Anche gli Ippodromi Snai festeggiano i 70 anni della televisione italiana, compiuti lo scorso 3 gennaio. L’ippica, oltre al calcio, è stata la prima disciplina mandata in onda sullo schermo tra la fine del 1953, nel periodo di prova programmato dalla Rai, e poi nella seconda parte del 1954. In entrambe i casi sono state protagoniste le piste dell’Ippodromo di San Siro trotto e quella di San Siro galoppo.

Prima il trotto con un servizio mandato in onda alla Domenica Sportiva nella puntata del 13 dicembre del 1953 che raccontava il resoconto del Premio Olona vinto da Unico davanti a Terrore e Toni Prà. E poi il galoppo, nell’ottobre del 1954, con la prima vera telecronaca in diretta del Gran Premio del Jockey Club italiano al microfono dell’indimenticato Alberto Giubilo, giornalista e telecronista sportivo italiano nonché voce dell’ippica e dell’equitazione dal 1946 al 1997.

In quella diretta del ‘54 a tagliare il traguardo per primo fu ancora Norman, cavallo francese, già vincitore dell’edizione precedente. E in quello stesso anno ci sono frammenti video anche di uno sconosciuto ma talentuoso cavallo: il suo nome? Ribot, che esordisce proprio all’ippodromo di San Siro nel luglio del 1954 e che negli anni successivi diventa l’emblema del galoppo internazionale grazie alle immagini dei suoi successi trasmesse in televisione. L’ippica in quel periodo era seguitissima non solo dagli appassionati, ma anche dalla gente comune.

Nel 1950 gli ippodromi italiani in attività erano 41 con 17 impianti presenti al nord, 13 al centro e 11 al sud. E sempre in quegli anni alle prestigiose corse della tradizione italiana, come per esempio il Derby Reale poi trasformato in Derby Italiano, il Gran Premio di Milano e il Gran Premio d’Italia, si aggiunsero il Gran Premio del Jockey Club, ma la corsa fu fondata nel 1921 con Priapo primo vincitore, e il Gran Premio Presidente della Repubblica.

Di televisori, rispetto ad oggi, ce n’erano veramente pochi in Italia; meno di 30mila e tutti concentrati nelle due città industriali di Milano e Torino, mentre gli altri apparecchi erano sparsi tra le regioni del nord, ma anche nel Lazio, in Toscana, in Umbria e nelle Marche. Chi non possedeva la scatola con il tubo catodico andava a vedere le trasmissioni al bar oppure dal vicino di casa. Era un bene di lusso: acquistare un apparecchio a 17 pollici costava 200mila lire, quasi 6 mensilità di un operaio di allora, e il primo canone di abbonamento era di 15mila lire.

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