Il Consiglio di Stato ha respinto – tramite sentenza – l’appello presentato da una sala bingo contro Ministero dell’Interno e Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in cui si chiedeva la riforma della sentenza del Tar Lazio con cui era stato respinto il ricorso contro l’autorizzazione data dall’Agenzia delle Dogane e Monopoli al trasferimento di un’altra sala bingo, destinataria di un provvedimento comunale di delocalizzazione, nei pressi di quella ricorrente.

Di seguito il testo della sentenza:

“Con il ricorso introduttivo del presente giudizio e con successivo ricorso per motivi aggiunti, proposti avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma (di qui in avanti, per brevità, il Tribunale), la società odierna appellante, titolare di una concessione per l’esercizio del gioco del bingo nel Comune di Modena, ha impugnato il provvedimento con il quale l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (di qui in avanti anche l’Agenzia o ADM) ha autorizzato il trasferimento di un’altra sala bingo.

Secondo la prospettazione di parte ricorrente, ADM non avrebbe dovuto autorizzare il trasferimento in quanto, da un lato, non risulta rispettata la distanza minima prevista dalla disciplina di settore tra la propria sala bingo e i nuovi locali in cui dovrebbe essere trasferita la sala bingo delocalizzata e, sotto altro profilo, non sarebbe rispettato nemmeno il requisito di fatturato previsto dalla disciplina medesima in quanto la sala bingo gestita dalla ricorrente avrebbe un fatturato medio inferiore a € 150.000.

Si sono costitute in giudizio sia ADM che la società controinteressata, (…), diffusamente argomentando circa l’infondatezza dell’avverso ricorso e chiedendone l’integrale rigetto.

All’esito della camera di consiglio del 24 maggio 2023, fissata per la delibazione dell’istanza cautelare, la causa è stata trattenuta in decisione con rituale preavviso di sentenza in forma semplificata.

Con la sentenza n. 11246 del 4 luglio 2023, resa appunto in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., il Tribunale ha respinto il ricorso.

Con riguardo al primo motivo di ricorso, il Collegio di prime cure ha rilevato che si evince chiaramente dagli esami della documentazione versata in atti che nella fattispecie risulta rispettato il requisito della distanza minima tra la sala bingo gestita dalla ricorrente e i locali presso i quali sarà ubicata la sala bingo delocalizzata.

Dall’esame degli atti emerge, infatti, che i locali in questione presentano un solo ingresso pedonale in via (…), mente in via (…) risulta presente un ingresso carrabile dove è ubicato un parcheggio auto.

I funzionari di ADM che hanno svolto il sopralluogo e le misurazioni hanno, pertanto, correttamente verificato che tra l’ingresso della sala gestita dalla ricorrente e l’unico ingresso pedonale della nuova sala bingo (ubicato in via (…)) intercorre una distanza di 1066 metri, superiore, pertanto, alla distanza minima di 1000 metri prevista dal Decreto Direttoriale AAMS 17 giugno 2003.

Parimenti infondate sono state ritenute dal primo giudice le censure concernenti l’insussistenza del fatturato minimo richiesto dalla disciplina di settore.

Il Tribunale ha ritenuto infatti, corretto il dato che ADM ha preso in considerazione al momento del rilascio dell’autorizzazione al trasferimento, ossia l’importo complessivo delle somme giocate nella sala bingo gestita dalla società ricorrente pacificamente superiore a 150.000 euro mensili.

L’art. 4, comma 2, del Decreto AAMS 17 giugno 2002 prevede che il trasferimento nel medesimo comune non può essere autorizzato se la Sala Bingo più prossima «ha un fatturato mensile inferiore a 150.000 euro, determinato dall’Amministrazione sulla base degli acquisti delle cartelle negli ultimi sei mesi».

Il Tribunale ha osservato che il significato di fatturato equivale alla somma dei ricavi ottenuti da un’azienda o ditta individuale attraverso la vendita di beni e/o la prestazione di servizi.

La definizione di fatturato, non è, quindi, assimilabile, come sostenuto dalla ricorrente, al concetto di “reddito netto”, di “utile” o di “profitto”; riferendosi questi ultimi concetti agli importi guadagnati dall’attività commerciale nel suo complesso detratte le spese.

Il fatturato si distingue anche dal concetto di “ricavi”, riferendosi alla somma totale di fatture emesse, comprensive anche di tutte le spese sostenute e che non necessariamente è stata incassata, diversamente dai “ricavi” che fanno riferimento alle somme effettivamente guadagnate da una società vendendo beni e servizi ad un determinato prezzo e, pertanto, il concetto di fatturato non può essere confuso coi i ricavi aziendali, intesi come “valore della produzione”.

