Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) ha accolto – tramite sentenza – il ricorso presentato dalla titolare di un esercizio commerciale contro Roma Capitale, in cui si chiedeva l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della Determinazione Dirigenziale del Municipio X di Roma Capitale avente ad oggetto il divieto di prosecuzione dell’attività di installazione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici, avviata con comunicazione prot. CO14806 del 31.01.2023 ai sensi dell’art. 19 comma 3 della legge 241/1990 e ss.mm.ii.

Di seguito il testo della sentenza: “Con la presente iniziativa processuale la ricorrente avversa la determinazione con la quale l’Amministrazione resistente ha espresso diniego alla prosecuzione delle attività di installazione di apparecchi funzionali alla pratica delle slot machine e di altri giochi leciti, che la ricorrente aveva medio tempore avviato con apposita scia presentata il 31.1.2023, nell’ambito dell’esercizio commerciale per somministrazione di alimenti e bevande, comprensivo delle suddette attività di slot machine e giochi leciti, acquistato a mezzo rogito notarile del 17.11.2022.

Il diniego opposto da Roma Capitale si fonda sull’applicazione del regolamento delle sale gioco adottato da Roma Capitale con delibera n.31/2017, modificata con successiva delibera n.92 del 5.12.2019, quanto al combinato disposto di cui agli artt.6, co.1 e 7, co.1, in relazione alla circostanza fattuale rilevata per cui l’esercizio acquisito dalla ricorrente si troverebbe, rispetto ad un istituto scolastico (come meglio identificato nel provvedimento e nella narrativa del ricorso) a distanza (265 metri) inferiore al limite stabilito dal predetto art.6, co.1 (500 metri).

3. Il gravame veniva affidato a n.3 motivi di ricorso, con i quali, in sintesi, si censurava l’illegittimità del provvedimento:

– in via derivata rispetto alla previsione recata dall’art.7, co.1 della delibera n.31/2017, nella misura in cui impone il rispetto della distanza minima non solo in caso di apertura di nuove sale gioco, ma anche in caso di cambio della titolarità dell’esercizio, in frontale contrasto con l’art.4 della legge regionale Lazio n.5/2013, che riserva ai Comuni la facoltà di introdurre disposizioni più restrittive unicamente in caso di apertura di nuove sala da gioco. Il regolamento adottato da Roma Capitale, sul punto, andrebbe pertanto disapplicato poiché contra legem;

– nella misura in cui non accerta correttamente la distanza dall’istituto scolastico. In verità, con il conforto di perizia tecnica di parte, si argomenta nel senso che la distanza effettiva sarebbe di circa 602 metri;

– nella misura in cui applica il divieto posto dalla normativa regionale (nonché dal regolamento adottato da Roma Capitale) anche nella fattispecie in esame, senza spiegare perché gli alunni frequentanti l’Istituto (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) sarebbero in concreto soggetti al rischio della ludopatia in ragione della vicinanza con la sala gioco gestita dalla ricorrente.

4. Roma Capitale si costituiva in giudizio in data 27.6.2023, per resistere al ricorso, sulla base delle argomentazioni difensive successivamente versate in atti.

5. Con ordinanza n.4232/2023, pubblicata il 21.7.2023, questo Tribunale, al fine di decidere in ordine alla domanda cautelare, disponeva verificazione, al fine di accertare la effettiva distanza tra l’esercizio della ricorrente e l’istituto scolastico in questione.

La relazione di verificazione veniva depositata il 13.10.2023.

6. All’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2023 la causa è stata quindi trattenuta in decisione, previo rituale avviso di adozione di sentenza in forma semplificata ex art.60 cpa.

7. Il ricorso è manifestamente fondato, ai sensi di cui infra, ed alla luce del principio di diritto individuato, su analoga fattispecie, dal Consiglio di Stato nella recentissima sentenza del 18.10.2023, n. 9071, per quanto di seguito esplicato.

In particolare, ad avviso del Collegio è fondato il primo motivo di ricorso, laddove si censura il contrasto dell’art.7, co.1 della delibera comunale n.31/2017, siccome modificata con successiva delibera n.92/2019, recante “Regolamento sale gioco e giochi leciti”, con l’art.4 della legge regionale Lazio n.5/2013.

La disposizione in ultimo citata, siccome novellata dapprima con l.r n.16/2022 e quindi con l.r. n.19/2022, al comma 1 stabilisce, fra l’altro, che l’apertura di nuove sale gioco è consentita a condizione che (lett. a) siano ubicate a distanza non inferiore a 250 metri dagli istituti scolastici di qualsivoglia grado. Il co.1 bis autorizza i Comuni ad introdurre “ulteriori limitazioni” e, in caso di contrasto con la normativa regionale, prevale, ai sensi del successivo co.1 ter, la norma più restrittiva.

