Il Consiglio di Stato ha respinto – tramite sentenza – il ricorso presentato da una sala da gioco contro il Ministero dell’interno, la Questura di -OMISSIS- e il Comune di -OMISSIS-, in cui si chiedeva la riforma di una precedente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l”Emilia Romagna in materia di distanziometro.

Di seguito il testo integrale della sentenza: “L’odierna appellante, -OMISSIS- (già denominata-OMISSIS-), è titolare dell’attività di negozio di gioco e scommesse ex art. 38, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, (…) con annessa attività di raccolta del gioco mediante apparecchi ai sensi dell’art. 110, comma 6, lett. b), del T.U.L.P.S. Il 20 gennaio 2020, a seguito di aggiornamento – approvato con Delibera della Giunta Comunale n. -OMISSIS- – della originaria mappatura del 2017, il Comune di -OMISSIS- ha comunicato a -OMISSIS- l’avvio del procedimento volto alla chiusura dell’attività di detta sala giochi e scommesse, sul rilievo che i locali sarebbero risultati ubicati a distanza inferiore di cinquecento metri da un istituto scolastico.

Il 29 giugno 2020, durante il periodo emergenziale dovuto all’epidemia da Covid-19, l’Autorità comunale comunicava alla società interessata il termine di sei mesi, decorrente dalla notifica dell’atto prot. n. -OMISSIS-del 20 gennaio 2020, per la chiusura dell’attività, ovvero per la sua delocalizzazione. Successivamente, la ricorrente presentava ulteriori istanze per ottenere la proroga del termine di chiusura, depositando nel contempo, a conferma del suo impegno di dar seguito alla vista comunicazione, il contratto di locazione relativo all’immobile presso il quale assumeva di voler trasferire la propria attività.

In data 3 maggio 2020 la -OMISSIS- produceva un’istanza, con la quale chiedeva al Comune di -OMISSIS- di valutare il rilascio di apposita concessione, ai sensi dell’art. 103, comma 2, d.l. n. 18/2020 e della D.G.R. n. 68/2019, nel rispetto di quanto previsto da dette disposizioni in materia di tutela degli investimenti effettuati e del legittimo affidamento. Con provvedimento del 18 maggio 2021, il Comune di -OMISSIS- respingeva le richieste avanzate da -OMISSIS-, sul presupposto dell’inapplicabilità, al caso di specie, delle ridette previsioni normative, concedendo alla ricorrente un’ulteriore proroga semestrale, con decorrenza 1° maggio 2022, per la delocalizzazione della sala di gioco in questione.

Il 14 settembre 2022 è stato, infine, notificato all’odierna appellante il provvedimento con cui il Comune ha disposto il rigetto della domanda di proroga e la contestuale chiusura del negozio di gioco, nonché la riconsegna, entro quattro giorni, delle licenze di pubblica sicurezza, abilitanti le attività del negozio di gioco. L’odierna appellante, nel contestare la sussistenza dei presupposti per emettere il provvedimento anche nella parte in cui le è stata richiesta la riconsegna delle licenze di pubblica sicurezza e ne ha chiesto, previa sospensione dell’efficacia, l’annullamento dinanzi al TAR per l’Emilia Romagna.

Nel primo grado del giudizio si è costituito il solo Comune di -OMISSIS-.

Il TAR per l’Emilia Romagna, con l’ordinanza del 26 ottobre 2022, ha respinto la domanda cautelare proposta dall’appellante e, con la sentenza n. 345 del 24 maggio 2023, ha respinto il ricorso.

La sentenza è stata impugnata da -OMISSIS- con appello notificato il 16 giugno 2023 e depositato il 20 giugno 2023, affidato a due motivi di censura, con cui ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma della stessa, con il conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure.

Si sono costituiti gli appellati Ministero dell’Interno, la Questura di -OMISSIS- e il Comune di -OMISSIS-, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. -OMISSIS- questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare, sospendendo l’esecutività della sentenza impugnata.

Nel corso dell’udienza del 7 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Giova premettere che l’oggetto della controversia riguarda l’impugnazione del decreto della Questura di -OMISSIS- del 14 settembre 2022, a mezzo del quale è stato intimato a -OMISSIS- la riconsegna della licenza di pubblica sicurezza e la chiusura dell’attività di giochi e scommesse, in particolare si contesta l’asserita mancata adozione di un provvedimento formale, da parte del Comune di -OMISSIS-, che solo avrebbe potuto, a dire della ricorrente, imporre la chiusura dell’esercizio commerciale, in mancanza del quale, l’invito del Questore alla restituzione della licenza, non poteva che ritenersi illegittimo in quanto “meramente attuativo di un atto allegatamente mai adottato” (rectius: la chiusura del locale).

Con il primo motivo di appello -OMISSIS- sostiene che erroneamente il primo giudice ha respinto il terzo motivo di ricorso, giacché la nota del Comune di -OMISSIS- del 20 gennaio 2020 non rivestiva, a suo dire, alcun contenuto “lesivo”, configurando una mera comunicazione di avviso di avvio del procedimento di chiusura che, come tale, avrebbe richiesto un successivo provvedimento finale.

