Reggio Calabria. Istituzioni a confronto su giro d’affari e costi sociali del gioco d’azzardo

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(Jamma) Il potere economico del gioco d’azzardo, il giro d’affari che ruota attorno alle scommesse legali ed illegali, le infiltrazioni mafiose, il riciclaggio, il costo sociale dovuto a milioni di soggetti patologici. Queste le tematiche al centro del convegno organizzato dall’Osservatorio sulla ‘ndrangheta di Reggio Calabria, svoltosi questa mattina presso la sua sede di Croce Valanidi. A relazionare sul tema alcuni tra i maggiori esperti a livello nazionale sulla tematica delle ludopatie e del gioco d’azzardo patologico, coordinati dal responsabile dell’Osservatorio Claudio La Camera. ”Quello del gioco d’azzardo è un settore certamente in crescita – ha dichiarato La Camera in apertura – e rappresenta un fenomeno strano anche a Reggio Calabria dove tante imprese continuano a chiudere ogni anno a dispetto del proliferare di agenzie di scommesse che invece si moltiplicano esponenzialmente”.

Proprio su questa considerazione preliminare sono stati sollecitati i tre autorevoli ospiti dell’incontro.

Ad esordire sul tema è la Dottoressa Diana De Martino, Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia, delegata per volere dell’ex Procuratore Grasso proprio alla tematica del gioco d’azzardo e delle infiltrazioni mafiose. A lei è toccato il compito di tracciare un quadro generale del fenomeno del gioco su tutto il territorio nazionale, focalizzando anche su alcuni importanti filoni di inchiesta seguiti negli ultimi anni.

Ben 87 miliardi di euro è la somma complessiva di denaro impiegato nel gioco d’azzardo. Di questi la maggioranza viene immessa nelle slot machines. Il gioco assorbe il 12% della spesa delle famiglia, sempre in aumento negli ultimi anni. Lavorano nel settore migliaia di aziende, quasi 10 mila in tutto. 15 milioni sono in totale i giocatori abituali e di questi una congrua percentuale di giocatori patologici. Il payout (la percentuale di vincite) è del 71%, con un sistema che premia pochissimi con vincite altissime. D’altra parte le entrate erariali continuano a diminuire. In questo quadro si inserisce l’intervento della criminalità organizzata, che agisce a vari livelli all’interno del settore del gioco, ad esempio scollegando le macchinette dalla rete dei Monopoli di Stato, ma anche noleggiando direttamente le macchinette e controllando il territorio in maniera capillare. Ci sono poi i punti scommesse che sono completamente abusivi, mascherati da internet point, con computer collegati a siti stranieri di scommesse con sedi nei paradisi fiscali. Poi c’è tutta la partita dell’ippica, delle scommesse utilizzate per ripulire il denaro. Un quadro devastante quello tracciato dal Sostituto Procuratore De Martino che si è infine soffermata sul filone di inchiesta sulla famiglia di ‘ndrangheta Lampada-Valle che – spiega De Martino – ”in due anni sono riusciti ad aprire 44 bar al centro di Milano, guadagnando, secondo alcune intercettazioni, ben 20 milioni di euro, eludendo ogni controllo fiscale, arrivando perfino a concorrere direttamente per divenire concessionario ufficiale rivolgendosi ai più alti livelli del mondo imprenditoriale e politico”.

”Il problema – conclude il Sostituto Procuratore – è che il nostro sistema non è in grado di espellere gli operatori che si trovano in situazioni simili. Più è grande l’impresa, più è alto il giro di denaro, più è difficile allontanare questi soggetti dal mercato”.

A tracciare il quadro sociologico del gioco d’azzardo è poi l’intervento del Professor Maurizio Fiasco, Docente di Sociologia all’Università di Tor Vergata e consulente della Consulta Nazionale Antiusura.

La sua è un’analisi sul cambiamento registrato negli ultimi anni nel rapporto tra le Istituzioni, il gioco e la base che regge la piramide dell’enorme giro d’affari che si nasconde dietro l’azzardo.  In passato gli italiani era un popolo di giocatori moderati e di grandi risparmiatori. Addirittura il risparmio sia monetario che patrimoniale era tre volte il Prodotto Interno Lordo di un anno. Una tendenza che è stata man mano distorta, anche a causa delle privatizzazioni del sistema bancario e creditizio che hanno frazionato i valori monetari consentendo a qualcuno di incamerarli e trasformarli in debito creando prodotti finanziari. Un processo, questo, completato tra il 2001 e il 2004. La seconda stagione di cambiamento riguarda invece la costituzione dell’industria del gioco che in realtà sfugge al libero mercato. E’ la stessa costituzione a mettersi di traverso rispetto questo modello di gioco d’azzardo, in quanto lo considera un comportamento di grave allarme sociale, disapprovato e disapprovabile. Eppure gli operatori del mercato del gioco agiscono come concessionari, per nome e per conto dello Stato e quindi in realtà sfuggono a qualsiasi tipo di responsabilità pubblica, se non a quella puramente finanziaria. Un circuito all’interno del quale giocano un ruolo importante anche le banche che in realtà finanziano gli investimenti e contribuiscono alla necessità di mantenere la popolazione in ”addiction”, cioè nella necessità continua di giocare. Il problema è che poi i debiti contratti dagli investimenti richiesti alle banche poi vengono pagati il più delle volte con dei derivati, dunque si generano debiti su debiti. ”Il risultato – spiega il Professor Fiasco – è che a Bruxelles ultimamente sono cominciati a non tornare i conti e così l’Italia ha dovuto cominciare ad alzare le tasse sui cittadini, anche su quelli che non giocano. Lo Stato ha pensato che la diffusione del gioco legale avrebbe sostituito quello clandestino, ma in realtà non è accaduto altro che allargare la base del gioco abbassando di molto la soglia di sicurezza e di rischio”.

”Giocano i giocatori – conclude Fiasco – giocano i gestori, giocano i concessionari, giocano le banche e gioca anche lo Stato. Il risultato è che a pagare saremo tutti perché il rischio è quello di una nuova bolla finanziaria”.

A concludere l’incontro, dopo gli interventi dei rappresentanti delle Associazioni Libera e Cereso, le considerazioni del procuratore aggiunto della DDA di Reggio Calabria Ottavio Sferlazza. ”Mi sono sempre posto il problema – ha detto Sferlazza –  se sul tema del gioco sia il caso di privilegiare una politica assolutamente proibizionista o se invece bisogna perseguire una sorta di mediazione, consentendo il gioco ma aumentando i controlli. Io non sono mai stato a favore delle politiche proibizionistiche ma inizio a valutare l’ipotesi di una espulsione complessiva di questo settore dalla sfera legislativa pur sacrificando il gettito fiscale che ne deriva”.

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