Ora, il regolamento adottato da Roma Capitale non solo prevede disposizioni allo stato più restrittive, laddove (all’art.6, co.1) mantiene la condizione della distanza non inferiore a 500 metri (quando invece la norma della legge regionale novellata nel 2022, la riduce a 250, ma (soprattutto) all’art.7, co.1, amplia (rispetto alla legge regionale) l’ambito applicativo della restrizione, introducendola anche nella diversa ipotesi di “cambio di titolarità dell’attività” (circostanza aderente alla fattispecie in esame).

Tale indirizzo è in effetti censurabile, per diretto contrasto con l’art.4, co.1 della l.r. Lazio n.5/2013, che limita le condizionalità solo al caso di “apertura di nuove sale gioco”.

Sulla tematica in questione, il Consiglio di Stato, nella prefata pronuncia, ha evidenziato che la normativa che introduca previsioni limitative circa la distanza minima da osservare in caso di apertura di nuove sale gioco, “trattandosi di previsione che determina una grave ed insuperabile limitazione al principio generale (avente copertura costituzionale ed eurounitaria) della libertà di iniziativa economica privata, alla stessa va necessariamente riconosciuto carattere eccezionale, per tale insuscettibile di estendersi a casi non strettamente riconducibili al tenore letterale della norma”.

Atteso, dunque, che la norma regionale di cui all’art.4, co.1 introduce limitazioni per la sola ipotesi di “apertura di nuove sale gioco”, la previsione di cui all’art.7, co.1 della delibera di Roma Capitale n.31/2017, come novellata ad opera della delibera n.92/2019, è illegittima, e perciò passibile di disapplicazione, per contrasto con la fonte normativa superiore (la legge regionale n.5/2013, art.4, co.1), nella parte in cui estende le limitazioni anche alle sale gioco già in essere (ossia in ipotesi di cambio di titolarità dell’attività).

Del resto, secondo il principio individuato dal Consiglio di Stato, l’estensione dell’applicazione delle previsioni condizionali di cui all’art.6, co.1 della delibera n.31/2017 alla diversa fattispecie del trasferimento della titolarità dell’esercizio, oltre a non trovare supporto nella citata fonte regionale, determina obiettivamente un’eccessiva compressione alla libera iniziativa economica del privato, intervenendo (al di fuori della previsione di legge) anche nei confronti di esercizi in corso e comprimendo le possibilità di esplicazione dell’attività economica (è evidente che il titolare della sala gioco in esercizio perderebbe una parte rilevante del valore commerciale dell’attività, ove, alienando l’esercizio, l’attività di gioco lecito, prima regolarmente esercitata, non potesse più essere praticata dal nuovo acquirente).

Ed allora, la possibilità che l’art.4, co.1 bis l.r. n.5/2013 prefigura, in capo ai Comuni, di “individuare ulteriori limitazioni” va interpretata, in una logica di equilibrato bilanciamento fra contrapposti interessi (il contrasto alla ludopatia da un lato, la tutela della libertà di iniziativa economica da un altro), nel senso che le “ulteriori restrizioni” rappresentano “ulteriori condizioni” suscettibili di introduzione ad opera della regolazione comunale, nella (sola) fattispecie prefigurata dalla legge regionale (l’apertura di nuove sale gioco).

Chiarita la fondatezza del primo motivo di ricorso, per completezza si evidenzia, invece, l’infondatezza delle ulteriori censure proposte da parte ricorrente.

Quanto alla distanza effettiva (secondo motivo), la relazione di verificazione ha chiarito che la distanza effettiva fra l’esercizio commerciale e l’istituto scolastico è di 273 metri.

In merito alla censura motivazionale (terzo motivo), a fronte delle previsioni recate dall’art.6, co.1 della delibera n.31/2013 (nonché dell’art.4, co.1 l.r. n.5/2013), alla p.a. è preclusa qualsivoglia valutazione in concreto sull’idoneità della distanza ad arrecare un vulnus potenziale alla salute psichica degli alunni e, per converso, ad accrescere o meno il rischio di ludopatia.

8. Per quanto precede, il ricorso va accolto ai sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, occorre disporre l’annullamento del provvedimento di Roma Capitale di cui al prot.n CO/61194/2023 del 24.04.2023.

Le spese di giudizio possono nondimeno venire compensate, anche con riferimento alla verificazione (da liquidarsi con separato decreto, previa istanza del verificatore), tenuto conto della particolarità della vicenda, della sopravvenienza della surrichiamata pronuncia del Consiglio di Stato e, quanto precipuamente alla verificazione, dell’infondatezza del motivo di ricorso proposto da parte ricorrente con riguardo alla determinazione della distanza effettiva dall’istituto scolastico.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento di Roma Capitale di cui al prot.n CO/61194/2023 del 24.04.2023″.

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