Torna in Commissione Tributaria la contestazione da parte della Agenzia delle Entrate IRPEF, Addizionali, IRAP, IVA, oltre accessori, relativo all’anno di imposta 2009 nei confronti di un gestore di apparecchi a vincita.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dal titolare di una attività di impresa di gestione di apparecchi di intrattenimento e scommesse, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pavia la quale aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dal contribuente. L’impugnazione aveva ad oggetto l’avviso di accertamento elevato per IRPEF, Addizionali, IRAP, IVA, oltre accessori, relativo all’anno di imposta 2009, notificato al contribuente dall’Agenzia delle entrate a seguito di un accertamento analitico induttivo ex art.39 comma 1 lett. c) del d.P.R. n.600 del 1973.

Con l’ atto impositivo veniva accertata in capo al contribuente la mancata contabilizzazione di incassi derivante dall’attività di distribuzione di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da intrattenimento e da gioco di abilità, avviso adottato a seguito dell’acquisizione di dati e notizie in contraddittorio con il contribuente, nonché da parte del Concessionario della rete telematica circa il dettaglio della raccolta complessiva degli apparecchi gestiti dal contribuente.

Sulla base di tali dati veniva ricostruito l’ammontare delle somme giocate, depurate dalle vincite, presunte nella misura minima prevista dalla legge, e dalle somme atte a remunerare il gestore e gli esercenti, calcolate tenuto conto del PREU, delle rate amministrative, dei compensi del Concessionario ed del canone spettante ai Monopoli di Stato.

L’Ufficio accertatore scomputava soltanto le somme che, secondo la dichiarazione del contribuente, erano state versate ai gestori ossia il 50% del dichiarato, e attribuiva l’intero maggiore importo accertato a titolo di ricavi al solo gestore senza riconoscere in via presuntiva alcuna ripartizione del ricavo tra gestore ed esercenti, secondo la logica emersa dai dati contabili per la parte dichiarata.

Il giudice di prime cure rigettava il ricorso introduttivo, non condividendo la prospettata preliminare lesione del contraddittorio endoprocedimentale per asserita violazione dell’art. 12 co. 7 della legge n.212/2000 quanto ai dati ottenuti dal Concessionario della rete telematica. Venivano inoltre rigettate le difese nel merito, inclusa la prospettata inattendibilità del dato del PREU 2009 e il mancato riparto del maggior ricavo accertato tra gestore ed esercente. La decisione veniva integralmente condivisa dal giudice d’appello.

Il contribuente è ricorso per cassazione per due motivi.

Considerato che:

Con il primo motivo il ricorrente – ai fini dell’art.360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ. – deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.56 e 109 comma 4 TUIR in relazione all’art. 39 comma 1 lett. d) d.P.R. n. 600/73, nonché la violazione dell’art. 53 Cost., per aver l’Agenzia posto in essere l’accertamento disattendendo la sua contabilità, pur non essendone stata dimostrata la falsità o l’irregolarità; dalla contabilità emerge il riparto dei ricavi tra gestore ed esercenti, e il giudice ha invece attribuito l’intero maggior incasso accertato al contribuente, in violazione del principio di capacità contributiva.

Con il secondo motivo di ricorso – in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – si prospetta la violazione degli artt.115 e 116 cod. proc. civ., 2697, 2727 e 2709 cod. civ. nonché 24 Cost., non avendo la CTR tenuto conto che il dato ricavato dal PREU circa l’ammontare delle giocate non è un dato oggettivo, matematicamente determinato, ma meramente forfettario indicato dall’Amministrazione indipendentemente dalle risultanze effettive della rete, dal momento che si sono verificati, nel periodo di imposta oggetto di riprese, lunghi periodi di totale sconnessione. Inoltre, la presunzione tratta dall’Amministrazione si porrebbe, secondo il contribuente, in contrasto con

scritture contabili regolarmente tenute la cui regolarità non è stata contestata. Infine, la ricostruzione operata dall’Agenzia comunque non tiene conto dell’incidenza percentuale della “quota esercenti” che dev’essere sottratta dall’accertato e non può essere imputata al contribuente.

I due motivi sono stati esaminati congiuntamente in quanto interdipendenti, e sono fondati nei limiti che seguono.

Va premesso che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, in punto di accertamento analitico induttivo, l’Amministrazione finanziaria, allorquando si imbatta in una contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, ossia gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 35713 del 05/12/2022, conforme a Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26036 del 30/12/2015).