Applicando i suddetti principi alla fattispecie, non può che ritenersi corretta, secondo il primo giudice, l’interpretazione che del termine “fatturato” ha dato ADM nel senso di prendere a riferimento il valore complessivo delle cartelle che il concessionario acquista presso gli uffici di ADM e successivamente vende per il gioco in sala.

Non può, infatti, essere condivisa la tesi sostenuta da parte ricorrente che identifica il fatturato con l’aggio del concessionario pari al 18% del valore della cartella.

Tali somme costituiscono, invero, non il fatturato ma il guadagno del concessionario, al netto del pagamento delle vincite e degli oneri erariali.

In altri termini, ha concluso il Tribunale, la ratio sottesa alla norma di riferimento non è quella di operare una valutazione – in termini economici – sul volume d’affari delle società che gestiscono le sale bingo, ma sull’adeguata diffusione del servizio di raccolta del gioco sul territorio nazionale, individuando i requisiti minimi della distanza tra le sale e del volume di gioco da esse garantito che, nel caso del gioco del bingo su rete fisica, non può che corrispondere al numero delle cartelle vendute nel dato periodo.

Avverso tale sentenza ha proposto appello (…), lamentandone l’erroneità per due distinti motivi che di seguito saranno esaminati, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma.

Si sono costituiti l’Agenzia, il Ministero dell’Interno, la Questura di Modena, opponendosi tutti all’accoglimento dell’appello e, il solo Ministero dell’Interno e la Questua di Modena, chiedendo anche l’estromissione del giudizio in limine litis per difetto di legittimazione passiva.

L’appello è infondato.

In primo luogo deve essere respinta l’eccezione inerente alla dedotta carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno – Questura di Modena, in quanto nel primo grado del giudizio è stata formalmente impugnata con motivi aggiunti anche la licenza di cui all’art. 88 del T.U.L.P.S. emessa dalla Questura di Modena.

Il Collegio ritiene, per il principio della ragione più liquida, di prescindere dall’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità, sollevata dall’Avvocatura Generale dello Stato, stante comunque l’infondatezza dell’appello stesso.

Con il primo motivo (pp. 5-12 del ricorso), anzitutto, l’odierna appellante sostiene e torna a ribadire in questa sede, con un fine ed elaborato ragionamento, che il suo fatturato è quello che riguarda il suo volume di affari, non quella parte dell’importo giocato che viene redistribuita all’erario e/o destinata alle vincite.

È per questa ragione che essa ha anche richiamato, a suffragio del proprio assunto, la sentenza della Corte di giustizia del 19 luglio 2012, resa proprio in materia di organizzazione di giochi di bingo, depositata sub doc. 26, che ha chiarito come l’IVA debba essere calcolata sul “corrispettivo realmente ricevuto dal prestatore di servizio” (giurisprudenza peraltro costante).

Il valore da prendere in considerazione ai fini del calcolo del fatturato medio mensile della sala bingo di via (…) che (…) sostiene essere quello relativo all’importo sala – sarebbe sempre, ogni mese, al di sotto di € 150.000,00, con un importo nei sei mesi pari ad € 563.495,04, che diviso 6 porta a precisare il fatturato medio mensile nella cifra di € 93.915,84, con la conseguente illegittimità dell’autorizzazione rilasciata.

Il motivo è destituito di fondamento.

Come bene hanno eccepito sia l’Agenzia che la controinteressata, infatti, la ratio della normativa in materia non è quella di operare una valutazione in termini economici del volume di affari delle società che gestiscono le sale bingo, bensì di garantire l’adeguata diffusione del servizio di raccolta del gioco sul territorio nazionale: facendo riferimento al settore del bingo su rete fisica, il volume di gioco non può che essere espresso dal numero delle cartelle vendute in un determinato periodo.

Ne segue l’infondatezza della tesi, pur suggestiva, sostenuta anche in questa sede dall’appellante, la quale si scontra con l’insuperabile rilievo, bene evidenziato dalla sentenza impugnata, per cui la definizione di fatturato, non è assimilabile, come sostenuto dalla ricorrente, al concetto di “reddito netto”, di “utile” o di “profitto”; riferendosi questi ultimi concetti agli importi guadagnati dall’attività commerciale nel suo complesso detratte le spese.

L’art. 4, comma 2, del Decreto del 17 giugno 2003 fa riferimento al «fatturato mensile inferiore a 150.000 euro, determinato dall’Amministrazione sulla base degli acquisti delle cartelle negli ultimi sei mesi»: l’espressione è chiarissima, e riferita proprio agli acquisti delle cartelle in quanto tali, senza alcuna specificazione, mentre non può assumere rilievo nel presente giudizio la giurisprudenza della Corte UE sulla ben diversa questione della base imponibile per la corretta applicazione dell’IVA, che certo non può comprendere le somme riscosse dai vincitori e dall’erario.

