Il Tar Lombardia boccia la riduzione degli orari delle sale giochi adottata dal comune di Milano

(Jamma) Il Tar Lombardia ha accolto il ricorso presentato da una sala giochi che aveva chiesto il risarcimento danni e l’annullamento del provvedimento del comune di Milano con il quale si disciplinavano gli orari di apertura e chiusura degli esercizi pubblici, comprese le sale giochi.

Il Consiglio di Stato, che già in precedenza si era pronunciato sull’ordinanza milanese, aveva evidenziato che: “la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali non si applica alle case da gioco autorizzate ai sensi dell’art. 88 t.u.l.p.s. (art. 7, lett. d, d.lgs. n. 59/2010). Le ragioni giustificatrici della sottoposizione al regime dell’autorizzazione di polizia ed ai connessi controlli è notoriamente quello di tutelare la sicurezza, l’incolumità, e la moralità pubbliche; – a tali finalità ed all’armonizzazione ex art. 50, comma 7, t.u.e.l. delle stesse con i contrapposti interessi imprenditoriali risponde evidentemente l’ordinanza impugnata in questo giudizio”.

Ad avviso del Collegio milanese, che si è espresso sulla questione: “Non sussistono elementi tali da determinare l’accoglimento dell’istanza di sospensione del processo, considerato che nelle ordinanze precedenti si è posta in evidenza, ai fini del giudizio di rimessione, “una situazione di assenza di principi normativi a contrasto della patologia ormai riconosciuta della ludopatìa”, che la disciplina delineata dalle citate disposizioni non avrebbe concorso a risolvere, escludendo queste “la competenza dei Comuni ad adottare atti normativi e provvedimentali volti a limitare l’uso degli apparecchi da gioco di cui al comma 6 dell’art. 110 del R.D. 773/1931”.

“Il legislatore italiano – ha continuato – ha in realtà adottato da tempo una politica espansiva nel settore dei giochi d’azzardo allo scopo di incrementare le entrate fiscali (…). Questa situazione è evidente anche dal semplice riepilogo delle principali forme di gioco previste dalla normativa nazionale con i rispettivi anni di attivazione: lotto (1863), lotterie nazionali (1932), scommesse ippiche (1942), totocalcio (1946), totip (1948), tris (1958), totogol (1994), lotterie istantanee gratta e vinci (1994), superenalotto (1997), scommesse sportive (1998), bingo (2000), big match (2004), newslot – apparecchi e videoterminali di gioco (2004), big race (2005), win for life (2009). Non si può quindi sostenere che siano perseguite effettivamente la prevenzione dell’incitamento al gioco e la lotta alla dipendenza dallo stesso” (cfr. TAR Lombardia – Brescia, sez. II, 23 febbraio 2011, n. 321)… È, inoltre, manifestamente infondata, e per questo da respingere, la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’associazione nazionale SAPAR – intervenuta ad adiuvandum –  in riferimento alla disciplina di cui all’art. 3 del D.L. 223/2006 (convertito in legge 248/2006), novellato dal D.L. 201/2011 (convertito in legge 214/2011) per contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione, “venendo irrazionalmente ad essere disciplinate in maniera diversa, con particolare riferimento all’orario di apertura e chiusura, due tipologie di esercizio del tutto assimilabili ed all’interno delle quali viene prestato lo stesso tipo di servizio (attività di raccolta delle giocate)”.

Su tale questione, peraltro, la Sezione si è già pronunciata, rilevando che la “liberalizzazione degli orari costituisce attuazione della disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, contenuta nella Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, nel cui campo di applicazione certamente ricadono gli esercizi commerciali, ma non il gioco d’azzardo e di fortuna comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco”, dovendo “quindi escludersi che il principio di liberalizzazione degli orari possa estendersi al settore del gioco pubblico”.

Per questo, i giudici del tribunale amministrativo lombardo hanno deciso per la fondatezza del ricorso, respingendo  la domanda di risarcimento danni, spiegando che “la disciplina sulla liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, definita dal decreto “Salva Italia”, prevedendo, al comma 2, che “secondo la disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 settembre 2012, potendo prevedere al riguardo, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali”.

La norma citata sostanzierebbero la facoltà di tenere sistematicamente aperta la sala da gioco ricorrente, non potendo, conseguentemente, giustificarsi la “disciplina restrittiva introdotta dall’Amministrazione comunale”.

Al Collegio è sembrato evidente che “l’indeterminatezza emergente dalle ipotesi ricostruttive delle parti confermi che l’Amministrazione comunale sia venuta meno ad un elementare obbligo di chiarezza e trasparenza indotto dalla differenziazione, che legislativamente intercorre, tra esercizi commerciali e pubblici esercizi in materia di orari. In particolare, l’onere di una puntuale esplicitazione delle ragioni di limitazione dell’orario doveva essere considerato ineludibile in ragione del fatto che, le sale da gioco sono state espressamente pretermesse dall’applicazione della Direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006, relativa “ai servizi nel mercato interno” (c.d. direttiva Bolkestein).

In sostanza, non avendo l’Amministrazione ritenuto opportuno di indire un’istruttoria complessa o procedure di preventiva consultazione con i gestori delle sale da gioco (ad esempio, con le rispettive associazioni rappresentative), l’impossibilità, determinatasi in sede procedimentale, di concretamente conoscere le ragioni giustificatrici della disposta regolamentazione non può che negativamente riflettersi in sede giurisdizionale.

Né, infine, può ritenersi che la limitazione dell’orario di apertura e chiusura delle sale da gioco possa trovare fondamento in esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, che sono state infondatamente opposte dalla difesa del Comune, peraltro con improprio richiamo al principio di sussidiarietà in senso verticale di cui all’art. 118 della Costituzione, laddove il tema controverso riguarda, invece, materie ascritte alla potestà legislativa (e, a maggior ragione, regolamentare) dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. h) della Costituzione.

Nell’assenza di una norma che espressamente vietasse l’apertura 24 ore su 24, incombeva, dunque, sul Comune l’obbligo di motivare le ragioni di una limitazione direttamente incidente sullo svolgimento e, potenzialmente, sulla gestione finanziaria dell’attività condotta. Il che, in sostanza, si sarebbe dovuto tradurre nell’indicazione dei nominati presupposti – debitamente accertati e in puntuale applicazione del principio di proprozionalità – sulla scorta dei quali si possa inibire l’apertura diurna e notturna di locali ove si eserciti il gioco d’azzardo.

L’assenza di un’efficace ponderazione dei citati profili rende dunque palese l’ingiustizia di una disciplina astratta da applicarsi a un’attività, quale quella esercitata dalla ricorrente, che sino ad oggi si è svolta senza mai turbare l’ordine e la sicurezza pubblica, con l’ausilio di personale di sorveglianza all’interno e all’esterno del locale, e che inoltre, essendo esercitata in un immobile sito a poche decine di metri da un Commissariato di Polizia, è inevitabilmente sottoposta ad un puntuale controllo.

Non vi è, dunque, prova che l’armonizzazione tra gli orari delle sale da gioco, da un lato, e le esigenze di ordine e sicurezza pubblica, dall’altro, non possa ugualmente conseguirsi, con immutata efficienza, anche nell’ipotesi di apertura ininterrotta”.

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