Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) ha respinto – tramite sentenza – il ricorso presentato da Hippogroup Roma Capannelle S.r.l. contro Roma Capitale, in cui si chiedeva l’annullamento della Determinazione Dirigenziale con la quale Roma Capitale ha respinto l’istanza di proroga del contratto di concessione dell’impianto sportivo denominato “Ippodromo delle Capannelle”, presentata da Hippogroup Roma Capannelle S.p.A. (ora Hippogroup Roma Capannelle S.r.l.), nonché diffidato la predetta Società a rilasciare l’impianto medesimo libero da persone e cose entro 180 giorni dal ricevimento dello stesso provvedimento.
Si legge: “La società ricorrente impugna la determina dirigenziale con la quale Roma Capitale ha rigettato l’istanza di proroga della concessione dell’impianto sportivo denominato Ippodromo di Capannelle (di seguito anche l’“Impianto”).
Il suddetto Impianto veniva affidato in concessione all’odierna ricorrente all’esito di una procedura ad evidenza pubblica; la concessione, come da disciplinare di gara, avrebbe avuto la durata di 12 anni a far data dalla consegna dell’Impianto e sarebbe, pertanto, venuta a scadenza il 31 dicembre 2016.
Nel corso del rapporto concessorio, gli impegni contrattuali sono stati più volte rinegoziati rispetto a quelli originariamente convenuti tra le parti in ragione delle difficoltà finanziarie della società concessionaria che veniva ammessa alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale.
Roma Capitale, riconoscendo che le difficoltà finanziarie della concessionaria erano connesse alla grave crisi del settore ippico e ritenendo di interesse per l’Amministrazione garantire una continuità nel funzionamento dell’Impianto, aderiva al piano presentato dalla ricorrente per l’ammissione alla procedura concordataria e alle sue successive modifiche, in particolare con l’adozione delle Delibere della Giunta n. 299 del 16 settembre 2011 e n. 199 dell’8 maggio 2013.
Per quanto di interesse in questa sede, con la Delibera della Giunta 199 del 2013, Roma Capitale accettava le richieste della società di modifica del piano concordatario inizialmente assentito con la Delibera del 2011, subordinando tale accettazione ad una serie di condizioni tra le quali figurava la presa in carico da parte della concessionaria presso l’impianto in gestione anche delle corse da trotto in ragione della chiusura dell’Ippodromo di Tor di Valle.
La ricorrente accettava le condizioni poste da Roma Capitale e, in virtù della condizione concernente la presa in carico delle corse da trotto e la conseguente necessità di realizzare a tal fine la pista da trotto ed ulteriori opere accessorie, richiedeva un prolungamento della durata della concessione finalizzato alla sostenibilità degli investimenti programmati.
Nella Delibera in questione, Roma Capitale stabiliva di “rideterminare il Piano degli investimenti relativi all’Impianto di Capannelle secondo le modalità e tempistiche indicate nel documento recante le specifiche Previsioni economico-finanziarie di periodo, elaborato dal concessionario con il parere dell’asseveratore della procedura concordataria di cui all’art. 161 della Legge Fallimentare, nonché del Commissario Giudiziale, sempre a condizione che il Concessionario effettui i lavori di cui al progetto presentato entro il termine di 12 mesi dall’ottenimento dell’ultima delle prescritte autorizzazioni”.
Le previsioni economico-finanziarie di periodo richiamate nel deliberato sopra trascritto, prevedevano, oltre alla quantificazione degli investimenti relativi alla pista da trotto da effettuarsi nel triennio 2013-2016, che “..nel periodo successivo dal 2016 al 2028 saranno comunque effettuati i 4 milioni di Euro di investimenti previsti nel piano concordatario, al momento posticipati per ragioni di sostenibilità economica e finanziaria, e di altri non previsti interventi di miglioramento per mantenere l’ippodromo della Capitale adeguato ai tempi…………. I cespiti sono stati ammortizzati fino al 2028 nel presupposto di un prolungamento della concessione fino a tale data.”
Nella suddetta Delibera di Giunta, Roma Capitale non si pronunciava sul prolungamento richiesto in ragione delle previsioni economico-finanziarie elaborate dalla concessionaria ritenendo che: “la richiesta di proroga della durata della concessione potrà essere valutata solo in un momento successivo dietro presentazione ed approvazione del progetto di cui trattasi”. Non veniva, pertanto, esclusa tout court la possibilità di un prolungamento della concessione ma la stessa veniva subordinata alla successiva valutazione del progetto proposto.
La suddetta Delibera, inoltre, citava espressamente tra le fonti normative e regolamentari sottese al deliberato l’articolo 11 del “Regolamento per gli impianti sportivi di proprietà comunale” (di seguito anche il “Regolamento”) all’epoca vigente che testualmente recita: “Qualora il concessionario sia stato autorizzato ad eseguire interventi di restauro e di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica o di ripristino funzionale dell’impianto sportivo, la Giunta Comunale o il Consiglio Comunale, secondo la rispettiva competenza, approva il prolungamento della concessione fino ad un massimo di 30 anni, rapportato all’impegno economico finanziario da sostenere calcolato sul modello di analisi economica di cui all’allegato F che forma parte integrante del presente regolamento. L’intervento può essere autorizzato soltanto se il relativo progetto viene presentato all’amministrazione comunale almeno due anni prima della scadenza della concessione (…)”.
