La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio si è espressa nel merito di un un lungo contenzioso che vedeva protagonisti un esercente pugliese e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Con sentenza del 2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia dei Monopoli Direzione di Puglia, Molise e Basilicata, notificato al titolare di un esercizio commerciale, in qualità di obbligato solidale pro quota con il bookmaker estero, per l’attività di raccolta scommesse esercitata, con il quale veniva determinata l’Imposta Unica per l’anno 2013 per attività di raccolta fisica di scommesse per conto del bookmaker estero privo di autorizzazione ad operare in Italia.

I primi giudici accoglievano il ricorso ritenendo assorbente l’eccezione posta dal ricorrente circa il difetto di presupposto impositivo riguardo alla documentata cessazione dell’attività nel 2011 .

L’ADM proponeva appello ritenendo erronea la decisione dei primi giudici basata sulla cessazione dell’attività chiedendo la riforma della sentenza e la decisione sulle spese di lite secondo giustizia.

La Corte di Giustizia tributaria ha accolto l’appello dell’ADM. L’avviso di accertamento impugnato, dopo aver dato atto dell’effettivo volume della raccolta di gioco e delle somme dovute a titolo di imposta unica sulle scommesse richiama in modo puntuale il contenuto essenziale del verbale della GdF dove risulta anche una lista di gestori dei punti di raccolta delle scommesse in Italia, i quali riscuotono le giocate. Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia Dogane e Monopolio è risultato che l’esercente pur avendo nel 2011 chiuso l’attività commerciale, ha continuato in altre modalità a raccogliere scommesse in totale evasione dell’imposta unica.

Nel caso di specie, l’agenzia ha considerato congruo l’accertamento compiuto dalla Guardia di Finanza che ha utilizzato, in primo luogo, i supporti informatici forniti dalla società estera cui l’appellante faceva riferimento, da cui emergeva l’ammontare delle giocate effettuate anche nel punto vendita gestito dall’appellante, oltre al valore della raccolta media della provincia desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale. Il contribuente non ha fornito prova contraria all’accertamento operato dall’Ufficio. In merito al requisito di territorialità per l’applicazione dell’imposta unica che non potrebbe essere richiesta in Italia per essere l’allibratore un soggetto di diritto estero, nonché la carenza di soggettività passiva dell’affiliato (e conseguente carenza di solidarietà dell’allibratore). La sede legale dell’allibratore in un altro Paese dell’Unione non rileva atteso che è la raccolta delle scommesse che costituisce il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta. Il soggetto passivo è il CTD che consente la scommessa e l’accordo si conclude in Italia.La scommessa a quota fissa intesa quale scommessa per la quale la somma da riscuotere, in caso di vincita, è previamente concordata, rappresenta un contratto tra l’esercente italiano e il giocatore (scommettitore) o, comunque, pur se la proposta del giocatore viene trasmessa telematicamente all’estero, ciò non costituisce elemento rilevante, atteso che l’attività si concretizza nel territorio dello Stato per il tramite di operatori che operano “per conto” del soggetto estero.

Quanto al presupposto soggettivo, osserva questo Collegio che l’imposta unica si applica all’importo delle giocate e non al reddito ritratto dall’operatore comunitario in relazione al rischio di impresa che si assume.

L’esercente è tenuto a selezionare gli scommettitori applicando i divieti di legge e agendo in proprio per accertare e valutare la sussistenza delle condizioni che consentono la giocata. Il CTD trattiene, inoltre, costantemente parte delle somme raccolte ed agisce discrezionalmente nello stabilire le modalità di presidio del banco a cui affluiscono le scommesse, individuando il personale da impiegare allo scopo, sia in qualità che in quantità. Il CTD svolge quindi attività di gestione dei concorsi tramite autonoma organizzazione imprenditoriale, in responsabilità solidale con il bookmaker ed è pertanto indubitabile che l’attività svolta dal medesimo, assimilabile alla gestione per conto terzi va assoggettata a imposta.

La norme italiane, equiparano, ai fini dell’assoggettabilità all’imposta unica, coloro i quali gestiscono le scommesse per conto proprio a coloro che invece lo fanno per conto di terzi, come i CTD. In tale ultimo caso non si è in presenza di una mera attività di intermediazione, ma di una vera e propria agenzia di scommesse che ha accettato e pagato le vincite con denaro contante.

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