Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto ha accolto il ricorso proposto da una società che distribuisce gioco rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Giacobbe e Livio Sannino.

La società chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento emesso dalla Questura di Vicenza – Divisione Polizia Amministrativa Sociale e dell’Immigrazione di rigetto dell’istanza tesa ad ottenere il rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 88 TULPS per la raccolta delle scommesse a Arzignano (VI).

Si legge nella sentenza: “Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 comma 2 lett. a) della Legge Regionale Veneto 38/2019, nonché il vizio di eccesso di potere per falsità dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, sviamento, irragionevolezza e perplessità dell’azione amministrativa. Più nel dettaglio, il ricorrente ha evidenziato come il divieto previsto dal legislatore regionale riguardi un’unica fattispecie, ossia l’installazione di apparecchi da gioco di cui all’art. 110 comma 6 lett. a) e b) del TULPS. Tali giochi costituirebbero, a suo giudizio, una realtà diversa rispetto alle attività di scommesse, condividendo esclusivamente la loro classificazione come gioco d’azzardo, in cui ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita di denaro è aleatoria.

Inoltre, anche l’art. 14, comma 2, lett. a) della legge regionale 38/2019 deporrebbe per l’interpretazione restrittiva e costituzionalmente orientata da egli proposta, posto che l’eventuale violazione delle disposizioni dell’articolo 7, commi 2 e 3, (ossia l’infrazione dei limiti di distanza da punti sensibili) è stata sanzionata dal legislatore regionale con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000,00 a euro 6.000,00 per ogni apparecchio per il gioco di cui all’articolo 110, comma 6, del R.D. 773/1931 e quindi secondo modalità tali da non essere applicabili ai centri di raccolta delle scommesse. Ne consegue, secondo il ricorrente, che l’asserita interpretazione autentica (richiamata dalla Questura nel provvedimento impugnato) della L.R.V. 38/2019 formulata dalla Direzione Regionale dei Servizi Sociali della Regione Veneto in data 27.12.2021, in merito all’applicabilità delle distanze minime anche ai luoghi sensibili per gli esercizi ex art. 88 TULPS, si porrebbe in pieno contrasto con il divieto di applicazione analogica delle norme restrittive della libertà di impresa.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 41 della Costituzione, dell’art. 7 comma 2 lett. a) della Legge Regionale Veneto 38/2019, nonché il vizio di eccesso di potere per falsità dei presupposti, travisamento dei fatti, irragionevolezza, perplessità dell’azione amministrativa, la violazione del principio del legittimo affidamento e del principio di offensività. In estrema sintesi, il ricorrente ha evidenziato di avere preventivamente contattato il Comune di Arzignano rappresentando la volontà di aprire un centro scommesse senza slot o apparecchi per la vincita in denaro, ottenendo come riscontro l’affermazione per la quale “per il Comune è sufficiente sia rispettata la destinazione urbanistica”.

Ne sarebbe derivato, a suo giudizio, un legittimo affidamento circa l’assenza di vincoli ulteriori, comunali o regionali, per l’apertura del centro scommesse, che invece gli è stata impedita con una ingiusta compressione della sua libertà di iniziativa economica e senza che vi sia l’effettiva possibilità di pervenire, da parte dell’Amministrazione, ad un maggior contrasto della ludopatia o ad una più efficace tutela della salute pubblica.

Quanto premesso, il ricorrente ha domandato l’annullamento del provvedimento impugnato, previa sospensione cautelare dei suoi effetti, e la condanna dell’Amministrazione alla rifusione delle spese di lite.

Si è costituita in giudizio la Regione Veneto, domandando che, previa reiezione dell’istanza cautelare, il ricorso venga dichiarato irricevibile, inammissibile, improcedibile e, comunque, venga rigettata ogni domanda proposta nei confronti della Regione Veneto.

All’esito dell’udienza camerale del 23 aprile 2024, la causa è stata trattenuta in decisione e viene decisa in forma semplificata sussistendone i presupposti, come da avviso reso alle parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.

Il ricorso è fondato.

Dalla mera lettura dell’art. 7, comma 2, della legge regionale n. 38/2019 si evince chiaramente come il legislatore regionale abbia vietato esclusivamente la collocazione di apparecchi per il gioco in locali che si trovino ad una distanza inferiore a quattrocento metri da taluni luoghi ritenuti sensibili; tale norma è assistita, sotto il profilo sanzionatorio, dalla previsione, rinvenibile nell’art. 14, comma 2, della stessa legge, per la quale la violazione delle disposizioni dello stesso articolo 7, commi 2 e 3, è soggetta alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000,00 a euro 6.000,00 per ogni apparecchio per il gioco di cui all’articolo 110, comma 6, del R.D. 773/1931.

