Non è sufficiente comunicare la rescissione del contratto tra il titolare di un esercizio commerciale e la società che gestisce gli apparecchi da intrattenimento a vincita per mettere al riparo il primo dalla possibilità che il concessionario di rete chieda di pagare le penali per la violazione della calusola di esclusività.

La Settima Sezione del Tribunale Civile di Milano ha stabilito che un barista versi la penale contrattuale (anche se in misura ridotta) così come previsto da contratto sottoscritto con un concessionario di rete anche se per tramite del gestore di apparecchi (terzo incaricato della raccolta).

Per il giudice milanese trova legittimazione una clausola del contratto in questione che prevede che la risoluzione del contratto tra concessionario e gestore non determini la risoluzione del contratto, potendo il concessionario indicare all’esercente un altro e diverso soggetto che può svolgere la funzione di gestore.

A poco vale la giustificazione, addotta dal barista, secondo la quale l’avvenuta risoluzione del contratto con il gestore delle slot rendeva impossibile la prestazione per l’impossibilità di ripristino del collegamento alla rete per non avere a disposizione gli apparecchi e i relativi pda e le competenze tecniche per procedere in tal senso.


Sul punto, è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la liberazione del debitore per
sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi, secondo la previsione degli artt. 1218 e 1256 c.c., solo se ed in quanto concorrano l’elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la
prestazione medesima, in sé considerata, e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del
debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione.

Nel caso specifico era del tutto evidente che l’impossibilità della prestazione era stata causata
dall’esercente che, dopo avere esercitato il recesso contrattuale nei confronti del gestore delle slot chiedeva espressamente di ritirare gli apparecchi e i pda dall’esercizio e di procedere ad attivare le procedure di spegnimento degli stessi. Il barista si era poi avvalso di un nuovo gestore e installava deliberatamente apparecchi collegati alla rete di un concessionario concorrente.
La violazione dell’obbligo di esclusiva da parte del barista- per il giudice milanese- si sia configurata nel momento in cui lo stesso provvedeva a sostituire gli apparecchi presenti nell’esercizio con altri di un diverso concessionario esattamente prima della dichiarazione dello stato di emergenza dovuta dalla Pandemia da Covid 19 del marzo 2020.


Nessun dubbio, secondo il Tribunale, che vi è stata da parte dell’esercente, durante l’esecuzione del contratto, la violazione dell’obbligo di esclusiva previsto dal contratto, a mente del quale: per la durata del contratto l’esercente collaborerà con il concessionario in via esclusiva, impegnandosi a non erogare i servizi attraverso altri concessionari o soggetti diversi da quelli indicati dal concessionario, fatti salvi quelli espressamente elencati che risultano prestati alla sottoscrizione del contratto.

Relativamente all’importo delle penali, il Tribunale ha stabilito che 10.000 euro per apparecchio fossero una cifra troppo elevata (per un totale di 70.000 euro).

L’esercente è stato condannato al pagamento al concessionario la somma di 21.250 euro, oltre interessi legali.

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