Quanto poi al divieto di doppia presunzione su cui insiste in parte la seconda censura, va innanzitutto ricordato che non è configurabile nel sistema processuale un divieto generalizzato di presunzioni di secondo grado, non essendo lo stesso riconducibile agli artt. 2729 e 2697 cod. civ., né ad altre

norme (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 23860 del 29/10/2020; Cass.

Sez. 5 – , Ordinanza n. 20748 del 01/08/2019). Esso in ogni caso – anche su di un piano logico – non attiene alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione legale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17953 del 24/07/2013). Perciò, ai sensi degli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, l’onere del contribuente di giustificare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti intestati a soggetti per i quali è fondatamente ipotizzabile che abbiano messo il loro conto a sua disposizione non è illegittimo (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n.

15003 del 16/06/2017 ) e, per legge, la tassazione sui suddetti giochi

viene calcolata sulla base del Prelievo Erariale Unico.

In materia di prelievo erariale unico (c.d. PREU) sulle somme giocate mediante gli apparecchi da intrattenimento di cui all’art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S., già ex art. 39, comma 13, del d.l. n. 269 del 2003, conv. in l. n. 326 del 2003, presupposto di fatto del tributo è l’effettivo impiego del mezzo utilizzato, ovvero l’esercizio del gioco mediante l’apparecchio da intrattenimento, in forza del principio della capacità contributiva di cui all’art. 53, comma 1, Cost. (Cfr. Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 33584 del 18/12/2019). Nell’ipotesi di trasmissione in via telematica di dati di gioco difformi da quelli effettivamente realizzati, ai sensi dell’art. 39 quater, comma 2, del d.l. n. 269 del 2003, conv. in l. n. 326 del 2003 (nel testo introdotto dall’art. 1 della

l. n. 296 del 2006 applicabile “ratione temporis” sino al 31.7.2009 e anche successivamente alla modifica di cui all’art. 15 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in l. n. 102 del 2009, entrato in vigore il 1.8.2009), sono coobbligati solidali il soggetto che ha provveduto alla installazione degli apparecchi, il possessore dei locali nel quale sono installati ed il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, purché non siano già debitori a titolo principale. (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 14563 del 06/06/2018; cfr. anche Sez. 5 – , Sentenza n.

13116 del 25/05/2018).

L’Amministrazione può quindi procedere all’accertamento analitico induttivo pur in presenza di contabilità formalmente regolare, anche in ragione delle risultanze delle indagini bancarie ex art.32 cit. idonee a generare presunzioni gravi precise e concordanti, e può pure valersi di presunzioni basate sui dati trasmessi dal Concessionario, con calcolo del non dichiarato sulla base del PREU. Inoltre, le deduzioni di fatto contenute nel corpo della seconda censura, circa la disconnessione delle macchine dalla rete per periodi rilevanti sono del tutto generiche. Si tratta di prospettazioni fondate solo su riferimenti a giurisprudenza amministrativa relativa ad altri soggetti economici e ad imprecisati periodi di imposta, e sono fatti comunque già valutati dal

giudice d’appello nel secondo capoverso a pag.4 della sentenza e

prima ancora in primo grado.

Al contrario, la parte delle censure nella quale il contribuente deduce la questione, non nuova nel giudizio, del riparto dei maggiori ricavi accertati tra gli esercenti e il ricorrente stesso non incappa nell’eccepita “doppia conforme”, in quanto non è una questione motivazionale, ed è fondata.

La CTR non ha tenuto conto, alla luce del principio di capacità contributiva (cfr. Corte. Cost. n.10/2023 interpretando l’art.32 del d.P.R.600/73), del fatto che la contabilità del contribuente è potenzialmente idonea a fondare presunzioni gravi precise e concordanti anche per la parte dei ricavi non dichiarati, in quanto attività dichiarativa posta in essere dallo stesso contribuente, formata anteriormente all’accertamento, cronologicamente afferente alla medesima annualità e, dunque, secondo un modello economico di gestione dell’impresa evidentemente suscettibile di replicarsi nell’intero periodo di imposta.

E’ pertanto necessario un nuovo accertamento da parte del giudice della fase rescissoria avuto riguardo al profilo indicato.

Il ricorso va conclusivamente accolto sotto tale profilo, e la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia.

La Corte:

accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite

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