Alla luce del suddetto deliberato, la ricorrente presentava in data 27 maggio 2014 (nel rispetto del termine previsto dal sopracitato articolo) l’istanza di proroga della concessione, successivamente integrata con ulteriori precisazioni in relazione agli investimenti effettuati e a quelli programmati.
Successivamente alla presentazione dell’istanza di proroga, Roma Capitale avviava un’istruttoria nel corso della quale venivano inviate alla ricorrente numerose richieste di informazioni e di integrazioni documentali nonché comunicazioni interlocutorie che non definivano il procedimento.
Solo in data 11 ottobre 2017, quando la concessione era già scaduta, l’Amministrazione comunicava alla ricorrente il preavviso di rigetto dell’istanza di proroga presentata nel maggio 2014 limitandosi a sostenere: a) che la disciplina di gara non prevedesse la possibilità di una proroga della concessione, b) che non poteva ritenersi applicabile alla fattispecie l’articolo 11 del Regolamento, e c) che la Deliberazione della Giunta 199/2013 non fosse idonea ad ingenerare un affidamento della società in relazione al prolungamento della concessione.
Al suddetto preavviso di rigetto, faceva seguito in data 15 novembre 2017 il provvedimento di diniego della proroga impugnato in questa sede. Nel suddetto provvedimento, Roma Capitale integrava le motivazioni a supporto del rigetto dell’istanza contestando che la ricorrente necessitasse di un prolungamento della concessione per il raggiungimento di un equilibrio economico-finanziario in relazione agli investimenti effettuati, sul presupposto che gli stessi sarebbero stati compensati dalla riduzione del canone di concessione accordato dall’Amministrazione proprio a fronte degli investimenti effettuati per la realizzazione della pista da trotto. Secondo la prospettazione dell’Amministrazione, la Delibera 199/2013 sarebbe limitata all’arco temporale di vigenza residua della concessione originaria, 2013-2016, e non avrebbe in alcun modo preso in considerazione la possibilità di un suo prolungamento.
Nel provvedimento impugnato, Roma Capitale ribadiva, altresì, la non applicabilità alla fattispecie dell’articolo 11 del Regolamento in quanto sarebbe applicabile la sola disciplina contenuta nella lex specialis della procedura di gara. In ragione di tale preclusione, l’Amministrazione non effettuava alcuna valutazione dei progetti presentanti dalla concessionaria ai fini della proroga richiesta.
Il Collegio ritiene che il ricorso proposto sia fondato con riguardo alle censure che rilevano un eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione per le ragioni che si illustrano nel prosieguo.
In via preliminare, si osserva che Roma Capitale ha errato nel ritenere non applicabile alla fattispecie l’articolo 11 del “Regolamento per gli impianti sportivi di proprietà comunale”. Sia l’Avviso di gara che il Disciplinare di concessione, nell’individuare le fonti della disciplina del rapporto concessorio oggetto del presente giudizio, richiamavano, infatti, sia la Deliberazione del Consiglio Comunale n. 5625 del 27 settembre 1983 che il “Regolamento per gli impianti sportivi di proprietà comunale”, approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 170 del 7 novembre 2002.
La disciplina speciale contenuta negli atti della proceduta si limitava ad escludere la proroga tacita della concessione venuta alla sua naturale scadenza e a prevedere la possibilità per il concessionario di chiedere un rinnovo della stessa. Invero, l’articolo 11 del Regolamento non si sovrappone alle suddette disposizioni in quanto non prevede una proroga tacita della concessione ovvero un’ipotesi di rinnovo tout court della stessa, ma disciplina una fattispecie diversa di applicazione generale prevedendo che il concessionario, nel caso in cui siano autorizzati una serie di interventi sull’impianto in gestione (quali restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica o di ripristino funzionale), possa ottenere un prolungamento della concessione commisurato all’impegno economico-finanziario sostenuto o programmato.
Tale disposizione, pertanto, trova in astratto applicazione anche nella fattispecie in quanto il rinnovo della concessione previsto dall’articolo 4 del disciplinare di gara non è sostitutivo del prolungamento sopra richiamato in quanto lo stesso è svincolato da eventuali interventi che il concessionario avesse effettuato o fosse intenzionato ad effettuare sull’impianto. L’articolo 4, infatti, prevede che: “E’ comunque consentito il rinnovo, previa richiesta del concessionario da inviarsi a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno entro sei mesi prima della scadenza della concessione, per un ulteriore periodo non superiore ad anni sei. Condizione per l’eventuale rinnovo sarà: a) l’accettazione da parte del concessionario dei contenuti economici rideterminati dall’amministrazione comunale; b) la permanenza in capo al concessionario dei requisiti oggettivi e soggetti richiesti dal bando di cui alla D.D. n. 1160 del 15.12.2003; c) la presentazione da parte del concessionario del piano di gestione relativo al periodo di rinnovo, che dovrà essere verificato ed accertato dall’amministrazione comunale”.