Non può essere condivisa la diversa interpretazione proposta dalla Regione Veneto, a giudizio della quale l’art. 2 della legge in esame avrebbe equiparato all’interno della più ampia categoria dei c.d. “punti gioco” sia i centri scommesse, sia i locali in cui sono presenti apparecchi VLT: infatti, depone in senso contrario il dato testuale dell’art. 7, comma 2 che, come visto, reca un esplicito riferimento ai soli apparecchi per il gioco, imponendo la loro collocazione ad una distanza di almeno 400 metri dai siti ritenuti sensibili.

Si deve osservare, inoltre, come la diversa regolamentazione per i centri scommesse rispetto ai locali in cui vengono installati apparecchi per il gioco d’azzardo lecito di cui all’articolo 110, comma 6, del R.D. n.773 del 1931, è già stata oggetto di esame da parte della giurisprudenza amministrativa. Più nel dettaglio, il Consiglio di Stato ha avuto modo di osservare come i giochi effettuati tramite macchinette si differenzino “dalla raccolta scommesse su eventi sportivi, avendo come unico denominatore comune il fatto di essere entrambe le fattispecie classificabili come gioco d’azzardo, in cui ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita di denaro è totalmente o in parte aleatoria”; […]“non è implausibile ritenere che gli apparecchi di cui all’art. 110, commi 6 e 7, del Tulps (tra cui, in particolare, slot machine e videolottery) paiono “i più insidiosi nell’ambito del fenomeno della ludopatia, in quanto, a differenza dei terminali per la raccolta delle scommesse, implicano un contatto diretto ed esclusivo tra l’utente e la macchina, senza alcuna intermediazione umana volta a disincentivare, per un normale meccanismo psicologico legato al senso del pudore, l’ossessione del gioco, specie nella fase iniziale del processo di dipendenza patologica” (cfr, in proposito, Consiglio di Stato, IV, n. 2957 del 2017).

La differenza tra sale giochi dotate di strumenti elettronici (VLT) e i punti di mera raccolta delle scommesse, infatti, è insita nella strumentazione offerta alla clientela, che per gli spazi VLT consiste nella presenza di apparecchiature elettroniche capaci di monopolizzare l’attenzione del giocatore seriale, laddove le sale scommesse offrono solo un luogo per raccogliere le “puntate” sugli eventi sportivi. Sotto altro profilo, va anche rilevato che i giochi leciti si distinguono in fisici (off line), se distribuiti sul territorio ed effettuati in esercizi e locali aperti al pubblico, tramite personale addetto o apparecchi da intrattenimento messi a disposizione della clientela, ed a distanza (online o gambling), se distribuiti per via telematica, tramite internet e telefonia. La raccolta di scommesse sportive su eventi futuri avviene in gran parte a distanza, on line. Di talché, l’imposizione di un limite distanziometrico rispetto a “siti sensibili” per le sale scommesse si rivelerebbe sostanzialmente inutile o, comunque, di utilità ridotta, in quanto non idoneo a realizzare le finalità di prevenzione della ludopatia, in quanto tale “gioco lecito”, come detto, avviene anche e soprattutto a distanza, sicché lo scommettitore, in assenza di un punto fisico, non sarebbe disincentivato dallo svolgimento del gioco, potendo agevolmente effettuare lo stesso in via telematica” (cfr, Consiglio di Stato, sezione VI, n. 794 del 2024).

In questo quadro, pertanto, il Collegio ritiene che il citato art. 7, comma 2, della legge regionale n. 38/2019, che espressamente si riferisce alle sole sale in cui sono collocati apparecchi per il gioco, non possa trovare applicazione alla diversa ipotesi delle sale per scommesse e ciò sia in ragione di un’esegesi letterale della norma, che non tollera, in quanto norma eccezionale, interpretazioni che non siano dalla stessa lettera ritraibili, sia in ragione di un’esegesi sistematica in virtù della quale ogni limitazione alla libertà di iniziativa economica privata, prevista dal legislatore nel perseguimento dell’utilità sociale e nel bilanciamento con interessi di pare rilievo (quale è la tutela della salute pubblica nel caso in esame) non può essere estesa analogicamente a fattispecie non espressamente contemplate.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, il provvedimento di diniego dell’autorizzazione deve essere annullato, fermo restando il potere dell’Amministrazione di determinarsi nuovamente sull’istanza del ricorrente. La problematicità della fattispecie esaminata giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite”.

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