Diffusa la preoccupazione per una “tassa sulle skin” e l’aumento del Canone di concessione

Venerdì prossimo potrebbe arrivare in Commissione bilancio e finanze del Senato la prima stesura del provvedimento di riordino del gioco pubblico atteso con la manovra finanziaria per l’anno 2024.

Difficile ipotizzare che il testo possa contenere regole per il gioco fisico, il riordino della raccolta in presenza deve necessariamente passare in sede di Conferenza Unificata e ottenere una condivisione molto ampia tra i rappresentanti delle autorità territoriali per raggiungere l’efficacia nell’applicazione sul territorio.

L’esperienza maturata nel passato avverte della difficoltà di questo passaggio, che comunque non è ancora in calendario tra i lavori della Conferenza Unificata e, in questo momento politico in cui la maggioranza è spesso vittima di quello che viene definito “fuoco amico”, è estremamente difficile che l’Esecutivo si impegni in un’avventura di questo tipo nel breve termine.

Così non resta che pensare ad un riordino dell’offerta di gioco da remoto e al bando di gara per questo servizio. Qualcuno ipotizza un bando per il mese di maggio del prossimo anno, ma a quali condizioni?

Del gioco online si parla molto, spesso anche a sproposito, perché come avviene per tutte le attività svolte sulla Rete è difficile da regolamentare e c’è grande difficoltà a quantificarne il volume di affari.

Così come avviene in altre nazioni europee, dopo la grande crescita registrata nei periodi di confinamento imposti per contrastare la diffusione della pandemia, anche in Italia il numero dei giocatori che accedono all’offerta online regolamentata tende a diminuire e il volume delle giocate non aumenta più con la stessa accelerazione registrata nel periodo COVID.

Per questo molti denunciano un importante mercato illecito e clandestino del quale è possibile solo ipotizzare l’esistenza in termini quantitativi.

Quanto pesa il gioco online per l’Erario?

In base ai dati conosciuti è di circa un miliardo di euro il contributo che versano all’Erario i concessionari del gioco da remoto (pagano circa il 25% sull’importo delle giocate sottratto delle vincite o GGR). Supponendo un intervento che favorisca l’emersione del gioco illegale, nell’ipotesi sia altrettanta (4 miliardi) la raccolta del gioco clandestino e questa fosse riportata a tassazione, il Governo potrebbe ottenere circa 1 miliardo di euro in più per l’Erario.

Ricordiamo che 2 miliardi di euro sono meno della metà di quanto garantisce all’Erario la raccolta di gioco in presenza.

Per arrivare a tale importo, comunque, è indispensabile fare grandi sforzi, introdurre nuove modalità di contrasto all’illecito e condizioni che attraggano gli operatori illegali con vantaggi che inducano l’emersione del gioco senza imposte. Si parla già di nuovi interventi sui fornitori di sistemi di pagamento che insieme al blocco dei siti Web interrompano le attività dei giocatori su giochi non regolarizzati. Basterà?

Attualmente sono 81 i concessionari riconosciuti nel sistema del gioco pubblico, se le voci di questi giorni venissero confermate per ciascuna concessione questi concessionari saranno chiamati a pagare 7 milioni di euro, per un importo complessivo di 567 milioni di euro.

Qualcuno ipotizza anche la richiesta di una fideiussione di quattro milioni di euro per ciascuna concessione, anche se al momento resta oggettivamente difficile capirne lo scopo. Forse una garanzia sarà necessaria ma a copertura di un importo più basso di quello ipotizzato.

Più probabile l’ipotesi di un canone di concessione applicato al volume di gioco, le indiscrezioni parlano di un’aliquota del 2 o del 2,5 percento che porterebbe all’Erario circa 100 milioni in più con il volume attuale del giocato e molto di più nell’ipotesi di emersione del gioco offerto dai siti dot.com.

Occorre osservare che il sistema della raccolta del gioco online è articolato, attualmente prevede l’offerta da circa 490 indirizzi Internet riconducibili alle attuali concessioni e le offerte provenienti da paesi dove il gioco online è regolato diversamente o non regolamentato.

Ogni sito Internet di gioco legale potrebbe essere visto come una skin e qualcuno sostiene che al costo della concessione vada aggiunto un importo per ciascuna skin che può arrivare fino a 300.000 €.

Sarebbe un bagno di sangue per gli operatori. Lo riteniamo improbabile. Per mantenere gli attuali indirizzi attivi sul Web i concessionari si troverebbero ad affrontare una spesa di circa 147 milioni milioni di euro. In questo caso l’ipotizzata emersione del gioco illegale temiamo che non ci sarà, più credibile è prevedere una fuga verso il mercato illegale anche da parte degli attuali operatori regolamentati.

Altro tema particolarmente dibattuto negli ultimi mesi e la questione della regolamentazione del PVR (Punto Vendita Ricariche), le indiscrezioni parlano di una sanatoria per questi punti di distribuzione di servizi per il gioco ai quali verrebbe concessa una licenza di cui all’articolo 86 o 88 del TULPS a fronte del pagamento di un importo annuale di circa 50€. Fermo restando il divieto di intermediazione, un’imposizione di questo tipo, considerando che sono circa 70.000 i PVR in attività sul territorio italiano, porterebbe 3,5 milioni di euro all’Erario.

Ma 50 euro per vendere ricariche potrà essere una cifra sostenibile per il titolare del PVR? Sarà ritenuta di interesse tra i punti che già adesso vendono ricariche e fanno intermediazione per i siti dot-com?

A queste domande, probabilmente, non troveremo risposte nemmeno venerdì, quando potremo forse leggere la prima versione del provvedimento di riordino. Speriamo solo non arrivi ancora una volta un provvedimento punitivo per il settore.

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