Il Tribunale Amministrativo di Roma ha respinto il ricorso di una sala giochi contro il provvedimento di chiusura per la durata di 10 giorni per aver permesso l’accesso ad un minore di 18 anni.

La tesi del ricorrente si basava sulla responsabilità del dipendente, presente al momento del controllo, e non alla società titolare della concessione.

Il collegio ha ritenuto che:

a tal proposito giova premettete che, ai sensi dell’art. 24, comma 21, del d.l. n. 98/2011 “il titolare dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinque mila a euro venti mila. Indipendentemente dalla sanzione amministrativa pecuniaria e anche nel caso di pagamento in misura ridotta della stessa, la violazione prevista dal presente comma è punita con la chiusura dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco da dieci fino a trenta giorni”.

Ne discende, pertanto, come quale che fosse il soggetto “imputabile”, la ricorrente aveva, nel caso di specie, il preciso obbligo di vigilare e di impedire l’ingresso del minore identificandolo già prima che entrasse nel negozio di scommesse, organizzando, sotto la propria responsabilità, l’attività in modo tale da evitarne l’accesso anche solo occasione nei locali dove si svolge esclusivamente un’attività di gioco con vincita in denaro – di per sé pericoloso e ad elevato rischio ludopatico – controllando le persone che partecipano ai giochi .

Lo stesso è a dirsi per il motivo di ricorso con cui la società lamenta, altresì, una (presunta) falsa applicazione del principio del contraddittorio per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, invocando l’art. 7 della l. n. 241/90, il quale sancisce che “ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi”, in ossequio a quanto stabilito al successivo art. 21 octies, comma 2, periodo secondo, a mente del quale “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Assume, infatti, al riguardo rilievo dirimente come, nel caso specifico, atteso l’interesse a tutela del quale l’amministrazione ha agito (quello dei minori), la sanzione della chiusura – peraltro irrogata nella misura minima prevista dal Legislatore – rappresenti, a fronte della precipua violazione contestata, un atto dovuto, sicché risulta palese che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso pur se, a seguito dell’invio alla parte interessata della comunicazione in parola, fosse stato instaurato un rituale contraddittorio procedimentale.

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