Il settore dei giochi è in fibrillazione. Nelle ore in cui si parla di riordino del settore e dei contenuti di un decreto che potrebbe essere approvato a giorni dal Consiglio dei Ministri, i rappresentanti del comparto degli apparecchi da intrattenimento temono per il loro futuro.

Francesco Gatti, membro di una rappresentanza degli imprenditori e a sua volta imprenditore, non manca, con la schiettezza che gli è propria, di esprimere il suo pensiero.

“Il comparto del gioco non è formato da famiglie di serie A e di serie B. Se il gioco terrestre viene attaccato, e finora sostanzialmente ha fatto da scudo a tutte le altre tipologie, in futuro le cose potrebbero anche cambiare”, commenta Gatti.

“I concessionari di gioco hanno ben compreso il problema che potrebbero dover affrontare se si spostasse il baricentro della lotta al gioco patologico su altri fronti. Oggi come operatori abbiamo forse una grande possibilità di coesione con i grandi gruppi su alcune comuni battaglie, ma occorre saper prendere questo treno”. 

Ma a cosa si riferisce esattamente?

Un treno che passa per l’integrazione dei più piccoli, intese come rappresentanze, in strutture più complesse per le quali le realtà associative potrebbero avere un ruolo centrale e fare da collante.

In effetti il momento è alquanto complesso. C’è una forte frammentazione a livello di rappresentanza

Il futuro non potrà essere lo specchio dell’attuale situazione poiché troppi cambiamenti sono all’orizzonte. Il ruolo del gestore degli apparecchi da intrattenimento, quale baluardo della legalità, è scontato, ma da solo non basta.

Pensa che non si stia facendo abbastanza?

Sono troppi anni che parliamo sostanzialmente delle stesse cose senza arrivare ad alcuna svolta, ad alcun cambiamento di mentalità, che è quello che la politica ci chiede da un decennio.

Ci hanno chiesto di unirci, di aggregarci, di aumentare la professionalità con cui operiamo, di individuare soluzioni, anche tecnologiche, al fine di limitare il fenomeno della deriva compulsiva legata al gioco.

E invece qual è stata la risposta?

Abbiamo risposto sostanzialmente cedendo il passo ai Concessionari che assumono il ruolo di gestori. Ma io contesto la teoria della sostituzione pianificata: credo piuttosto che ci sia stata la nostra incapacità di fondo nel comprendere che avremmo potuto svolgere ruoli differenti in modo diverso.

Cosa si dovrebbe cambiare?

Non si può pensare alla tutela del piccolo imprenditore, sacrosanta peraltro, senza pensare per lui un nuovo ruolo e un nuovo modo di imprendere. Se si basa l’attività di difesa e di rappresentanza sulla tutela del piccolo orticello si trascura il cambiamento sociale ed economico che è in corso nel nostro settore da oltre un decennio: si chiede l’aggregazione, la nascita di gruppi con una massa critica importante. Non la polverizzazione in microaziende.

Sembrerebbe che la tendenza vada in tutt’altra direzione…

Penso che il futuro dovrà essere rimodulato nell’ottica a cui faccio riferimento: tutelare il lavoro delle nostre società comporta il cambiamento.

C’è un termine latino: “crisis” (scelta, decisione, cambiamento), tradotto in Crisi. La crisi del comparto suppone il cambiamento del comparto, la scomparsa fisiologica di coloro che non possono o non vogliono affrontare la crisi è solo la conseguenza della nostra inattività, incapacità.

È venuto il momento, spero, di affrontare la crisi del nostro settore come avremmo dovuto fare anni fa, proponendo cose nuove, instaurando, anche grazie alle associazioni un processo di cambiamento profondo per salvare posti di lavoro ed aziende da una fine che ogni anno è solo rimandata.

Ma le resistenze sono forti

Non possiamo rimodulare la realtà del settore alle nostre esigenze, ma occorre prendere atto della necessità di rimodellare le nostre aziende alla realtà del settore. Servirà una presa di coscienza collettiva e una coesione di idee, di forze ma soprattuto di uomini. È questa una fase importante che deve prevedere soluzioni nuove, spregiudicate forse, ma senz’altro con lo sguardo al futuro e non a un malinconico e malconcio passato.

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