Sconti “fiscali” agli esercizi che rinunciano alle slot? Ecco i motivi della loro illegittimità

(Jamma) Bello a dirsi, difficile a farsi. Sono molti i Comuni (e anche le Regioni) che pensano di “comprare” la pubblica benevolenza attraverso sconti tributari agli esercizi che rinunciano alle slot lecite e autorizzate. Alle cittadinanze si rimanda la valutazione di una scelta amministrativa che, con l’attuale crisi, rischia di rendere alternativo un asilo nido (o la manutenzione delle strade) con qualche bar senza slot (lecite).

La scelta amministrativa, spiega l’avv. Michele Franzoso del centro studi Astro, può essere sindacata sotto il profilo della sua aderenza ai canoni normativi vigenti.

In via preliminare, si evidenzia che tali disposizioni dovrebbero trovare applicazione all’interno di un sistema di misure già previsto dalla legislazione statale, ed in particolare dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 158 del 2012, nonché dall’articolo 14 della legge di delega fiscale in gestazione al Senato dopo l’approvazione della Camera dei Deputati.

L’esenzione o la riduzione di un tributo dovuto, poi, trovano giustificazione esclusivamente nell’ambito degli articoli 3 e 53 della Costituzione, posto che l’Ordinamento consente il ricorso a tali strumenti solo per la rimozione degli ostacoli all’uguaglianza dei cittadini e per rispettare il principio della capacità contributiva. Nel caso di specie, tali condizioni non sussistono e per di più vertono a perseguire una riduzione di attività sottoposta a specifica forma di imposizione (il PREU) il cui gettito è riservato allo Stato. Lo stesso articolo 117 della Costituzione, poi, non consente di intravvedere – all’interno della competenza regionale in materia sanitaria – una facoltà legislativa regionale o comunale sul profilo tributario che tragga motivazione dal contrasto alla ludopatia.

I tributi di tipo comunale, infine, non sono suscettibili di disposizione da parte delle Regioni. Va evidenziato infatti che anche i tributi comunali hanno natura giuridica di tributi erariali, in quanto istituiti e disciplinati nei loro aspetti essenziali da leggi dello Stato, e quindi, ex articolo 117 comma 2 COST, rientrano nella competenza esclusiva dello Stato. Del resto l’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, nel disciplinare la competenza regolamentare dei comuni relativamente alle rispettive entrate, fa salve “la individuazione e la definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e delle aliquote massime dei singoli tributi”.

Gli sconti o le esenzioni ai locali no-slot rientrano pertanto nel divieto previsto dalla norma citata da ultimo, relativamente all’individuazione dei soggetti passivi.

A tutto ciò, poi, si somma anche la normativa europea, contraria ai sussidi pubblici alle attività economiche, che non siano motivati da una serie tassativa di ragioni che nel caso di specie non sussistono.

Gli sconti fiscali rientrano tra le previsioni di “sussidi”, così come anche le agevolazioni contemplate anche solo da Enti territoriali rientrano a pieno titolo tra le forme “pubbliche” di aiuto non consentite.

Agli esercenti che dovesse essere proposto o offerto tale “sconto” o “esenzione” andrebbe quantomeno prospettato la eventualità (molto probabile) di dover poi restituire il “condonato” con tanto di interessi.

 

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