Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha respinto l’appello proposto dal Comune di Cavernago (BG) contro un operatore, rappresentato e difeso dall’avvocato Cino Benelli (nella foto), per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), resa tra le parti.

L’operatore aveva impugnato: a) il provvedimento del 10 luglio 2018 del Questore di Bergamo nella parte in cui prevede per il rilascio della licenza per la raccolta di scommesse ex art. 88 TULPS che “è fatto obbligo di osservare gli orari comunali vigenti”; b) la deliberazione del Consiglio comunale di Cavernago n. 12/2018 recante “approvazione regolamento per il contrasto al fenomeno della ludopatia derivante dalle forme di gioco lecito”; c) l’art. 6 del predetto regolamento, e dello schema di regolamento unico per il contrasto al fenomeno della ludopatia, approvato dall’Assemblea dei Sindaci dell’Ambito Territoriale di Seriate in data 27 novembre 2017.

Con ricorso per motivi aggiunti, la Società ricorrente aveva impugnato, altresì, l’ordinanza del Sindaco del Comune di Cavernago con la quale è stata disposta l’interruzione del gioco con gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lett. a) e b) del TULPS dalle ore 23.00 alle 9.00. La sentenza appellata ha accolto in parte il ricorso disponendo l’annullamento limitatamente all’art. 6 del Regolamento per il contrasto al fenomeno della ludopatia derivante dalle forme di gioco lecito (approvato dall’Assemblea dei Sindaci dell’Ambito territoriale di Seriate in data 27.11.2017 e dal Consiglio Comunale di Cavernago con deliberazione n. 12/2018 del 5.3.2018) e all’ordinanza sindacale del Comune di Cavernago n. 4 dell’1.8.2019 avente ad oggetto la disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, lettera a) e lettera b) del TULPS (R.d. 18.6.1931 n. 773).

La sentenza:

  • respingeva l’eccezione sulla tardività dell’impugnazione del regolamento sulla ludopatia (approvato il 5.3.2018 e pubblicato all’albo pretorio del Comune di Cavernago dal 9.3 al 24.3.2018), in quanto l’interesse all’impugnativa sorgeva in capo alla ricorrente solo dopo il rilascio della licenza da parte della Questura di Bergamo in data 10.7.2018 e solo dopo l’emissione dell’ordinanza sindacale ex art. 50, comma 7, d.lgs. n. 267/2000, a collegamento dell’apertura della sala da gioco con il funzionamento degli apparecchi elettronici;
  • respingeva l’impugnazione della licenza rilasciata il 10.7.2018 dalla Questura di Bergamo, ritenendo legittimo l’obbligo imposto da quest’ultima al rispetto degli orari di apertura regolato secondo le determinazioni del Comune di Cavernago, in base all’espressa competenza prevista, in punto, in capo agli Enti Locali ex art. 50, comma 7, d.lgs. n. 267/2000;
  • accoglieva la richiesta di annullamento del regolamento sulla ludopatia, limitatamente all’art. 6, e all’ordinanza sindacale n. 4 dell’1.8.2019, in quanto la prevista limitazione di orario (dalle ore 23,00 alle ore 9,00) integrava un’impostazione non coerente con i dati raccolti e con la legislazione vigente, che priva la licenza rilasciata dalla Questura di una porzione significativa del suo contenuto economico senza incidere sul particolare fattore di rischio per i giocatori.

Nella sentenza del Consiglio di Stato si legge: “Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto il ricorso ricevibile. Per l’appellante, nella fattispecie in esame la previsione di una limitazione oraria mira a contrastare il fenomeno della ludopatia, inteso come disturbo psichico che induce l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano familiare e professionale, nonché con l’innegabile dispersione del patrimonio personale. Nel caso di specie, la determinazione del Comune di Cavernago si è basata su un’adeguata istruttoria, validamente riconosciuta dal giudice di primo grado e su una equilibrata ponderazione dei plurimi interessi in gioco, senza mortificare l’iniziativa economica dei soggetti coinvolti: mediante la riduzione degli orari, viene limitata l’offerta di gioco senza, tuttavia, sacrificare eccessivamente l’interesse dei privati gestori delle sale da gioco, i quali possono usufruire di un’ampia fascia oraria per l’apertura al pubblico dell’esercizio (dalle ore 9.00 alle ore 23.00 di tutti i giorni, compresi i giorni festivi).
Ne conseguirebbe la piena legittimità degli atti amministrativi adottati dal Consiglio Comunale e dal Sindaco, di limitazione dell’apertura delle sale da gioco nelle ore notturne, quale misura adeguata al contrasto e alla prevenzione del fenomeno della ludopatia presente sul territorio comunale e nell’ambito territoriale di Seriate, atteso che tali atti conseguono ad un approfondito e puntuale lavoro di analisi, con l’obiettivo, da una parte, di limitare gli effetti pregiudizievoli sulla salute dei giocatori e, dall’altra, di salvaguardare la legittima libertà d’intrapresa
economica dei soggetti gestori delle sale da gioco.