Se del resto il legislatore avesse voluto riferirsi alla differenza fra il totale giocato e le somme da versare all’erario e ai giocatori per definire il limite del fatturato sotto il quale sono vietati i trasferimenti delle sale nel medesimo territorio comunale, come pretende a torto l’appellante, avrebbe puntualmente normato in tal senso.

Il motivo, dunque, va respinto.

Con il secondo motivo di censura (pp. 12-17 del ricorso), ancora, l’appellante sostiene che il Tribunale non ha compreso – indotto probabilmente all’equivoco dal fatto che questa sala bingo ha due ingressi, uno da usare se si arriva a piedi e l’altro se si arriva in macchina – che, se si arriva in macchina, si accede poi a quello che è il vero e principale ingresso della sala bingo, che non è lo stesso che si utilizza se si passa dal c.d. ingresso pedonale.

Lo si comprenderebbe benissimo leggendo con attenzione quanto affermano i funzionari dell’ADM: essi parlano dell’ingresso dell’edificio della nuova sede della sala bingo e dicono chiaramente che questo ingresso dell’edificio, che è quello che si utilizza se si arriva comodamente in macchina, dista dall’ingresso della sala bingo dell’odierna appellante meno di 1.000 metri, perché i funzionari dell’ADM misurano 899 metri fino all’ingresso carrabile.

Anche questo motivo va respinto.

Come ha ben messo in rilievo anche il primo giudice, ai sensi della determinazione direttoriale AAMS del 17 giugno 2003, infatti, ai fini del trasferimento delle Sale bingo all’interno dello stesso Comune, la distanza minima dalle altre sale deve essere calcolata facendo riferimento al percorso pedonale più breve ed al numero di abitanti.

È soltanto all’ingresso pedonale che si deve far riferimento per il calcolo della distanza, l’ingresso carrabile non ha alcun rilievo: questo è il senso della – chiarissima – norma di cui al decreto direttoriale AAMS del 17 giugno 2003: «la distanza (percorso pedonale più breve) tra il locale nel quale si chiede il trasferimento e la sala Bingo più prossima».

Nel caso di specie, gli abitanti di Modena sono oltre 100.000 e, quindi, la distanza minima è pari a 1000 metri.

Come ben si evince dagli atti depositati nel presente giudizio e ha bene evidenziato la sentenza impugnata, i funzionari di ADM che hanno svolto il sopralluogo e le misurazioni hanno, pertanto, correttamente verificato che tra l’ingresso della sala gestita dalla ricorrente e l’unico ingresso pedonale della nuova sala bingo (ubicato in via (…)) intercorre una distanza di 1066 metri, superiore, pertanto, alla distanza minima di 1000 metri prevista dal decreto direttoriale del 17 giugno 2003.

In definitiva, il criterio previsto dalla determinazione direttoriale AAMS del 17 giugno 2003 risulta pienamente rispettato.

In ordine a tale circostanza, l’appellante chiede, reiterando la richiesta già formulata in primo grado, che il Consiglio di Stato disponga una verificazione e una misurazione della distanza tra il vero ingresso principale della sala bingo della controinteressata e quella dell’odierna appellante, ma la richiesta non è suscettibile di accoglimento in quanto l’accertamento del percorso è già stato oggetto di approfondita valutazione da parte dei funzionari di ADM dell’Ufficio territoriale che, in qualità di pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni, hanno redatto il verbale in cui risulta formalizzata la distanza intercorrente tra l’ingresso pedonale della sala bingo della (…), sita in via (…), e l’ingresso della sala bingo dell’appellante: tale verbale è dotato ex se di fede pubblica fino a querela di falso.

Anche tale motivo, dunque, va respinto.

In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto in entrambi i motivi, con la conseguente conferma della sentenza impugnata, la quale ha correttamente respinto l’impugnativa, integrata da motivi aggiunti, in primo grado proposta da (…), odierna appellante.

Le spese del presente grado del giudizio, per la novità delle questioni considerate, possono essere interamente compensate tra le parti.

Rimane definitivamente a carico di (…) il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da (…), lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado del giudizio”.

Articolo precedenteScommesse MotoGP: nel GP del Portogallo è sempre Bagnaia contro Martín, Pecco in trionfo a Portimão a 2,25 su Sisal
Articolo successivoVibra Solutions firma nuovo accordo con Play’n GO per la distribuzione di contenuti premium in Argentina