Italiani tutelati dalle slot. Ma da tutto il resto chi ci tutela?

 

(Jamma) Se dovessimo stilare la classifica dei mali che affliggono l’Italia sulla base della frequenza e del grado di allarmismo utilizzato non potremmo che convenire sul fatto che le slot, in assoluto, rappresentano a vera emergenza di cui politica e legislatore dovrebbero occuparsi. Prima ancora che del tasso di disoccupazione, della mancata ripresa e del grado di sfiducia degli italiani.

Lo Stato biscazziere, lo Stato a braccetto con le lobbies dei giochi, ‘svende’ la salute degli italiani, compresi i minori, per una manciata di milioni di euro che, a lungo andare, si assottiglia sempre di più a favore dei bilanci dei concessionari privati ( tesi dimostrata con discutibili argomentazioni e formule matematiche).

 

Se il decreto di delega fiscale riuscirà a ‘salvarsi’ dall’onda travolgente della Legge di Stabilità e verrà convertito in legge entro i termini stabiliti potremo sperare che, da lì a qualche mese, il legislatore partorirà una serie di decreti attuati che serviranno a riportare un po’ di chiarezza tra tutto questo ‘chiacchierare’ a vanvera di quanti oggi non mancano occasione di dire la loro sulla dannosità del gioco legale.

 

In caso contrario si prospetta un futuro tutt’altro che roseo per le imprese del settore.

 

Una cosa è certe, le slot, con il carico di disinformazione e la cattiva reputazione che riescono a trascinarsi dietro, hanno permesso e permettono tutt’ora, di tacere sulle scelte politiche i cui effetti sono destinati a ricadere sulla nostra quotidianità.

 

I politici, lo sappiamo, non sono abituati a leggere i provvedimenti su cui sono chiamati ad esprimersi. L’utilizzo sempre più massiccio dei social li sta abituando (e ci sa abituando) a valutare il peso delle informazioni non sulla base della nostra sensibilità a certe problematiche, ma sull’indice di presenza e sulla velocità con la quale si diffondono. Così, di conseguenza, l’indignazione mostrata verso qualcosa che ha fatto presa sulla pubblica opinione paga in assoluto più che l’impegno su questioni di reale importanza. Così sta succedendo alle slot.

 

Meno slot e più contenuti pornografici

Se a partire dal prossimo anno diminuirà il numero delle slot sul territorio italiano ( e non quello dell’offerta di gioco illegale) sapremo sicuramente chi ringraziare tra i parlamentari, gli amministratori locali e i tanti opinion leader che in questi mesi si sono impegnati nella lotta alla vergogna dell’Italia.

La presenza dei bar no-slot sarà un motivo per apprezzare un Paese che ha investito (ricavandone crescenti entrate erariali) sulla diffusione di contenuti pornografici e di incitamento alla violenza.

 

Quello che i crociati anti slot non sanno è infatti che lo Stato, da qui ai prossimi tre anni, conta di quintuplicare gli introiti erariali dalla imposta sulla addizionale sui redditi sulla produzione, distribuzione e rappresentazione di materiale e programmi televisivi di contenuto pornografico e di incitamento alla violenza, nonché di trasmissioni televisive finalizzate a sollecitare la credulità popolare. E’ tutto nero su bianco nell’ultima legge di bilancio all’esame del Senato. La cosiddetta pornotax, introdotta nel 2009 dall’allora ministro Tremonti con l’idea di incassare già nel primo anno almeno 250 milioni di euro, si è rivelata un flop. L’extra tassa applicata alle attività poco etiche non ha superato mai i 14 milioni di euro ma dall’anno prossimo, come per incanto, incrementerà fino ad arrivare a 60 milioni di euro nel 2016. O almeno così sperano i tecnici del Mef. Su quali presupposti nessuno lo sa.

 

La pornotax, diventata ‘operativa’ ufficialmente con la Finanziaria 2006, dopo anni di esistenza solo su carta (e’ stata varata nel 2006 ma non era mai uscito il regolamento attuativo) è stata rispolverata nel 2008 con alcune modifiche come quella dell’incitamento alla violenza o della credulita’. Il giro di affari dell’industria pornografica in Italia veniva valutato nel 2008 in circa 1.338 milioni di euro e per gli anni successivi si ipotizzava una crescita media annua del fatturato pari al 5%. Con l’applicazione della pornotax si calcolava che nel 2009, tra saldo 2008 e acconto 2009 (perche’ la tassa entrava a regime a a partire dall’anno di imposta 2008), il gettito di cassa potesse essere (come scritto nella relazione tecnica del governo) di 254 milioni di euro (146,8 nel 2010, 153,8 nel 2011 e 161,7 nel 2012). Quindi si e’ incassato molto meno. Ma meglio che niente in tempi di ‘vacche magre’ e manovre da decine di miliardi.

L’atteggiamento scandalizzato di quanti criticano una gestione statale delle attività di gioco mal si concilia con l’indifferenza di fronte all’incremento dell’offerta di materiali pornografici e sulla ben poco etica scelta di extratassare quello che , evidentemente, non si riesce a controllare.

 

Il plauso per l’iniziativa dell’istituto bancario che ha scelto di bloccare l’uso delle carte di credito per attività di gioco ( online, va chiarito) non stonerebbe se si decidesse di bloccare anche i pagamenti per l’accesso ai canali televisivi hot o l’acquisto di materiale pornografico. Ma forse questa iniziativa non avrebbe il giusto rilievo sui social.

Così che si vada avanti con la guerra alle slot. L’industria del settore, quella dei brutti e cattivi, ne soffrirà, ma la cosa non è poi così grave.

 

Le società concessionarie più strutturate, quelle quotate o in procinto di quotarsi in Borsa, stanno già diversificando il loro business puntando ad attività che esulano dal gioco e puntano a servizi attraverso carte prepagate e il canale delle ricevitorie. Guarda caso anche attraverso il pagamento dei servizi per l’accesso ai canali porno. E anche questa è Italia!

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