“Discutiamo della delega al Governo per la riforma fiscale, un atto che dovrebbe essere di vitale importanza per rimettere ordine nel Paese, perché c’è disordine nell’attuazione del principio dell’equità fiscale, non lo si può negare. Purtroppo, il Governo e la sua maggioranza ne hanno fatto un pessimo utilizzo, secondo quello che emerge dal testo della delega e dal dibattito parlamentare che si è tenuto in Commissione. Ci sarebbe stato bisogno di pensare ad una corretta distribuzione del carico fiscale, un elemento fondamentale di giustizia come base del contratto sociale nel quale i cittadini dovrebbero riconoscersi”. Così Bruno Tabacci (nella foto), deputato PD-IDP, intervenendo alla Camera sul testo della Delega fiscale.

“Il gioco d’azzardo legale raggiunge i 107 miliardi di euro l’anno e corrisponde quasi al totale della spesa sanitaria, 117 pubblica più 40 privata. Ovviamente non considero il gioco d’azzardo illegale, che è un’altra delle dimensioni che vanno calcolate, perché esiste, c’è. Almeno a sentire quelli che praticano o che organizzano il gioco d’azzardo legale c’è una lamentela nel senso che questo gioco sarebbe ampiamente ridimensionato rispetto al gioco d’azzardo illegale. Il gioco d’azzardo poi viene enfatizzato anche dalla Rai con programmi di successo che in questi anni hanno tenuto banco, come L’eredità e Affari tuoi, a partire dal 2003 a ridosso del TG1. Chi è che non vede la distanza siderale che c’è tra il messaggio dei pacchi e quello di “Lascia o raddoppia?” piuttosto che di Rischiatutto? Ho avuto la fortuna di avere un professore che si era presentato a “Lascia o raddoppia?”, e che sapeva a memoria la Divina Commedia, eppure è caduto in un infortunio sull’Inferno, ma dava a noi studenti la sensazione che bisognasse sapere qualcosa.

Non si poteva andare a “Lascia o raddoppia?” se non si conosceva una materia. Ora che distanza siderale c’è tra “Lascia o raddoppia?” e i pacchi? Alla base dei pacchi ci deve essere una sfacciata fortuna. Se tu hai la fortuna, hai risolto il problema. Primi in Europa e terzi nel mondo per numero di utenti unici di telefonia mobile e possessori di smartphone, il quale poi determina più social che approfondimento e cultura, da cui emerge anche una certa violenza dei social rispetto alla stessa cultura popolare del bar del paese, per tornare indietro ad abitudini che avevano un loro valore e unaloro serietà. Siamo dunque divenuti una società signorile di massa non solo perché i nostri livelli di benessere sono ben al di sopra della sussistenza, non solo perché chi lavora è in netta minoranza rispetto a chi non lavora, non solo perché il tempo dedicato all’evasione e allo svago è ampiamente superiore a quello dedicato al lavoro e allo studio”.

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