L’operatore ha eccepito, in via preliminare, la nullità del ricorso in appello per omessa sottoscrizione, non constando la sottoscrizione apposta sull’atto di impugnazione da parte del difensore abilitato al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, nonché la nullità del ricorso in appello per omessa notifica alle Amministrazioni statali appellate presso l’Avvocatura Generale dello Stato. Nel merito, contesta la fondatezza dell’appello.

Per il Ministero dell’interno, scopo del legislatore è, nella sostanza, di demandare agli enti locali l’introduzione di una disciplina che possa fungere da deterrente per il soggetto affetto da ludopatia, prevedendo, tra l’altro, limitazioni dell’orario di apertura degli esercizi di raccolta di scommesse onde ridurre la durata del gioco da parte degli utenti. Un corretto bilanciamento dei principi in conflitto — tutela della salute degli individui e tutela dell’iniziativa economica privata — non potrebbe che condurre ad affermare la prevalenza dell’esigenza di protezione dell’integrità psicofisica dei cittadini sottostante ai provvedimenti impugnati. La circolare del 19 marzo 2018 diramata dal Ministero dell’interno in tema di licenze ex art. 88 TULPS per l’esercizio di attività di scommesse, di sale giochi con apparecchi videolottery e di sale bingo impartisce alle Questure l’indicazione, in sede di rilascio dell’autorizzazione, di tenere conto anche della normativa in tema di distanze minime e di orari di apertura e di chiusura stabiliti dal Comune. Ciò conformemente all’orientamento del Consiglio di Stato, che ha confermato il principio secondo il quale, nella materia d’interesse, oltre alla verifica dei requisiti previsti dalla vigente normativa in materia di ordine e sicurezza pubblica, le Questure debbano tenere conto anche della disciplina regionale o locale in tema di distanze minime dai luoghi qualificati come sensibili e di orari di gioco.

Le valutazioni del Questore prodromiche al rilascio dell’autorizzazione ex art. 88 non risulterebbero, inoltre, invasive delle prerogative riconosciute ai comuni dalle leggi regionali in tema di contrasto al gioco d’azzardo patologico che la circolare ha espressamente fatto salve, e si allineerebbero ai principi stabiliti dall’intesa raggiunta in sede di Conferenza Unificata il 7 settembre 2017, nell’ottica di un’armonizzazione delle esigenze di contrasto del gioco d’azzardo patologico con quelle di tutela, per quanto possibile, degli investimenti esistenti, recepiti nell’art. 1, commi 1048 e 1049 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di stabilità 2018).

L’appello è infondato nel merito, potendosi assorbire le eccezioni preliminari formulate dall’operatore. Ed invero, con riferimento al primo motivo dedotto, con cui viene eccepita l’irricevibilità del ricorso di primo grado, perché notificato l’8 ottobre 2018, a fronte dell’impugnazione del regolamento sulla ludopatia approvato con delibera del consiglio comunale del comune di Cavernago n. 12 del 5 marzo 2018, deve osservarsi che, come già statuito dal Tar, il regolamento impugnato, seppur pubblicato sull’Albo pretorio del Comune fino al 24 marzo 2018, ha assunto portata lesiva per la Società solo nel momento in cui è stata emessa l’ordinanza appellata, impugnata nei termini con il ricorso per motivi aggiunti, che, nel consentire l’apertura al pubblico della sala condotta dall’odierna appellante, ha espressamente obbligato il titolare al rispetto degli orari comunali previsti dal suddetto regolamento. Infatti, “Prima del pronunciamento dell’autorità competente sugli orari (sindaco) la decisione del consiglio comunale aveva inevitabilmente solo un valore di indirizzo. L’attuazione di tale indirizzo poteva avvenire in modo pedissequo, come nel caso in esame, ma avrebbe anche potuto contenere eccezioni e precisazioni, il che spostava l’interesse all’impugnazione dal regolamento all’ordinanza del sindaco” (cfr. sentenza appellata). Riguardo alle ulteriori censure, come risulta da consolidato orientamento giurisprudenziale, l’intervento regolatorio in materia deve avvenire previo esperimento di un’istruttoria specificamente riferita al territorio comunale, anche al fine di garantire la tenuta in concreto dei superiori princìpi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa di rango costituzionale ed eurounitario (cfr., Consiglio di Stato, Sez. I, pareri nn. 449/2018; 1418/2020; 1143/2021).
In particolare, con parere n. 449/2018 del 20 febbraio 2018 è stato affermato che: “i motivi di interesse generale che consentono le limitazioni di orario in discorso non possono consistere in un’apodittica e indimostrata enunciazione, ma debbono concretarsi in ragioni specifiche, da esplicitare e documentare in modo puntuale”.

