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(Jamma) Una tesi inquietante circola da qualche tempo tra gli operatori in Italia: che il Legislatore, in questi ultimi anni, non sia stato un supporto valido per il settore dei giochi e delle scommesse nella battaglia contro  il canale illecito di raccolta del gioco. E che anzi, distratto, con alcuni passaggi normativi abbia accomunato il canale lecito che opera sotto il controllo dello Stato per mezzo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, a quello illecito ed illegale che, senza concessione rilasciata da ADM, raccoglie sul tutto il territorio italiano. Prima di dare giudizi affrettati, proviamo ad analizzarne gli elementi.

L’articolo 14, comma 1 e bis), del decreto legislativo n. 231/2007 e successive modifiche ed integrazioni prevede che devono sottostare agli obblighi in tema di antiriciclaggio anche gli operatori che offrono  “giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro, anche in assenza delle autorizzazioni rilasciate dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, ai sensi dell’articolo 1, comma 539, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”. Così – dicono i sostenitori della tesi in esame – i CTD, adempiendo puntualmente a quanto previsto dalla richiamata normativa in tema di antiriciclaggio, istituiscono un archivio unico informatico laddove sia possibile, si iscrivono all’UIF e poi procedono con tutte le segnalazioni, astenendosi se del caso dal porre in essere operazioni vietate. Nulla quaestio, anzi bravi i CTD e CED che rispettano le normative in tema di antiriciclaggio. Se non fosse che questi punti di raccolta di gioco illecito non hanno titolo per operare in Italia. Come se un soggetto pur provetto pilota voglia guidare senza avere la patente rilasciata dalle nostre Autorità.  Nessuno ne metterebbe in dubbio le qualità ma da noi NON PUO’ GUIDARE. Il Legislatore sempre distratto, – insistono gli operatori incolleriti – ha dato altri riconoscimenti impliciti al mercato illegale e parallelo. Lo scorso anno, più per cavalcare un’ondata di quello che viene definito falso perbenismo alimentata quotidianamente dai mass media, che per far fronte a reali esigenze (che esistono ndr), veniva pubblicato il decreto Balduzzi. Questo, nello stabilire dei divieti in materia di raccolta di gioco, finisce in alcuni passaggi per accomunare le due categorie: i concessionari e coloro che operano senza licenza. Il decreto legge (n. 158/12 convertito in legge n.189/12) fa menzione sempre di raccolta di scommesse, senza operare un distinguo tra gli operatori legali e quelli illegali, che si affrettano ad esporre i cartelli – compresi quella della ASL di appartenenza – per non incorrere nella sanzione pari ad euro 50.000,00! Ed ancora: per gli operatori a dir poco clamoroso è il passaggio sul divieto delle apparecchiature elettroniche all’interno di un sala giochi. Nell’articolo 7 viene ribadito il divieto dell’impiego di tavoli da poker elettronici e totem per le scommesse sportive. Come specificato nel testo di legge, il limite vale per tutti gli apparecchi:

– collegati a piattaforme concessionarie

– collegati a piattaforme non autorizzate

In altre parole, a prescindere dall’esistenza o meno di una concessione, tali strumenti (totem e tavoli telematici) non sono permessi. La norma testualmente recita: “Fatte salve le sanzioni previste nei confronti di chiunque eserciti illecitamente attività di offerta di giochi con vincita in denaro, è vietata la messa a disposizione presso qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari on-line, da soggetti autorizzatiall’esercizio dei giochi a distanza, ovvero da soggetti privi di qualsivoglia titolo concessorio o autorizzatorio rilasciato dalle competenti autorità”.

Secondo coloro che sostengono la tesi della pericolosa “distrazione” del Legislatore, è di palmare evidenza che con questa norma le due modalità d’offerta (quella legale e quella illegale) vengano di fatto equiparate e sottoposte allo stesso regime sanzionatorio, che però per i concessionari risulta assai più rigido perché sono sottoposti anche ai vincoli indicati dai regolamenti del settore e da quanto previsto nello schema accessivo alla concessione. E se all’obiezione che i CED ed i CTD, anzi i loro affiliati, possono incorrere in una denuncia penale ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 401/89, gli operatori rispondono che tutti i giorni nei giornali di settore si leggono notizie di dissequestri e assoluzioni perché oramai quella norma, che pone un divieto ben preciso in tema di intermediazione, viene di fatto disapplicata in virtù di interpretazioni distorte delle pronunce della Corte di Giustizia Europea.

L’analisi di questa tesi è impietosa. Perché se da un lato siamo convinti che l’intenzione del Legislatore sia stata (e sia) quella di arginare il fenomeno tramite la sottoposizione di questi soggetti alle norme che eludono, il rischio più che concreto è una strumentalizzazione dei provvedimenti nel senso temuto dagli operatori di cui sopra. Con il risultato che lo spazio e l’economicità delle imprese concessionarie, specie di medie e piccole dimensioni, è ridotto al lumicino. Tanto che alla tesi descritta se ne aggiunge un’altra ben più inquietante: la massiva campagna mediatica contro il gioco con vincita in denaro è ideata e promossa o quantomeno spinta proprio dagli illegali e da organizzazioni criminali, che trarrebbero immediato e forte beneficio dalla scomparsa sul territorio degli operatori autorizzati. E’ quindi urgente, per non incorrere il rischio che il canale lecito del gioco pubblico diventi un canale vuoto con tutte le conseguenze del caso – in termini di controllo, sicurezza, entrate erariali ed anche di occupazione -, che il Legislatore venga sensibilizzato e reso edotto così da poter individuare da ora le giuste (si badi bene, senza ipocrisie da audience..) regole solo per i concessionari, mentre per coloro che operano privi di concessione inasprire pene e sanzioni senza alcun riconoscimento anche indiretto, modificando per l’effetto il dettame della legge n. 401/89, sulla scorta di quanto di recente ben evidenziato dal giudice amministrativo ed alla luce di quanto avvenuto nel post Placanica. E fare presto, altrimenti la tanto auspicata scadenza del 2016 potrebbe rivelarsi vana.

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