Il Tar Lazio ha respinto tutti i ricorsi presentati dai concessionari di scommesse per l’annullamento degli avvisi di pagamento della tassa ‘Salva-sport’, ovvero imposta aggiuntiva dello 0,5% sulla raccolta di scommesse.

Per il Tar l’imposta non è anti-costituzionale.

“Con riguardo all’imposizione sulle scommesse, occorre rammentare che il criterio della tassazione sulla raccolta è, tradizionalmente, l’ordinario criterio di tassazione delle entrate tributarie da scommessa, ai sensi dell’art.2 del D.Lgs.n.504/98, secondo cui “La base imponibile per le scommesse e’ costituita dall’ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa”.”, si legge nella sentenza.

“L’art. 1, comma 945, della Legge n. 208/15 ha introdotto, progressivamente dal 2016 per le scommesse a quota fissa, il diverso criterio della tassazione sul margine; trattasi di una scelta che riflette scelte di politica tributaria del legislatore, la cui generale discrezionalità investe non solo la facoltà di istituire nuovi tributi, ma anche di conformarli, stabilendo la relativa base imponibile. E’ evidente, ad esempio, che il criterio della raccolta determina la tassazione sulla quantità di scommesse, laddove quello del margine si basa, essenzialmente, sul prezzo finale della scommessa (a seguito del pagamento ai vincitori): gli effetti finali sul gettito dipendono, in ultima analisi, dai comportamenti delle agenzie di scommesse e dei clienti finali.

In ogni caso, il prelievo dello 0,5% ex art.217 d.l. n.34/2020 costituisce un’imposta straordinaria e temporanea, diversa dall’imposta unica gravante sugli operatori ai sensi del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n.504, per cui non appare di per sé censurabile la scelta del legislatore che ha fatto riferimento, per la base imponibile, al criterio della tassazione sulla raccolta (cfr., Corte Cost., 26.10.2007, n.350).

Per quanto precede, il ricorso va respinto, in quanto infondato.

Il Collegio, nel rispetto delle disposizioni sulla sinteticità degli atti processuali (artt. 3, comma 2 e 120, comma 10, c.p.a.) e dei principi della domanda (art. 39 e art. 99 c.p.c.) e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 34, comma 1, c.p.a. e art. 112 c.p.c.), ha esaminato tutte le questioni e le censure evocate nei gravami, ritenendo che eventuali profili non scrutinati in modo espresso siano comunque da respingere alla luce della motivazione complessivamente resa oppure che non siano rilevanti per la soluzione della causa (cfr., Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n.5).

Articolo precedenteScommesse calcio, Mondiali Femminili: contro il Sudafrica l’Italia non può più sbagliare, azzurre in discesa a 1,65 su Sisal
Articolo successivoAGCOM: violazione divieto pubblicità gioco d’azzardo, multa da 103.000 euro a Facebook per aver fornito chiarimenti tardivi e poco esaustivi