Invero, per consolidata giurisprudenza, non è sufficiente il richiamo a fatti notori e affermazioni relative al fenomeno in generale, dovendo essere evidenziata una realtà particolarmente preoccupante, desumibile da una fonte certa. Come affermato dal Tar, quindi: “la tutela dei giocatori più fragili deve essere assicurata in modo conforme al principio di proporzionalità, e quindi solo nei limiti in cui sia realmente necessaria”. Deve essere, in particolare, fornita la dimostrazione della necessità sullo specifico territorio di riferimento di una maggior tutela rispetto a quello nazionale che possa essere raggiunta con quella determinata limitazione oraria di accesso al gioco, e che, una volta attuata, questa misura non comporti effetti indiretti quale, ad esempio, lo spostamento della domanda verso forme di gioco illegale. E tale specifica istruttoria non risulta essere stata effettuata in relazione al territorio di competenza.

Più specificamente, il Consiglio comunale ha premesso che “il fenomeno del gioco d’azzardo problematico, sempre più diffuso tra la popolazione, rientra nella categoria delle nuove dipendenze con ricadute sociali notevoli con effetti disgreganti sia sulla comunità che sulle famiglie in termini di debiti di gioco, impoverimento delle persone, vulnerabilità di fasce sociali deboli, nonché maggiore esposizione al rischio dell’usura”, limitandosi, poi, al richiamo del “Piano di Zona” dell’Ambito territoriale di Seriate, il quale garantirebbe “un’attenzione specifica al tema della prevenzione delle dipendenze con particolare riguardo al tema del gioco d’azzardo problematico”, del progetto “Jackpot – L’importante è (non) partecipare”, ovverosia un “Percorso formativo per Agenti di Polizia Locale”, che si propone un semplice approfondimento tematico, del “tavolo di lavoro”, che “ha elaborato una proposta di disciplina delle forme di contrasto al gioco d’azzardo problematico”. Tali richiami sono stati tutti effettuati genericamente, senza fornire alcun elemento di dettaglio con riferimento alla specifica situazione sussistente nel territorio comunale, così come il richiamo operato dall’ordinanza sindacale, che rimanda al documento “100 pagine sul gioco d’azzardo. Informazioni generali dal generale al locale” dell’Osservatorio delle dipendenze di Bergamo, secondo cui: “l’analisi del
trend evidenzia sia a livello regionale sia provinciale un lieve calo nell’ultimo anno”.

Ed invero, dalle succitate osservazioni risulta evidente che il comune di Cavernago non ha proceduto ad adottare una disciplina conforme alla propria realtà territoriale in seguito all’approvazione, da parte dell’Assemblea dei Sindaci dell’Ambito territoriale di Seriate (del quale fa parte, insieme ad altri dieci Enti locali) del “regolamento unico di Ambito per il contrasto del fenomeno della ludopatia”, che rappresenta uno “schema-tipo” riferito in maniera indifferenziata a tutti i comuni dell’Ambito territoriale. Non risultano, dunque, esplicitate le ragioni per cui il Comune si è determinato nel senso di vietare l’attività di gioco lecito per un così rilevante periodo temporale, senza tenere in considerazione l’interesse dei soggetti privati incisi da suddette previsioni. Per la sentenza appellata, la prevista limitazione di orario (dalle ore 23,00 alle ore 9,00) integra “un’impostazione non coerente con i dati raccolti, e scollegata dalle nuove disposizioni di legge …” trattandosi “… di un’impostazione rigida che priva la licenza rilasciata dalla Questura di una porzione significativa del suo contenuto economico senza incidere sul particolare fattore di rischio per i giocatori, ossia l’eccessiva durata delle sessioni di gioco individuali, chiaro indice del rischio di ludopatia. Il problema non è tanto il superamento delle ore complessive di interruzione del gioco indicate dalla Conferenza Unificata del 7 settembre 2017, ma l’articolazione delle fasce di interruzione nel corso della giornata. E’ infatti la presenza di più pause che, in mancanza di limiti interni al sistema informatico, dovrebbe impedire sessioni di gioco troppo estese. Non è utile invece imporre una lunga pausa serale e notturna, se poi durante il giorno un soggetto a rischio può proseguire la propria sessione di gioco per molte ore. La disciplina comunale deve quindi essere riformulata …”. Dunque il potere potrà essere nuovamente esercitato dall’amministrazione, alla luce dei principi contenuti nelle statuizioni del giudice di primo grado, che il Collegio condivide integralmente. Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata che ha accolto in parte il ricorso di primo grado. Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio”.

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