Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Comune di Spirano per la riforma della pronuncia del Tar Brescia in merito alle fasce orarie imposte da regolamento comunale alla vendita di tagliandi del Gratta e Vinci e 10eLotto.

Le amministrazioni appellanti hanno impugnato la sentenza del Tar Brescia, con la quale il T.a.r. ha accolto in parte il ricorso di primo grado, proposto dal signor XXX e dalla Federazione Italiana Tabaccai, e conseguentemente ha annullato, con effetti limitati al “10 e lotto” e al “gratta e vinci”, le norme del regolamento approvato dal Comune di Spirano per il contrasto al fenomeno del gioco d’azzardo patologico derivante da forme di gioco lecito, che prevedono l’introduzione di fasce orarie (art. 5) e il divieto di installazione di apparecchi o distributori automatici all’esterno degli esercizi (art. 4, comma 4).

I ricorrenti avevano quindi sostenuto che il Comune avesse indebitamente ampliato la gamma dei giochi individuati dalla legge regionale come potenzialmente compulsivi.

3.3. Nel motivo era inoltre evidenziato che i gestori dei giochi in questione non potessero essere accomunati ai titolari di esercizi commerciali e di pubblici esercizi, soggetti al potere limitativo degli orari, ai sensi dell’art. 50, comma 7, T.u.e.l., poiché si tratterebbe di esercizi diversi da quelli espressamente elencati dalla norma, soggetti a specifica riserva da parte dello Stato e a disposizioni normative, già esistenti, che ne regolamentano gli orari (art. 33 della legge n. 1293 del 1957 e art. 72 del d.P.R. 1074 del 1958).

3.4. I ricorrenti (in primo grado) avevano posto in evidenzia, inoltre, il rapporto fiduciario e i vincoli di efficienza del concessionario del gioco del lotto, anche quanto all’osservanza dell’orario di esercizio, e la previsione nel contratto di concessione di penali per il caso della sospensione non autorizzata, nonché la previsione nel Capitolato d’oneri del potere di revoca della concessione.

Il motivo si concludeva, infine, con la considerazione che, per quanto concerne l’art. 4, comma 4, e 3.5. l’art. 9, comma 2, del regolamento impugnato, “tutte le argomentazioni svolte relativamente all’ambito di applicazione possono essere estese anche alle suddette disposizioni regolamentari” (p. 24). Rispetto a tali articoli, aventi ad oggetto la disciplina dell’ubicazione degli apparecchi e il divieto di pubblicità, i ricorrenti non avevano sviluppato specifiche censure; nemmeno in questo motivo erano state trattate censure attinenti all’istruttoria, alla motivazione e alle figure sintomatiche dell’eccesso di potere, che i ricorrenti si erano limitati ad accennare nell’intitolazione del paragrafo.

In altri termini, secondo la prospettazione degli appellanti, il ricorso introduttivo del giudizio si occuperebbe solo dell’asserita insussistenza (in relazione a diversi profili) della potestà regolamentare dei Comuni in ordine alla disciplina del “10 e lotto” e del “gratta e vinci”, in quanto qualificabili giuridicamente come attività di gioco lecito appartenenti al monopolio statale e gestite in regime di concessione o comunque in assenza della autorizzazione di pubblica sicurezza.

Con il secondo motivo, le parti appellanti deducono, in via subordinata: erroneità della sentenza, per violazione dell’art. 50, comma 7, del T.u.e.l.; eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità, ingiustizia manifesta e carenza della motivazione.

Per il Consiglio di Stato “dalla analisi della motivazione della sentenza impugnata emerge che il giudice di primo grado si è soffermato su argomentazioni e considerazioni che non trovano un riferimento, implicito o esplicito, nelle censure formulate dalle parti ricorrenti (in primo grado), il cui perimetro è quello sopra indicato; sulla base di tali argomentazioni e considerazioni, il T.a.r. Brescia è pervenuto alla decisione di accogliere in parte la domanda di annullamento del regolamento impugnato (nei sensi sopra indicati).

La decisione di annullamento parziale del regolamento comunale è dunque affetta da vizio di ultrapetizione, in quanto il giudice di primo grado ha posto alla base della decisione di accoglimento parziale della domanda di annullamento censure non espressamente formulate dalle parti ricorrenti né desumibili in via deduttiva dai vizi denunciati.

Nel ricorso introduttivo del giudizio i ricorrenti hanno infatti contestato (in parte qua) la legittimità del regolamento impugnato, deducendo la insussistenza del potere regolamentare del Comune in ordine alla disciplina dei giochi in questione (“gratta e vinci”; “10 e lotto”), in ragione della specialità del regime giuridico concessorio previsto per il gioco “10 e lotto” e, comunque, al mancato assoggettamento dell’esercizio di queste attività di gioco lecito all’autorizzazione di pubblica sicurezza nonché in considerazione della insussistenza rispetto ai predetti giochi dei presupposti per l’esercizio del potere regolamentare comunale, previsto dall’art. 50, comma 7, del T.u.e.l.

Il giudice di primo grado, pur ritenendo il Comune legittimato all’esercizio del potere regolamentare anche con riguardo ai giochi in questione, ha sostenuto (prescindendo dalle censure dedotte dalle parti ricorrenti) che il potere regolamentare non sia stato esercitato correttamente, essendo viziato sotto il profilo della carenza istruttoria e motivazionale in ordine alla mancata valutazione della ricadute delle limitazioni orarie previste a livello regolamentare sui proventi della gestione dei giochi e costituendo una indebita intromissione del Comune sul potere del gestore di organizzare gli spazi esterni del proprio esercizio.

Orbene, come sopra evidenziato, i vizi di legittimità riscontrati dal giudice di prime cure e posti alla base della decisione impugnata (di accoglimento parziale del ricorso), non trovano un riscontro espresso o implicito nelle deduzioni delle parti ricorrenti (in primo grado) e si pongono al di fuori del perimetro dei poteri attribuiti al giudice amministrativo, delimitato dal richiamato principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

È bensì vero che alcune figure di eccesso di potere sono richiamate nei motivi rubricati del ricorso introduttivo del giudizio (così come sopra riportati), ma le relative censure non sono state poi esplicitate dalle parti ricorrenti nel corso della esposizione del motivo in modo da fornire almeno un principio di prova, utile per l’identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale. In conclusione, per le ragioni che precedono, deve ritenersi inficiato dal vizio di ultrapetizione il capo di sentenza con cui il giudice di primo grado ha annullato “con effetti limitati al 10 e Lotto e al Gratta e Vinci, in relazione all’interesse fatto valere in giudizio, le norme del Regolamento che prevedono l’introduzione di fasce orarie (art. 5) e il divieto di installazione di apparecchi o distributori automatici all’esterno degli esercizi (art. 4 comma 4)”; conseguentemente, il ricorso in appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.

Articolo precedenteAzienda Usl Toscana nord ovest, contrasto al gioco d’azzardo patologico: in arrivo un questionario a 15mila cittadini
Articolo successivoCamera e Senato, dossier Rendiconto 2022 – Assestamento 2023: “Settore giochi in incremento, con un aumento del 76% del gettito delle imposte”