Abbiamo ripristinato il Totocalcio, ma non lo sa nessuno, perché non si può comunicare”. Lo ha dichiara il ministro per lo sport e i giovani, Andrea Abodi,in audizione dinnanzi alla commissione inchiesta Periferie della Camera, parlando del complicato rapporto tra il Totocalcio e le leggi anti ludopatia: “Gli effetti benefici del Totocalcio, che hanno destinato anche una percentuale a Sport e Salute per attività sociali, di fatto non producono quasi niente, perché non si sa, non si conosce e non si riconosce”, ha aggiunto. Come già accaduto in passato il Ministro ha ribadito il proprio convincimento sulla necessità di contrastare il gioco illegale mentre sostiene che ciò che è oggetto di concessioni pubbliche e che dà una relativa soddisfazione alle finanze pubbliche debba essere promosso e tutelato. La comunicazione è lo strumento che può consentire di tracciare la linea di confine tra gioco legale e illegale nonché di indicare il senso del limite una persona può scommettere in un certo periodo di tempo per controllare il rischio di ludopatia presìdi sui quali il Governo sarà sempre impegnato. 
L’impossibilità di scommettere legalmente crea anche un problema di competitività perché tutti i club sportivi che non possono beneficiare di questo introito nel confronto con Paesi europei che hanno risorse di questo tipo. 
Abodi ha definito ipocrita l’aver vietato il diritto alla scommessa per poi consentire una comunicazione parallela degli stessi siti che promuovono semplicemente un indirizzo web che porta inevitabilmente comunque a scommettere e ritiene quindi che quanto meno se ne possa parlare. Ricorda quello che venne fatto dall’agenzia demanio e monopoli proprio sul gioco legale i primi anni duemila che servi non tanto, ad incrementare le scommesse, quanto nella distinzione di luoghi fisici o virtuali nei quali era possibile scommettere legalmente rispetto a quelli che offrivano servizi illegali che alimentano l’economia criminale. Il diritto alla scommessa anche dalla denominazione prende spunto dall’esperienza nata in Francia. Ritiene corretto, giusto e lineare che quando si è creata una catena del valore che si basa sulla organizzazione di un evento sportivo, di qualsiasi genere, che a questa catena del valore partecipi anche l’organizzatore. Sembra infatti che non si chiuda il cerchio, nel momento in cui di questa organizzazione di un soggetto privato ne benefìci lo Stato con l’agio, ne benefìci chi gioca e chi scommette con il montepremi e ne beneficino le aziende concessionarie e non ne prenda parte in qualche maniera anche l’organizzatore dell’evento. Ribadisce che questo è lo spirito con il quale il Governo ha lanciato un’idea che, non è un atto, di disconoscimento dei significati profondi del «decreto dignità» ma è semplicemente un contributo a ripensare il modello sul presupposto che permanga la tutela del consumatore, permanga il presidio al contrasto alla ludopatia ma vengano riconosciuti anche dei diritti rispetto, da un lato acquisisce una concessione dall’altro a chi organizza un evento che crea valore.

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