Sono tempi duri per il comparto dell’apparecchio da intrattenimento senza vincita in denaro, quello cioè che ormai tutti conoscono come l’amusement, prendendo a prestito un termine inglese per identificare un’offerta estremamente variegata.

Calciobalilla, gru, kiddie rides e tanto altro, ovvero l’intera produzione che non ha nulla a che vedere con le slot o con le videolotterie. Malgrado i tentativi, in parte riusciti, di affossare un settore che non può vantare fatturati da capogiro, il comparto continua a dare segni di vita in Italia, anche se non come nel resto del mondo. Le tecnologie all’avanguardia e il digitale sono infatti materie sconosciute nel nostro Paese dove i prodotti, così come vuole la legge, devono restare ancorati a discutibili (e sicuramente inefficaci) criteri di sicurezza tali da soffocare qualsiasi anelito di innovazione.

A poco sono valsi i solleciti delle rappresentanze di categoria (sulle quale ci sarebbe molto da dire ma non è questa la sede) così come appelli all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: qui nulla si muove.

Dopo la concessione (data praticamente per scontata) dell’ennesima proroga alla scadenza prevista per la certificazione obbligatoria per gli apparecchi, il silenzio è piombato sul settore.

Un incontro concesso alle rappresentanze degli operatori con i funzionari del Regolatore (come si fa per par condicio praticamente con tutti) per poi tornare a parlarsi addosso su quello che bisognerebbe fare.

Da anni le ‘chiacchiere’ restano le stesse, un copione già visto per gli ordini del giorno delle riunioni degli Stati Generali dell’Amusement, una surreale miscellanea di interessi imprenditoriali caratterizzata più dalla diversità di vedute che dai risultati raggiunti.

Non fa eccezione l’ultima riunione, che si è tenuta nei giorni scorsi, con qualche ‘assenza eccellente’ forse nemmeno troppo giustificata.

Un’occasione per fare il punto della situazione, l’ennesimo viene da dire, e per capire come muoversi.

Da anni ormai si parla degli stessi problemi. L’occasione (mancata) del decreto che delega al Parlamento dal 2023 un riordino del settore del gioco (al momento accantonato l’intera offerta ‘terrestre’) è servita solo a ricordare che quello delle procedure di omologa per la maggior parte degli apparecchi resta un problema insormontabile. Tanto che persino gli organismi di Verifica identificati dall’ADM e accreditati a certificare gli apparecchi garantendone la regolarità hanno preferito darsela a gambe. Ad oggi, infatti, ne resta solo uno ( SGS Italia) ancora disposto a farsi carico (a spese ovviamente degli operatori, importatori e produttori). L’unico ancora disponibile anche a confrontarsi anche con gli operatori per capire se ci sono i margini per formulare proposte da girare all’ADM su una possibile modifica delle procedure di omologa. Come dire che nell’impossibilità di cancellarla si vorrebbe almeno semplificarla, visto che sembra ormai naufragata la proposta di alcune associazioni di operatori di sostituirla con un obbligo di dell’autocertificazione, con la quale gli operatori assumono la responsabilità, anche di carattere penale, per le loro dichiarazioni circa la conformità degli apparecchi alle regole tecniche dettate dall’ADM.

Ma non è solo questo il problema. C’è poi quello della iscrizione dei gestori degli apparecchi come possibili produttori e una serie di altre modifiche alle norme di riferimento che richiederebbero un passaggio in Parlamento. Come dire una MISSION IMPOSSIBLE!

E in questo marasma di questioni irrisolte fa capolino quella che si potrebbe definire una ‘questione privata’, ovvero il futuro stesso degli Stati Generali dell’Amusement, una realtà nata come un “innovativo LAB”, formato da “associazioni, sindacati, imprenditori e tecnici”. Che qualcuno abbia la tentazione di trasformarla in una associazione, confederazione (o magari qualcos’altro)? E come la prenderebbero le tante associazioni che ad oggi vi aderiscono (partendo da quelle di lunga tradizione)?

Quello che sappiamo è che nelle prossime settimane sentiremo ancora parlare di speranze, buone intenzioni e programmi annunciati. L’unica certezza è che per il momento non cambierà nulla, con buona pace degli imprenditori che già in passato si sono rimboccati le maniche confidando nella buona sorte. (foto Depositphotos)

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