La Corte d’Appello di Campobasso conferma la pronuncia del Tribunale di Larino e condanna l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al risarcire un gestore delle spese legali sostenute a seguito del sequestro di un apparecchio.

La vicenda si riferisce al sequestro di un apparecchio rinvenuto all’interno di un pubblici esercizio e alla conseguente sanzione da 20.000 euro contestata al proprietario di un totem.

Nel corso del primo giudizio, dalla perizia espletata sull’apparecchiatura previa rimozione dei sigilli che erano stati apposti all’atto dell’accertamento era emerso che l’apparecchio era non funzionante; “il computer non risultava configurato per il collegamento in rete”, e non permetteva il collegamento ad internet neppure a seguito di collegamento con cavo di rete; il sistema operativo rinvenuto era di prima generazione, obsoleto. Nel compute era risultato installato un programma riconducibile a giochi on line, non funzionante, e la pagina che appariva sul monitor era ‘probabilmente’ un link di collegamento ad un sito per effettuare giocate.

Il programma per effettuare ricariche mostrava il messaggio “fuori servizio” ed era probabilmente un link di collegamento ad un sito per effettuare ricariche; in mancanza di configurazione per il collegamento alla rete non si poteva verificare la funzionalità dei link; l’accettatore di monete non era funzionante.

Così il consulente era pervenuto alla conclusione che l’apparecchio non permetteva giocate e che non avrebbe potuto funzionare.

Per la Corte d’Appello di Campobasso le risultanze della CTU “son del tutto sovrapponibili al verbale di accertamento del personale che ha effettuato il controllo ( e il successivo sequestro) che attesta che l’apparecchio non era collegato alla rete statale del gioco.

Il monitor mostrava pagine di accesso a piattaforme di gioco (come pure accertato dal consulente); l’apparecchio era privo di gettoniera e all’interno non si rilevava la presenza di banconote; il titolare dell’esercizio pubblico, nell’immediatezza, dichiarava che l’apparecchiatura era stata installata nel locale circa 7 giorni prima e che non era mai stata attivata in attesa della documentazione operativa.

L’ installatore di software della gestione delle ricariche telefoniche, aveva reso dichiarazioni del tutto compatibili con le risultanze della consulenza tecnica di ufficio avendo dichiarato che l’apparecchio era “nudo” in quanto sprovvisto di software, e che il cliente non aveva ancora il contratto per effettuare la ricarica telefonica.

La deduzione del personale dell’ADM che dall’accertamento risultava che nel locale era presente la connessione è del tutto irrilevante, non essendo contestato che il CTU ha accertato la mancanza nel computer di configurazione per il collegamento.

L’appello è stato quindi rigettato, con conferma della sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione opposta.

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