’accoglimento del ricorso.

Questo Tribunale, con ordinanza n. 7220/2022, ha accolto l’istanza di sospensiva ritenendo la posizione di Google riconducibile a quella di un mero “hosting provider”, e dunque non suscettibile di sanzione secondo i principi enucleati dalla giurisprudenza italiana ed europea.

All’udienza del 18 luglio 2023 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Il ricorso è fondato.

Come già evidenziato da questo Tribunale in causa analoga (sentenza n. 11036/2021 a cui si rinvia per maggiori riferimenti) va riconosciuta, anche nel caso di infrazione al divieto di pubblicità del gioco d’azzardo, l’esenzione da responsabilità degli hosting provider, quando questi si limitino alla messa a disposizione di uno spazio virtuale su cui gli utenti possono caricare i propri contenuti (ex art. 1, co. 5, lett. d) della Direttiva E-Commerce), non abbiano compartecipato effettivamente alla realizzazione dell’illecito e abbiano adottato tutti gli accorgimenti per rimuoverne con celerità le conseguenze pregiudizievoli all’interesse tutelato.

Come infatti disposto dall’art. 16 D.lgs. 70/2003, in attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa ai servizi della società dell’informazione nel mercato interno, “nella prestazione di un servizio della società dell’informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’ informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso”.

Tali disposizioni costituiscono espressione di principi generali applicabili anche al caso di specie, in quanto individuano e delimitano la responsabilità degli operatori che prestano “servizi della società dell’informazione” (cfr. in argomento Corte di Giustizia – Grande Sezione, 23 marzo 2010, n. 236; Corte di Giustizia – Grande Sezione decisione del 22.6.2021; Cassazione civile sez. I, 16 settembre 2021, n. 25070; Cons. di Stato, sez. VI, 18 maggio 2021 n. 3851); la responsabilità del prestatore deve quindi essere valutata alla luce del ruolo dallo stesso svolto e riconosciuta solo quando questo sia stata di natura attiva, non potendo, diversamente, tale soggetto essere ritenuto responsabile per i dati che ha memorizzato su richiesta di un inserzionista salvo che, essendo venuto a conoscenza della natura illecita di tali dati o di attività di tale inserzionista, abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati o disabilitare l’accesso agli stessi; nel caso di specie dalla descrizione dell’illecito resta indimostrata una condotta consapevole e partecipativa di Google Ireland all’attività promozionale vietata, risultando invece la celere rimozione dalla piattaforma dei video contestati dall’Autorità resistente.

Ciò premesso, reputa il Collegio che, dovendosi il servizio offerto dalla piattaforma “YouTube” qualificare in termini di “hosting”, la mera valorizzazione degli indici presenti nel provvedimento impugnato (strumentalità alla diffusione del messaggio ed elaborazione di quest’ultimo dal sistema utilizzato) non sia di per sé sufficiente, alla luce del riportato quadro normativo e giurisprudenziale, a fondare, nel caso di specie, la responsabilità del gestore della piattaforma per la violazione del “Decreto Dignità”.

In conclusione, per le ragioni evidenziate il ricorso deve essere accolto; assorbite le ulteriori censure.

Data la particolarità delle questioni giuridiche implicate, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite”.

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