Roma. Polemiche su apertura sala giochi in centro storico. Violazione della delibera su tutela della Città?

(Jamma) Un mini-casinò con vista sul Palazzo Apostolico, a ridosso delle Mura vaticane e di Porta Santa Rosa. Milleduecento metri quadrati ‘consacrati’ al gioco : decine di slot machine accese dalle 10 di mattina a mezzanotte, 7 giorni su 7. E’ questo il motivo del contendere tra gli abitanti del quartiere romano e la Sisal. Pur di impedire l’apertura della sala alcuni abitanti hanno inviato alla polizia municipale una richiesta di immediate verifiche.

Punti centrali: i rischi alla staticità e la violazione della delibera 36/2006 sulla tutela della Città storica, che vieta il rilascio di licenze per sale da gioco in palazzi di ‘espansione otto-novecentesca’. La delibera in questione è ben nota agli operatori del comparto degli apparecchi da intrattenimento. Approvata dal Consiglio Comunale di Roma nel 2006 ha come obbiettivo “la più ampia tutela dell’ambiente urbano “ e “ridotti impatti ambientali nel tessuto artigianale e commerciale tradizionale esistente , riconoscendo a quest’ultimo un valore storico, socioeconomico e culturale.” In questa ottica sono dichiarate incompatibili con le esigenze di tutela dei valori ambientali e urbanistici, alcune attività e, pertanto, dovranno essere inibiti gli effetti delle relative comunicazioni o dichiarazioni di inizio attività e rigettate domande di autorizzazione o nulla-osta aventi ad oggetto:

a) commercio all’ingrosso con o senza deposito merci e show room adibiti

all’esposizione e vendita tranne nelle strade del rione S. Angelo di cui allegato A;

b) depositi e magazzini non funzionalmente collegati con esercizi al dettaglio

esistenti in zona;

c) sale per videogiochi, biliardi ed altri giochi leciti;

d) carrozzerie ed autofficine per la riparazione di auto;

e) cooperative di consumo e spacci interni esercenti attività di vendita prospicienti

la strada;

f) sexy shop;

g) hard e soft discount;

h) attività di somministrazione nei circoli privati a livello stradale (tranne i circoli

ed i centri sportivi).

Dal 2006 ad oggi il giudice amministrativo si è occupato in varie occasioni di ricorsi con i quali si chiede l’annullamento di determine del Comune di Roma che negano l’autorizzazione all’apertura di esercizi pubblici compresi nella delibera del 2006. Ricorsi che hanno avuto esito negativo in quanto per i giudici amministrativi “le disposizioni non sono state evidentemente impartite allo scopo di introdurre divieti basati sulla imposizione di limiti numerici predefiniti calcolati sul volume delle vendite o su quote di mercato, ma solo all’espresso scopo di disciplinare la tutela e la riqualificazione delle attività commerciali ed artigianali nel perimetro della Città storica, per preservare la integrità del relativo assetto storico culturale del settore, deve concludersi che esse non siano affatto in contrasto con i principi e le disposizioni di cui alla suddetta l. n. 248/2006.

E’ stato in proposito affermato da condivisa giurisprudenza che gli stessi principi costituzionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa economica e di tutela della concorrenza non escludono che esigenze di tutela di valori sociali di rango parimenti primario possano suggerire condizionamenti e temperamenti al dispiegarsi dei diritti individuali, sicché le misure limitative in esame, senza imporre limitazioni quantitative e qualitative incompatibili con la disciplina nazionale, perseguono la concorrente finalità di tutelare il consumatore garantendo la permanenza, negli ambiti territoriali tutelatiti, di un’offerta variegata di beni e servizi che non sia depauperata di attività tradizionali altrimenti a rischio di estinzione (Consiglio Stato, sez. V, 10 maggio 2010, n. 2758)”.

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