Tabaccherie. Antitrust: ‘Abolire le distanze minime e i limiti all’apertura’

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(Jamma) L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, chiamata ad esprimersi sull’attuale disciplina della vendita al dettaglio di tabacchi, ha espresso parere contrario alle forme di programmazione strutturale dell’offerta che stabiliscono limitazioni quantitative degli operatori dei mercati e, tra esse, alle distanze minime tra punti vendita. Per l’Authority “Gli elementi di rigidità derivanti dall’ammissione a operare di un numero di soggetti inferiore a quello che determinerebbe il mercato, infatti, non risultano, di regola, necessari e proporzionati al perseguimento di obiettivi di interesse generale“; a tal proposito auspica in una modifica della regolamentazione riguardante l’accesso al mercato della vendita al dettaglio dei prodotti del tabacco,”affinché siano abolite le distanze minime, le valutazioni di produttività degli esercizi, le discriminazioni fra operatori in ragione del titolo di esercizio dell’attività e, più in generale, tutte le forme di programmazione della struttura dell’offerta“.

 

Di seguito il testo integrale dell’Authority

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella propria riunione dell’11 giugno 2013, ha deliberato di esprimere parere ai sensi dell’articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, relativamente all’attuale disciplina della vendita al dettaglio di tabacchi, da ultimo novellata dall’art. 24, comma 42, del D.L. n. 98/11, recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione  finanziaria” e convertito con modificazioni dalla legge n. 111/11, e dal D.M. 21 febbraio 2013, n. 38, “Regolamento recante disciplina della distribuzione e vendita dei prodotti da fumo”.
La distribuzione dei tabacchi in Italia è stata tradizionalmente regolata dagli artt. 21, 22 e 23 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, la quale identifica tre modalità di rivendita: (i) la rivendita ordinaria, (ii) la rivendita speciale, e (iii) il patentino. Mentre le rivendite ordinarie sono strutture specificamente preposte alla vendita di tabacchi e altri generi di monopolio (e.g., le tabaccherie), le rivendite speciali “sono istituite per soddisfare particolari esigenze del pubblico servizio anche di  carattere temporaneo quando, a giudizio dell’Amministrazione, mancano le condizioni per  procedere alla istituzione di una rivendita ordinaria, ovvero al rilascio di un patentino” (art. 22).
In particolare, le rivendite speciali sono ubicate presso particolari strutture quali porti ed aeroporti o aree di servizio, e possono essere istituite solo nel caso in cui vengano riconosciute esigenze di servizio alle quali non si possa provvedere a mezzo di rivendite ordinarie o patentini. I patentini vengono invece istituiti presso i bar ad alta frequentazione, ma, a norma dell’art. 23, “la rivendita  ordinaria più vicina al locale cui è concesso il patentino rifornisce quest’ultimo dei generi, salvo  diversa determinazione dell’Amministrazione”.
Come noto, con circolare n. 04/63406 del 25 settembre 2001, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato ha subordinato l’apertura di nuove rivendite ordinarie e speciali al rispetto di una serie di requisiti relativi a distanze minime con la più vicina rivendita, che varia a seconda dell’entità della popolazione del Comune, nonché di produttività minima. In linea di continuità con la circolare dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, l’art. 24, comma 42, del D.L. n. 98/11 ha stabilito che:

(i) con riferimento alle rivendite ordinarie, l’“istituzione di rivendite  ordinarie [può avvenire] solo in presenza di determinati requisiti di distanza e produttività  minima”, e di “razionalizzazione della rete di vendita, anche attraverso l’individuazione di criteri  volti a disciplinare l’ubicazione dei punti vendita, al fine di contemperare, nel rispetto della tutela   della concorrenza, l’esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita capillarmente dislocata  sul territorio, con l’interesse pubblico primario della tutela della salute”;

(ii) con riferimento alle rivendite speciali, che l’“istituzione di rivendite speciali [può avvenire] solo ove si riscontri  un’oggettiva ed effettiva esigenza di servizio, da valutarsi in ragione dell’effettiva ubicazione degli  altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento, nonché in virtù di parametri  certi, predeterminati ed uniformemente applicabili sul territorio nazionale, volti ad individuare e  qualificare la potenzialità della domanda di tabacchi riferibile al luogo proposto”;

(iii) con riferimento ai patentini, che l’eventuale rilascio o il rinnovo di patentini andrà valutato “in  relazione alla natura complementare e non sovrapponibile degli stessi rispetto alle rivendite di generi di monopolio, anche attraverso l’individuazione e l’applicazione, rispettivamente, del  criterio della distanza nell’ipotesi di rilascio, e del criterio della produttività minima per il rinnovo”, demandando poi l’individuazione degli specifici criteri di distanza per l’istituzione di rivendite ordinarie e speciali e per il rilascio dei patentini ad un successivo regolamento del Ministro dell’Economia e delle Finanze da adottare entro il 31 marzo 2013. In attuazione dei criteri prestabiliti dall’art. 24, comma 42, D.L. n. 98/2011, il D.M. n. 38/2013 ha introdotto distanze minime e criteri di produttività minima per l’apertura di nuove rivendite ordinarie di tabacchi e ha qualificato l’attività di rivendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione come ordinaria, in tal modo sottoponendola ad entrambi i requisiti previsti per le rivendite ordinarie in materia di distanze minime e produttività minima1. L’art. 4 del D.M. prevede poi che  “[l] rivendite speciali possono essere istituite per soddisfare le concrete e particolari esigenze di cui all’articolo 22 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, da valutare in ragione: a) dell’ubicazione  degli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento; b) della possibile sovrapposizione della rivendita da istituire rispetto agli altri punti vendita già esistenti nella  medesima zona di riferimento; c) del significativo pregiudizio economico che dalla nuova  rivendita deriverebbe per quelle già esistenti nella medesima zona di riferimento”. Criteri del tutto analoghi sono previsti dall’art. 7 per il rilascio dei patentini, tra i quali spicca la previsione che i patentini non possono essere attribuiti se la distanza dalla rivendita più vicina è inferiore a 100 metri, o se presso rivendite situate entro distanze predeterminate sono installati distributori automatici.

