Pucci(AS.TRO): “Voglio essere finlandese!”

(di Massimiliano Pucci – presidente AS.TRO)

 

Martedì 22 ottobre 2013, alle ore 21.10, leggevo il saggio del dott. Maneri “il panico morale come dispositivo di trasformazione dell’insicurezza”, pubblicato sul numero n. 1/2001 della rassegna italiana di sociologia, che mi permetto di consigliare vivamente a tutti coloro che intendono capire come è possibile che in Italia “la slot” attiri più attenzione mediatica dei danni “certi” derivanti dal biocidio e dall’alcoolismo.

Nell’attesa dell’inizio della puntata di Ballarò, mi preparavo ad ascoltare le solite notizie che sul gioco spesso si affermano in tv, del tipo “cataclismi naturali connessi al calore sprigionato dalle slot, bambini venduti per reperire denari da giocare alle slot”, intere città trasformate in scenari post bellici perché tutti giocano alle slot h. 24 e nessuno va più al lavoro o torna più a casa”.

Ad un tratto, la mia attenzione viene catturata da un servizio in cui si parla della efficienza dei servizi in Finlandia, e che esordisce con una visita ad una struttura meravigliosa, moderna, luminosa ed armoniosa.

L’inviato ne intervista una responsabile, una gioviale e cortese signora, che vi lavora come insegnante e che illustra i vari comparti di uno dei tanti edifici che lo Stato finlandese mette a disposizione delle associazioni no profit che assistono le persone affette da deficit e immigrati, offrendo aule attrezzate per l’insegnamento, palestre, piscine, zone ricreative, punti di riabilitazione, utilizzabili anche anche dai docenti delle scuole.

Nell’immediatezza scatta in me il desiderio di ritrovarmi finlandese, soprattutto quando l’intervistata spiega che tutti i progetti di aiuto e sostegno alle sono realizzati con finanziamenti derivanti dal comparto del gioco pubblico. Ci informa infatti che le risorse utilizzate arrivano loro dal gioco del lotto e dai finanziamenti della Slot Machine Association, e senza alcun imbarazzo annuisce quando chiarisce che “qui chi gioca, gioca per noi”.

Improvvisamente vedo concretizzarsi in questa realtà nord europea quel progetto che è stato sempre promosso da AS.TRO.

Arrivare a vivere in un Paese in cui il gioco sia un servizio pubblico controllato dallo Stato, responsabilmente accessibile a tutti i maggiorenni, i cui proventi erariali siano integralmente devoluti ai progetti di assistenza sociale, sanitaria, all’elevazione culturale, alla formazione didattica, alla ricerca e allo sviluppo. Un Paese civile e leale, in cui le Associazioni no profit siano selezionate e formate secondo rigore, affinché possano beneficare di un regolare e consistente flusso di risorse, a totale copertura dei loro costi. Un Paese in cui non si debba ricorrere al panico morale per demonizzare un costume di vita contrario ad una determinata etica, ma che possa permettersi di dire “se giocate, fatelo sempre con cautela, sapendo che neppure un euro di introito erariale dal gioco sarà devoluto per scopi diversi “ da quelli enunciati in principio. Un Paese in cui le scuole ed i centri di riabilitazione per i portatori di handicap e gli immigrati manifestino la gratitudine ai cittadini, non però per la pietà mostrata nelle donazioni, ma per aver contribuito al successo di un progetto pubblico di solidarietà nazionale.

Il “Sogno di Essere Finlandese” riposa nella cultura di AS.TRO sin dal giorno della sua costituzione. Da sempre l’associazione avanza alle Istituzioni la proposta di una “legge di scopo”, che sia sinonimo di trasparenza e impegno sociale. Sin dai primi documenti associativi, infatti, si è sempre evidenziato che il fondamento dell’azione rappresentativa doveva essere il patrocinio di un progetto simile a quello intrapreso, da Tony Blair, in Gran Bretagna, laddove già da 15 anni, vige una legge di scopo che devolve la totalità dei ricavi erariali da gambling al comparto sociale.

La Gran Bretagna di Tony Blair ha fatto da “apripista”, ed altri Paesi ne hanno seguito l’esempio, visto che oltre al “sogno finlandese”, anche la realtà della Spagna è connotata dalla totale devoluzione dei proventi erariali della lotteria nazionale alla cura dei bambini ciechi.

Se è quindi vero che può esistere un “gioco buono”, la celebre citazione di Bob Kennedy non diventa più solo una colta esternazione fine a se stessa, ma un monito per tutti noi. “C’è chi guarda alle cose come sono e si chiede: perché ? Io penso a come potrebbero essere, e mi chiedo: perché no?” .

Il panico morale, che oggi opprime una delle poche risorse industriali rimaste ancora sotto il controllo statale, nasconde una verità oggettiva che prima o poi anche gli italiani scopriranno: se da noi il gioco è il “male” , ma altrove “fa il bene”, cosa impedisce di renderlo tale?

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