“A volte occorre fare considerazioni scomode e politicamente non allineate al main stream. Il nostro settore – osserva l’ingegner Francesco Gatti (nella foto), Consigliere SAPAR, esprimendo opinioni a titolo personale – è da qualche anno al centro di attacchi violenti ed ingiustificati che mischiano il contenimento del gioco compulsivo a posizioni e preconcetti che sono decisamente poco allineate alla realtà.

I numeri, questi importantissimi numeri, nessuno li ha. Si fanno stime, si ragiona per approssimazioni poco convincenti e si confondono importi, cifre giocate, spesa del giocatore e impatto sulla pubblica economia.

I comportamenti forsennati, se riguardano il gioco, vengono sempre, con troppa leggerezza, associati a una dipendenza patologica e non sono mai affrontati con la corretta maturità che ci impone di guardare le cose per come sono.

A me spiace deludere i vari Jarrè che senz’altro fanno il loro mestiere con passione e preparazione, ma le cose non sono sempre legate a dipendenza.

Comprendo questi ragazzini, milionari e annoiati dalla splendida vita che fanno, che colti in fallo si difendono dichiarandosi ludopatici.

Ma è ora di finirla.

E sarebbe ora di finirla anche con tutte le scemenze di troppe associazioni e troppi individui che fanno della ludopatia il vessillo del proprio impegno sociale: a pagamento ovviamente.

Quando ero bambino si chiamava vizio, il famoso vizio del gioco. C’è chi fuma, chi beve e chi gioca. E’ così da millenni: hanno giocato a dadi le vesti di Gesù Cristo: i centurioni Romani responsabili dello scempio si saranno certamente giustificati davanti al Padre Nostro dichiarandosi Ludopatici.

La deriva culturale legata al nostro settore è inarrestabile e continuerà ad esserlo finche non avremo il coraggio di tornare a chiamare le cose come sono: vizi.

Non discuto che una piccola, piccolissima, minuscola parte della popolazione sia stata travolta dalla febbre del gioco, ma torniamo a dare i numeri, quelli seri però.

Nel solo 2018 a Parma, la mia splendida città, si sono distribuiti 360mila euro per il contrasto alla ludopatia. 400mila nel solo 2020. Ma quante persone erano in cura?

A Parma erano 102 persone nel 2018, 89 nel 2020. Nel 2018 erano però in cura per abuso di alcol e droghe un totale di 1296 più 538 utenti. Nel 2021 il numero è: 1335 per problemi con droghe e farmaci e 486 per abuso di alcol.

Ricordo che i giochi più giocati sono nell’ordine: Gratta e vinci (74%), Lotto (25%), SuperEnalotto (43,3%), 10 e lotto (8,8%), Totocalcio e Totogol (5,3%), bingo (7,8%), Scommesse sportive (33,3%), slot machine al 8% e VLT al 1,3%.

Questi numeri cosa dicono? Esiste una dipendenza da gioco che interessa 89 persone su una provincia di 450.000 abitanti. Dei quali il 74% giocano a Gratta e vinci, il 25 al Lotto e cosi via, e per l’8 percento alle slot machine.

Quali sono le azioni intraprese per indebolire il gioco d’azzardo compulsivo – grande minaccia che riguarda, ricordiamolo bene, 89 persone su 450 mila abitanti -? 

L’azione è spostare le slot machine, chiudere le sale, eliminare il gioco stanziale dai bar, tabaccherie ecc. Ma l’obiettivo esatto è difendere il giocatore (89 persone su 450mila) o stimolare l’uso di altre tipologie?

Come mai non si intraprendono azioni verso le altre forme di gioco? Come mai nessuno di questi guru della Ludopatia solleva la questione contro le forme di gioco che, dai loro dati, sono le più diffuse?

Come mai consentiamo ancora queste scempio del nostro settore e non abbiamo il coraggio di urlare ciò che è vero?

Le associazioni di cui mi pregio di far parte, hanno certamente avuto un ruolo in questo: sono state inefficaci o inascoltate. O semplicemente non hanno avuto la forza di portare avanti una battaglia che è diventata oramai ideologica.

E oggi ci troviamo nella paradossale situazione in cui se parte un servizio TG sul giocatore invischiato nel calcio scommesse clandestino le immagini che scorrono sono quelle delle slot machine dei bar. Ma davvero vogliamo continuare a voltarci dall’altra parte?

Cosa dobbiamo dire oggi se non una sola cosa: basta.

Non è più accettabile diffondere denaro a pioggia per curare dipendenze veramente marginali. 

Non è accettabile subire incessantemente la gogna mediatica legata al nostro lavoro senza sollevare una mano e esporre ragioni che vanno oltre la difesa del nostro operato, ma che riguardano l’intero progetto di comunicazione che è mancato in questi decenni.

Come sono stati spesi gli oltre 50 milioni all’anno che il nostro settore versa per il contenimento del gioco compulsivo? Anzi: del vizio del gioco?

Chi ha gestito questi fondi e con quali risultati? Come spiegare che non si fa nulla per le forme più giocate mentre si continua a ridurre la forma meno giocata?

Serve coesione ma lucidità. E’ inaccettabile continuare a sentire parlare a vanvera di Ludopatia come paravento di qualsiasi forma di abuso e di eccesso: si chiama vizio.

A volte c’è una dipendenza che nasce e che nasconde altri disagi. 

A volte questi disagi si nascondono all’opinione pubblica e la chiamano Ludopatia. 

Per convenienza o per la volontà di giocare, questo sì, con le parole.

Ma se non iniziamo a dare un nome corretto alle cose finiremo col morire sacrificati sull’altare del politically correct. 

Inserisco le fonti così da non essere messo in discussione

https://parma.repubblica.it/cronaca/2022/07/22/news/ausl_di_parma_il_41_dei_nuovi_utenti_preso_in_carico_per_problemi_di_dipendenza_primaria_da_cocaina-358743022/“.

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