L’Autorità, sul punto, intende svolgere le seguenti considerazioni.

La previsione di distanze minime tra i rivenditori e l’individuazione di criteri di produttività minima delle rivendite esistenti per l’apertura di nuove rivendite si pongono in palese contrasto con il disposto dell’art. 34 del decreto Salva Italia, il quale al comma 2 sancisce che “[l]a disciplina delle attività economiche è  improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con  l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità”. Il comma 3 sancisce poi che “sono abrogate le seguenti restrizioni disposte dalle norme vigenti: (…) b) l’imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all’esercizio di una  attività economica”, mentre il comma 5 stabilisce che “[l]’Autorità garante della concorrenza e  del mercato è tenuta a rendere parere obbligatorio, da rendere nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione del provvedimento, in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all’accesso e all’esercizio di attività economiche”. Pertanto, si prospetta una duplice violazione di norme di legge, la prima a carattere sostanziale nella misura in cui l’art. 24, comma 42, D.L. n. 98/2011, ed il D.M. n. 38/2013 che ad esso dà attuazione, contemplano restrizioni all’esercizio di attività economiche in contrasto con l’art. 34, commi 2 e 3, del decreto Salva Italia; la seconda a carattere procedurale nella misura in cui il testo del D.M. non è stato trasmesso prima dell’adozione all’Autorità per rendere parere obbligatorio in merito al rispetto del principio di proporzionalità come previsto dall’art. 34, comma 5, del decreto Salva Italia.
Peraltro, sotto il profilo della proporzionalità, l’Autorità ritiene che le restrizioni contenute nella normativa sopra descritta non possano essere giustificate dall’intento di “contemperare, nel  rispetto della tutela della concorrenza, l’esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita  capillarmente dislocata sul territorio, con l’interesse pubblico primario della tutela della salute  consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico non  giustificata dall’effettiva domanda di tabacchi” (si veda in tal senso, l’art. 24, comma 42, lett. a) del D.L. n. 98/2011). Ed infatti l’eccessiva onerosità delle misure imposte risulta evidente anche solo considerando che al criterio delle distanze minime tra esercizi commerciali, asseritamente idoneo a disincentivare il consumo di tabacchi rendendone più difficoltoso l’approvvigionamento, viene affiancato l’ulteriore criterio della produttività minima delle rivendite esistenti che è teso evidentemente ed esclusivamente a tutelare l’interesse della categoria alla redditività dell’attività svolta. Più in generale, sebbene con riferimento alla fissazione dei prezzi minimi di rivendita delle sigarette, l’Autorità ha in passato ritenuto che il legislatore ha a disposizione una serie di strumenti meno restrittivi per la tutela della salute, “come, ad esempio, le campagne di informazione sui rischi per la salute derivanti dal tabagismo e i divieti di fumare in un’ampia tipologia di luoghi”.
In ogni caso, del tutto ingiustificata con riferimento alla tutela della salute è la previsione contenuta nell’art. 23 della legge n. 1293/1957, ancora oggi in vigore, in forza della quale i titolari dei patentini sono tenuti ad acquistare i tabacchi per la rivendita esclusivamente dai rivenditori ordinari. Si tratta di una disposizione particolarmente restrittiva in quanto idonea ad incidere negativamente sugli utili generati dai titolari dei patentini e quindi a intervenire in modo discriminatorio sulla capacità competitiva di tali soggetti rispetto ai rivenditori ordinari, senza essere al contempo legata ad esigenze di protezione della salute pubblica.

Per quanto riguarda poi l’esercizio della vendita di tabacchi presso gli impianti di distribuzione di carburanti, l’introduzione di criteri di produttività minima da parte del D.M. n. 38/13 si pone per le stesse ragioni in evidente contrasto con le misure di liberalizzazione contenute nel decreto Salva Italia e con l’art. 28, comma 8, lettera b), del D.L. n. 98/11. Infatti, il D.M. n. 38/2013 introduce di fatto un requisito di superficie minima (pari a 50 mq.) qualora presso il locale siano commercializzati altri beni oltre ai tabacchi, requisito che si configura come ultroneo e più restrittivo rispetto a quello contenuto nella norma primaria (pari a 30 mq.), circoscrivendo quest’ultimo soltanto al caso in cui presso il locale sia svolta esclusivamente la vendita di tabacchi.
Pertanto, l’Autorità ribadisce il proprio orientamento, più volte espresso anche con riferimento al settore in esame, di contrarietà alle forme di programmazione strutturale dell’offerta che stabiliscono limitazioni quantitative degli operatori dei mercati e, tra esse, alle distanze minime tra punti vendita. Gli elementi di rigidità derivanti dall’ammissione a operare di un numero di soggetti inferiore a quello che determinerebbe il mercato, infatti, non risultano, di regola, necessari e proporzionati al perseguimento di obiettivi di interesse generale.
L’Autorità auspica che le osservazioni sopra formulate siano tenute in considerazione ai fini di una modifica della regolamentazione riguardante l’accesso al mercato della vendita al dettaglio dei prodotti del tabacco, affinché siano abolite le distanze minime, le valutazioni di produttività degli esercizi, le discriminazioni fra operatori in ragione del titolo di esercizio dell’attività e, più in generale, tutte le forme di programmazione della struttura dell’offerta.

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