(Jamma) Dopo avere ripetutamente sollecitato lāintervento del Ministro De Girolamo affinchĆ© risolvesse i problemi burocratici e tecnici che il Ministero di cui ĆØ a capo sta riscontrando nellāespletare il processo di pagamento dei debiti di Stato verso il comparto ippico, siamo a constatare una semplice quanto avvilente e tragica realtĆ : lo Stato ā ha dichiarato Enrico Tuci degli Imprenditori Ippici Italiani – non ĆØ in grado di pagare fatture regolarmente emesse da cittadini creditori.
Aziende storiche e importanti nella tradizione ippica italiana come i Botti non hanno ancora ricevuto il pagamento dei premi di Gennaio 2013. Quella di Gennaio 2013 era lāunica mensilitĆ Ā (dal Settembre 2012, periodo di inizio della nostra odissea) a poter essere pagata grazie allo sblocco dei nostri soldi.
Lāippica, giĆ eccellenza italiana, non chiede infatti che il suo debito venga saldato con risorse statali, ma solamente di ricevere i soldi che sono frutto del lavoro del comparto stesso, ma che, dopo lāabolizione dellāente Assi, sono purtroppo confluiti nelle casse dello Stato, per perdersi qui tra burocrazia, mala gestione e chissĆ quali altri meandri oscuri.
Eā evidente a questo punto che il Ministero sta mentendo; oltre a non essere in grado di svolgere il suo lavoro nellāadempimento delle pratiche che ci riguardano.
Del resto quando la giornata lavorativa al Ministero termina alle 16.00 o prima (questo purtroppo lo sappiamo bene viste le innumerevoli telefonate in cui lāapparecchio squillava a vuoto) non possiamo pretendere che le cose funzionino come in un Paese civile.
Ci rammarichiamo molto del fatto che tutte le comunicazioni ufficiali inviate al Ministero tramite piĆ¹ mezzi di comunicazione: raccomandate, telegrammi, mail, lettere aperte, siano rimaste inascoltate e senza il minimo riscontro, anche solo formale.
Abbiamo chiesto invano che fosse avviato un procedimento interno per verificare le responsabilitĆ personali degli enormi disservizi che sono causa di fallimenti quotidiani di aziende che non ricevono i soldi che spettano loro.
Non siamo riusciti a sapere nemmeno il nome di chi sia il responsabile del procedimento con cui dovrebbero venire evasi i pagamenti, per capire, una volta tanto, a chi imputare responsabilitĆ che solitamente restano impunite.
Eā uno Stato sordo il nostro, o che non vuole sentire: e se fosse stato un privato a comportarsi cosƬ?
Tutto questo ĆØ assurdo: uno Stato che si indebita con i propri cittadini ĆØ assurdo; uno Stato che non paga i debiti contratti (da quasi un anno) verso italiani che con questi debiti, se saldati, potrebbero produrre occupazione e stipendi, ĆØ indegno di essere chiamato tale. Alla luce di tutto ciĆ², – conclude Tuci – di una crisi che morde sempre piĆ¹ a fondo, e di una conclamata incapacitĆ delle Istituzioni di gestire il momento difficile tanto da indurre persone al suicidio, uno Stato che non ascolta o addirittura mente ai propri cittadini non merita nulla, ma continuerĆ ad imporsi coattamente su tutti noi, fino a che non sarĆ rimasto piĆ¹ nessuno, almeno per quanto riguarda lāippicaā.