In ragione dell’applicabilità del citato articolo 11 del Regolamento alla fattispecie, Roma Capitale avrebbe dovuto svolgere una istruttoria idonea a verificare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza di prolungamento della concessione valutando a tal fine non solo gli investimenti già effettuati in ottemperanza ai piani precedentemente approvati, ma anche gli investimenti non ancora effettuati per cause non imputabili alla concessionaria (i.e. progetti sottoposti tempestivamente all’Amministrazione per i quali quest’ultima non aveva ultimato l’iter autorizzatorio) e gli investimenti ulteriori programmati al fine di ampliare l’Impianto e migliorarne l’efficienza.
D’altro canto, Roma Capitale aveva già preso atto, nella Delibera della Giunta 199/2013, delle previsioni economico-finanziarie poste dalla concessionaria a fondamento della rideterminazione del piano degli investimenti secondo le quali :“..nel periodo successivo dal 2016 al 2028 saranno comunque effettuati i 4 milioni di Euro di investimenti previsti nel piano concordatario, al momento posticipati per ragioni di sostenibilità economica e finanziaria, e di altri non previsti interventi di miglioramento per mantenere l’ippodromo della Capitale adeguato ai tempi…………. I cespiti sono stati ammortizzati fino al 2028 nel presupposto di un prolungamento della concessione fino a tale data”. Come rilevato sopra, nel prendere atto di tali previsioni, la Giunta non ha escluso in radice la possibilità di un prolungamento della concessione, ma si è limitata a rinviare la valutazione della sussistenza dei presupposti per una proroga successivamente alla presentazione e all’approvazione del progetto. Se questa circostanza non appare idonea a far sorgere un affidamento circa l’effettiva approvazione del prolungamento richiesto, senz’altro obbliga l’Amministrazione a valutare nel merito l’istanza finalizzata ad ottenerlo.
Nel provvedimento impugnato, invece, Roma Capitale non effettua alcuna valutazione degli investimenti programmati per il periodo successivo alla naturale scadenza della concessione (2016-2028), ma si limita a rilevare che gli investimenti già effettuati sono stati compensati dalla riduzione del canone e che, pertanto, non necessitato di un ulteriore periodo di gestione dell’Impianto per poter essere ammortizzati.
Inoltre, l’Amministrazione rileva che la concessionaria non avrebbe effettuato 4 milioni di investimenti previsti nel piano concordatario. A tale proposito, si osserva che il posticipo dei 4 milioni di investimenti previsti nel piano concordatario approvato nel 2011 era stato accettato da Roma Capitale nella Delibera 199/2013 laddove, come già rilevato sopra, la suddetta determinazione aveva approvato la rideterminazione del piano degli investimenti secondo le previsioni economico-finanziarie prospettate dalla concessionaria che espressamente davano conto di tale posticipo.
Ora, se è vero quello che Roma Capitale sostiene circa il fatto che gli investimenti concernenti la realizzazione della pista da trotto effettuati nel triennio 2013-2016 dovevano ritenersi compensati dalla riduzione del canone di concessione riconosciuta dall’Amministrazione proprio al fine di consentire un riequilibrio economico-finanziario nel periodo di gestione residua della concessione, è, altrettanto vero che l’esame della richiesta di prolungamento della concessione non poteva esaurirsi con le suddette valutazioni in quanto la concessionaria ha prospettato, altresì, sin dal 2013 investimenti ulteriori finalizzati ad un ampliamento ed efficientamento dell’Impianto. Roma Capitale avrebbe, pertanto, dovuto valutare ai sensi e per gli effetti di quanto disposto dall’articolo 11 del Regolamento, la sussistenza dei presupposti per approvare un prolungamento della concessione per un periodo di tempo commisurato all’impegno economico-finanziario che il concessionario avrebbe sostenuto.
Alla luce di quanto esposto, il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato debba essere annullato in quanto viziato da eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione e che, per l’effetto, Roma Capitale debba effettuare un nuovo esame dell’istanza di proroga della concessione formulata dalla concessionaria ai sensi e per gli effetti del citato articolo 11 del Regolamento, previa consultazione della stessa in ragione del decorso di un considerevole lasso di tempo dalla presentazione della prima istanza (2014) e delle successive integrazioni (2017).
Ciò detto, si rileva per completezza motivazionale, che le istanze risarcitorie avanzate dalla concessionaria appaiono infondate sia alla luce delle considerazioni svolte dall’Amministrazione nel provvedimento impugnato relativamente al minore onere economico sopportato dalla concessionaria in ragione della considerevole riduzione del canone, sia in considerazione della proroga della concessione che nei fatti è stata concessa da Roma Capitale sino alla data odierna in forza di una sospensione del provvedimento impugnato che l’Amministrazione ha spontaneamente disposto.
Alla luce della complessità delle vicende amministrative sottese alla fattispecie, il Collegio ritiene che sussistano i presupposti di legge per disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa”.