Per contro, l’Ente resistente rileva che la lesività dell’atto emerge dalla sua stessa formulazione, che evidenzia il carattere di vera e propria intimazione, essendo in esso indicato il negozio qualificato come sala per la raccolta del gioco con video terminali (VLT), posto a distanza inferiore da un luogo sensibile (la scuola); oltre all’indicazione del termine di sei mesi dal ricevimento della comunicazione stessa entro il quale la società appellante doveva chiudere esercizio, ovvero delocalizzare esercizio dell’attività stessa.

Il motivo è infondato.

Ad avviso del Collegio la nota del Comune di -OMISSIS- del 20 gennaio 2020 configura una vera e propria intimazione di chiusura dell’attività, di per sé sufficiente ad incidere nella sfera della società -OMISSIS-, dovendosi escludere che la stessa necessitasse di un atto attuativo.

Nella sua formulazione, dunque, la censura non risulta fondata perché, contrariamente a quanto ritenuto da parte appellante, il primo giudice ha correttamente qualificato il suddetto atto (rectius: ordine di chiusura) come immediatamente lesivo.

Infatti, come ha ritenuto il primo giudice, la prospettazione della ricorrente si pone in contraddizione con il comportamento tenuto dalla stessa, la quale aveva provveduto a presentare istanza di delocalizzazione dell’attività nella nuova sede di Forlì, corredata dai necessari documenti, quali il contratto di locazione e il permesso di costruire per l’adeguamento dei nuovi locali.

Si deve qui ribadire, a conferma di questo assunto, che «la gradualità con la quale, nel caso della Regione Emilia-Romagna, l’Amministrazione ha agito, per realizzare la cosiddetta localizzazione costituisce già una misura di salvaguardia degli interessi privati non potendo essere considerata come un ingiustificato ritardo nel conseguimento del fine pubblico per la tutela dei luoghi espressamente qualificati come sensibili” (Cons. Stato, Sez. V sentenza. 11036 del 16 dicembre 2022).

Con il secondo motivo l’odierna appellante censura la sentenza impugnata, assumendo che erroneamente il giudice di prime cure ha respinto sia il primo che il secondo motivo del ricorso introduttivo, giacché la deliberazione giuntale n. -OMISSIS-del 2019, a mezzo della quale il Comune di -OMISSIS- aveva approvato l’aggiornamento della mappatura dei luoghi c.d. sensibili, non rivestiva anch’essa contenuto lesivo.

-OMISSIS- ha censurato l’erroneità di questa valutazione evidenziando, in particolare, che irrilevante doveva ritenersi la contestazione relativa alla distanza dai luoghi sensibili, posto che anche per l’attività da essa svolta doveva parimenti trovare applicazione la delibera della giunta regionale n. 68 del 2019 là dove prevede la clausola di salvaguardia a tutela di investimenti effettuati e del legittimo affidamento degli operatori economici.

Detta norma prevede nello specifico che: “L’aggiornamento della mappatura non ha effetto nei confronti di chi nel rispetto della mappatura vigente esercita l’attività o l’ha delocalizzata, per un periodo congruo a consentire l’ammortamento degli investimenti effettuati comunque non eccedente la durata massima di 10 anni dalla notifica dell’approvazione dell’aggiornamento della mappatura”.

Anche questo motivo è infondato.

Basti qui richiamare, a smentire l’erroneo assunto dell’appellante, quanto questo Consiglio di Stato ha già osservato, nella recente sentenza n. 11426 del 28 dicembre 2022, là dove è stata esclusa l’applicabilità dell’anzidetta clausola di salvaguardia evidenziando, in particolare, che “la delibera di giunta n. 68 del 2019 consente il mantenimento dell’attività per un massimo a 10 anni nei confronti di operatori economici che hanno già delocalizzato, nel caso in cui, rispetto alla nuova ubicazione, venga a trovarsi successivamente un luogo sensibile prima non esistente”

Si è voluto, con tutta evidenza, evitare disparità di trattamento rispetto a coloro che, come l’odierna appellante, non abbiano mai delocalizzato ma siano stati costretti al trasferimento all’esito della prima mappatura.

Anche sotto tale profilo la sentenza del primo giudice appare immune da censure, avendo ben qualificato, oltre alla natura della nota Comune di -OMISSIS- n. -OMISSIS-del 20 gennaio 2020, anche le mappature rispettivamente disposte con delibere della G.C. nn. -OMISSIS-del 2019 e -OMISSIS-del 2017.

Infatti, come correttamente rilevato dal primo giudice, il Comune solo con la seconda mappatura disposta con delibera della G.C. nn. -OMISSIS-del 2019 ha effettivamente individuato i luoghi sensibili posti nel raggio di 500 mt. dalla sala giochi della ricorrente, nulla dovendosi rilevare nella prima mappatura disposta con delibera n. -OMISSIS-del 2017.

Quest’ultima ricognizione effettuata dall’Amministrazione comunale, infatti, era stata qualificata come provvisoria, attesa la necessità di ottenere la mappatura da parte dei comuni contermini, secondo le previsioni della d.G.R. 8312017.

Ad avviso del Collegio, tale elemento contribuisce ad escludere l’esistenza di un affidamento incolpevole in capo alla ricorrente, trattandosi di un operatore economico che da anni operava nel settore della raccolta del gioco lecito e che, presumibilmente, era a conoscenza delle disposizioni normative e amministrative vigenti.

In conclusione, anche per tutte le ragioni esposte, l’appello di -OMISSIS- deve essere respinto, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado di giudizio, tenuto conto delle peculiarità delle questioni analizzate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello proposto da –OMISSIS-, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza impugnata”.

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