Pubblicato alla Camera il dossier “Analisi degli effetti finanziari” sulla pdl “Disciplina dell’ippicoltura” presentata dalla deputata Maria Chiara Gadda (IV-C-RE). Nel documento, ralizzato dal Servizio Bilancio e dal Servizio Commissioni della Camera, si legge quanto segue:

ARTICOLI 1 e 3

Disciplina dell’ippicoltura e disposizione finanziaria

Normativa vigente. Con riferimento alla normativa nazionale, si rammenta che gli articoli da 32 a 35 del TUIR recano disposizioni in materia di reddito agrario, al quale si applica uno specifico regime fiscale agevolato. In particolare, l’articolo 32, comma 2, individua l’elenco delle attività che rientrano nella definizione di “reddito agrario” ai fini fiscali. L’articolo 56-bis del TUIR reca disposizioni concernenti il regime fiscale delle “altre attività agricole”. In particolare, il comma 3 stabilisce che sulle attività dirette alla fornitura di servizi di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile (ossia le “attività connesse”, vedi infra ), il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto il coefficiente di redditività del 25 per cento. A sua volta, il citato terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile, definisce le “attività connesse” quali quelle, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge. Con riferimento alla normativa eurounitaria, si rammenta altresì che la Direttiva 5 aprile 2022, n. 2022/542/UE, che riguarda le aliquote dell’imposta sul valore aggiunto, ha incluso gli “equini vivi e prestazioni di servizi connessi agli equini vivi” nell’elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi cui possono essere applicate le aliquote ridotte dell’IVA: per i beni e i servizi inclusi nell’elenco, gli Stati membri possono – con talune limitazioni fissate dalla normativa unionale – applicare aliquote IVA ridotte non inferiori al 5 per cento. La citata direttiva del 2022 non è stata ancora recepita nell’ordinamento nazionale.

Le norme prevedono interventi in materia di ippicoltura e recano le corrispondenti disposizioni finanziarie. In particolare, l’articolo 1 individua l’oggetto della nuova disciplina, che consiste nelle attività di ippicoltura, svolte in forma individuale o associata (comma 1). Tali attività sono applicabili a tutti gli equidi, destinati alla produzione di alimenti per il consumo umano (DPA) e non destinati alla produzione di alimenti (NON DPA) e in entrambi i casi la gestione della riproduzione, della gestazione, della nascita e dello svezzamento degli equidi, svolte in forma imprenditoriale, sono considerate attività agricole ai sensi dell’articolo 2135, primo comma del codice civile (comma 2). Alle attività di ippicoltura si applicano le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo (comma 3). Si intendono attività connesse all’attività di ippicoltura, ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile quelle esercitate dall’imprenditore agricolo (comma 4).

Tali attività riguardano la gestione di stazioni di fecondazione e la produzione del seme, l’addestramento e la custodia dei cavalli, la valorizzazione e la promozione delle razze autoctone e non autoctone, anche con la partecipazione a manifestazioni ludiche e a raduni di turismo equestre, la gestione di scuole di equitazione o l’utilizzo dell’equide per scopi sociali e d’ippoterapia, la gestione e il mantenimento di equidi di qualunque età anche qualora non più impiegati in attività di alcun genere, la promozione dello studio delle tecniche di ippicoltura in collaborazione con istituti scolastici e gli allevamenti presenti sul territorio e le cliniche veterinarie universitarie e l’attività di mascalcia.

Qualora le attività di ippicoltura siano svolte a favore di terzi, ai relativi redditi si applica il regime delle “altre attività agricole” di cui all’articolo 56-bis, comma 3, del TUIR (comma 5). Per la cessione e la vendita degli equidi disciplinati dalla presente legge, nonché di quelli impiegati nell’attività sportiva professionale giunti a fine carriera, l’aliquota IVA è fissata al 5,5 per cento (comma 6). Si rammenta che l’aliquota attualmente applicabile è, in via generale, quella del 22 per cento. Gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato dalle imprese che esercitano attività di ippicoltura sono considerati lavoratori agricoli dipendenti agli effetti della normativa in materia di previdenza e assistenza sociale (comma 7). E’ vietato inoltre destinare alla filiera alimentare gli equidi impiegati a scopo sociale o terapeutico (comma 8). Infine, l’articolo 3 provvede agli oneri derivanti dall’articolo 1, pari a 5 milioni di euro [annui, si intende] a decorrere dal 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo esigenze indifferibili.

