Riportiamo di seguito un’intervista – uscita oggi sul Corriere della Sera – al direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Roberto Alesse (nella foto).

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L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonostante garantisca ogni anno 80-85 miliardi di euro di gettito, è ancora una grande incompiuta perché «la fusione a freddo», come la definisce il direttore Roberto Alesse, decisa per legge nel 2012, non si è ancora tradotta in una entità unica. Le due amministrazioni, delle dogane e dei monopoli, di fatto, «non si parlano». Ecco perché, come prima cosa, Alesse, al vertice dell’Agenzia da poco più di un anno, ha deciso di riorganizzare tutta la struttura, centrale e territoriale, per arrivare finalmente a una «unificazione formale e sostanziale degli uffici», mentre è in atto il potenziamento dell’organico: «Sono già stati assunti più di 1.500 funzionari e in settimana uscirà un bando per altri 600 posti. Presto arriveremo a coprire tutti i posti previsti dalla dotazione organica di 12.500 dipendenti».

E’ quanto si legge in un’intervista al direttore generale di ADM, pubblicata sul Corriere della Sera

Direttore, c’è il rischio di chiusure di sedi e trasferimento di personale?

«Assolutamente no. Dove ci sono sul territorio sedi separate tra monopoli e dogane, verranno semplicemente unificate e i dipendenti non hanno nulla da temere».

Ci sono tensioni anche sul riordino dei giochi previsto dal decreto legislativo all’esame del Parlamento. Le associazioni del gioco fisico lamentano che il provvedimento si occupi solo del gioco online, favorendolo.

«Le associazioni sanno che il riordino del gioco fisico presuppone l’intesa con i Comuni e le Regioni per arrivare a regole comuni. Nel frattempo, sul gioco online, in continua crescita, non possiamo più sottrarci all’esigenza di bandire nuove gare per l’assegnazione delle concessioni. È un settore, questo, dove non possiamo fare la fine dei balneari, correndo il rischio di procedure d’infrazione europee. E questo vale anche per il settore del gioco fisico: anche qui le concessioni dovranno essere messe a gara».

Nel 2022 gli italiani hanno speso 136 miliardi nel gioco. Più che negli altri Paesi?

«I 136 miliardi sono in realtà la raccolta, ma al netto delle vincite che tornano nelle tasche dei giocatori, la spesa è di circa 20 miliardi. Non ci sono studi comparati, ma posso dire che il nostro sistema ha dati certificati, a differenza di altri Paesi, dove peraltro non ci sono controlli paragonabili ai nostri».

Nonostante ciò, si stimano tra i 20 e i 25 miliardi di euro di gioco illegale. Cosa fate percontrastarlo?

«C’è un costante monitoraggio della rete internet, dove scoviamo i siti di operatori non concessionari e li chiudiamo. Inoltre, c’è una diffusa attività di controlli sulla rete fisica: più di 27 mila nel 2023, di cui 12 mila specifici contro il gioco minorile. Sono stati circa 500 i siti inibiti. Nel 2024 abbiamo preso lo stesso provvedimento per altri 174 siti. Stiamo aumentando l’attività di vigilanza, grazie anche alla forte collaborazione con le forze dell’ordine, in particolare con la Guardia di Finanza, con la quale vado anche orgoglioso diaver sottoscritto un protocollo d’intesa finalizzato a rafforzare le attività di contrasto doganale del commercio illecito».

Si stima che un milione e mezzo di italiani sia affetto da ludopatia, nonostante col decreto dignità sia stata vietata la pubblicità sui giochi.

«Credo si debba fare una riflessione su questo. La nostra legislazione è certamente severa. Ma c’è bisogno anche di una informazione corretta sul gioco come divertimento, senza ipocrisie. E una campagna mediatica potrebbe servire anche a spiegare i rischi legati alla dipendenza e al gioco illegale».

Passiamo alle dogane. A che punto siamo con l’integrazione europea?

«Siamo impegnatissimi su questo. Il nostro obiettivo è un’unica autorità doganale europea. Ci difenderemmo meglio dalle aggressioni commerciali della criminalità internazionale. E, per inciso, funzionerebbero meglio anche le sanzioni, come quelle per esempio contro la Russia per l’aggressione all’Ucraina».

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