In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che le norme recano interventi in materia di ippicoltura. In particolare, l’articolo 1 individua il campo di applicazione della legge e, oltre a talune disposizioni di carattere ordinamentale, prevede alcune agevolazioni di carattere fiscale e previdenziale.

In particolare l’articolo in esame:

− riconduce una serie di attività di gestione degli equidi, svolte in forma imprenditoriale, fra le attività agricole ai sensi dell’articolo 2135, primo comma del codice civile (comma 2) e una serie di ulteriori operazioni svolte dall’imprenditore fra le attività connesse, ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile (comma 4);

− applica alle attività di ippicoltura le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo (comma 3) e ai redditi delle attività di ippicoltura svolte a favore di terzi il regime delle “altre attività agricole” di cui all’articolo 56-bis , comma 3, del TUIR (comma 5);

− applica alla cessione e alla vendita degli equidi disciplinati dalla presente legge, nonché di quelli impiegati nell’attività sportiva professionale giunti a fine carriera, l’aliquota IVA agevolata del 5,5 per cento, anziché quella del 22 per cento attualmente vigente (comma 6);

− considera gli operai delle imprese di ippicoltura lavoratori agricoli dipendenti agli effetti della normativa in materia di previdenza e assistenza sociale (comma 7).

Inoltre, l’articolo 3 quantifica gli oneri derivanti dall’articolo 1 in misura pari a 5 milioni di euro (annui, si intende) configurandoli come tetto di spesa (“pari a”). In proposito, andrebbero acquisiti i dati e gli elementi conoscitivi sottostanti l’individuazione dei predetti oneri, ai fini di una sua verifica: in questo quadro, per quanto riguarda in particolare l’applicazione dell’IVA ridotta al 5,5 per cento, si evidenzia che una recente direttiva UE consente agli Stati membri, al sussistere di taluni presupposti, di applicare un’aliquota IVA ridotta, non inferiore al 5 per cento, sulla voce “equini vivi e prestazioni di servizi connessi agli equini vivi”: la direttiva non è stata ancora recepita. Sulla sussistenza delle condizioni per l’esercizio della possibilità di applicare l’IVA ridotta andrebbe acquisito l’avviso del Governo.

In merito ai profili di copertura finanziaria, si fa presente che l’articolo 3 prevede che agli oneri derivanti dall’articolo 1, pari a 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, si provveda mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte alle esigenze indifferibili in corso di gestione, di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. In proposito, si rileva che, essendo l’esercizio finanziario 2022 concluso da tempo, appare necessario aggiornare la decorrenza degli oneri e della relativa copertura finanziaria. Ciò posto, si segnala che, secondo quanto previsto dalla legge di bilancio per il 2024, il citato Fondo per far fronte alle esigenze indifferibili reca uno stanziamento di 88.659.781 euro per l’anno 2024, 106.371.658 euro per l’anno 2025 e 268.515.522 euro per l’anno 2026 e che da un’interrogazione della banca dati della Ragioneria generale dello Stato risulta che il medesimo Fondo reca per l’esercizio in corso una disponibilità di circa 50,2 milioni di euro. Fermo restando quanto segnalato in merito ai profili di quantificazione degli oneri derivanti dal provvedimento, si pone comunque l’esigenza di acquisire dal Governo, da un lato, una conferma circa l’effettiva sussistenza nell’ambito del predetto Fondo delle occorrenti disponibilità finanziarie e, dall’altro, una rassicurazione in merito al fatto che l’utilizzo delle relative risorse non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi eventualmente già programmati a valere sui medesimi stanziamenti.

Di seguito il dossier integrale:

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