Pagina 1 /15 Caricamento in corso… Pagina 1 di 15 DDL di iniziativa del Sen. Mantero Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati RELAZIONE In Italia, a partire dalla fine degli anni ’80, è stata resa più stringente e punitiva la normativa applicabile non solo al commercio illecito, ma anche al consumo personale di droga, prescindendo da qualunque valutazione sulla diversa pericolosità sociale e sanitaria delle droghe, oggetto di una complicata e sempre controversa classificazione giuridica. A livello extraparlamentare nel 1993, è stato approvato un referendum popolare abrogativo che ha mitigato l’impianto sanzionatorio introdotto dalla legge 26 giugno 1990, n. 162. Nel 2014, la sentenza della Corte costituzionale n. 32 dichiarando l’illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies-ter del decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 59, cosiddetta legge Fini-Giovanardi, ha cancellato l’equiparazione tra le cosiddette droghe leggere, quali l’hashish e la marijuana, e quelle pesanti, come l’eroina e in genere gli oppiacei, la cocaina, le anfetamine e gli allucinogeni. Purtroppo, oggi ci troviamo di fronte ad una situazione nella quale le organizzazioni criminali controllano la produzione delle materie prime e nei Paesi consumatori, a livello politico-normativo, non si è riusciti a trovare il modo per arginare i profitti dei trasformatori e degli intermediari che in Italia sono rappresentati in primo luogo dalla criminalità di stampo mafioso, né, tanto meno, si è riusciti ad arginare la diffusione delle droghe proibite. L’adozione di un modello di repressione indifferenziata, che proibisce allo stesso modo tutte le sostanze, e punisce in modo analogo o identico tutti i consumatori, ha accresciuto in modo straordinario i costi e quindi ha aggravato l’inefficienza delle legislazioni proibizioniste. La stessa Direzione nazionale antimafia (DNA), nella relazione annuale afferente l’annualità 2017, ha affermato che “sembra coerente l’adozione di una rigorosa e chiara politica di legalizzazione della vendita della cannabis, accompagnata da una parallela azione a livello internazionale e in particolare europeo, che consenta la creazione, in prospettiva, di una Pagina 1 di 15 Pagina 2 di 15 più ampia aerea in cui il fenomeno sia regolato in modo omogeneo». La Dna si è quindi pronunciata «favorevole alla legalizzazione prendendo atto sulla base di numeri, fatti, indagini e processi in nostro possesso del fallimento delle politiche proibizioniste». «Questo Ufficio, conferma, – prosegue ancora la Dna – anche alla luce delle nuove questioni esaminate e dei nuovi dati pervenuti, la necessità di concentrare le risorse dello Stato sulla repressione di fenomeni più gravi ed allarmanti del traffico di droghe leggere». Il mercato degli stupefacenti – spiega la relazione – è sostanzialmente stabile per quanto riguarda eroina e cocaina mentre continua ad essere in ascesa il giro d’affari della cannabis e delle droghe sintetiche. Nel mondo il business complessivo del narcotraffico secondo le stime si attesta a 560 miliardi di euro l’anno. In Italia è stimato in circa 30 miliardi di euro, pari a circa il 2% del Pil nazionale. Numeri che, secondo la Dna «confermano che la partita del contrasto al narcotraffico rimane decisiva». Già nella relazione afferente l’annualità 2016, la DNA aveva denunciato apertamente, a proposito dell’azione di contrasto della diffusione dei derivati della cannabis, « il totale fallimento dell’azione repressiva » e « la letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di più la diffusione dei cannabinoidi », evidenziando come il dirottare ulteriori risorse su questo fronte avrebbe ridotto l’efficacia dell’azione repressiva su « emergenze criminali virulente, quali quelle rappresentate da criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di essere umani e di rifiuti, corruzione eccetera » e sul « contrasto al traffico delle (letali) droghe “pesanti” ». In questo quadro fattuale, è proprio la DNA a proporre politiche di depenalizzazione che potrebbero dare buoni risultati «in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite ». Questo approccio pragmatico, prima di ogni altra valutazione teorica o di principio sulla natura, sui fini o sui limiti delle legislazioni proibizioniste, oltre a ispirare le considerazioni della DNA, è stato alla base della modifica della legislazione sulle droghe leggere anche negli Stati Uniti d’America (USA), dove è cresciuto rapidamente il numero degli Stati che hanno legalizzato la produzione e la vendita della marijuana per uso Pagina 2 di 15 Pagina 3 di 15 ricreativo, quali il Colorado, Washington, Oregon e Alaska e il distretto di Columbia. Anche in Europa, oltre all’esperienza a tutti nota di Amsterdam, recentemente anche la Spagna, ha visto la progressiva registrazione dei cosiddetti “Cannabis Club” che a differenza dei famosi “coffeeshop” di Amsterdam e ai “dispensari statunitensi” (in cui chiunque può entrare), sono accessibili solo ai propri membri del club, soci tesserati ad una legale associazione di fumatori. I Cannabis Club operano infatti come associazioni private e non come normali negozi aperti al pubblico. I membri di questi club possono garantire su altre persone interessate a partecipare, a patto che i nuovi associati risiedano nel Paese del club ed abbiano compiuto 18 anni. La maggior parte dei club si approvvigionano da coltivazioni private, destinate ai soli membri dell'associazione. Ogni membro, a sua volta, può intervenire per definire la gestione del club e decidere cosa e come coltivare. In questo modo i tesserati hanno accesso ad un prodotto vario e di qualità. Nei Cannabis Club l'erba non viene venduta, in quanto sarebbe ritenuto un reato, ma viene distribuita tra i vari membri, a cui viene richiesta una quota per il mantenimento dell'associazione. In questo modo, tutti gli associati possono ricevere gratuitamente la loro quantità di cannabis. Esattamente come negli USA, anche in Europa i politici stanno cambiando il loro approccio verso la Cannabis e l’Italia non può essere da meno. Alla luce di quanto sopra, si ritiene quindi che la legalizzazione della cannabis in Italia, consentirebbe un risparmio dei costi legati alla repressione penale del fenomeno e riassorbirebbe buona parte dei profitti criminali del mercato nero. Inoltre, consentire l’autoproduzione di cannabis così come pure regolamentarne la produzione e la vendita di infiorescenze della cosiddetta “light” e consentirne l’utilizzo a scopo ricreativo, costituirebbe una importante tutela della salute pubblica, in quanto si sposterebbe il consumo di cannabis, dal mercato illegale di prodotti potenzialmente nocivi per la salute, verso prodotti invece coltivati con rispetto per la salute dell’utilizzatore. D’altra parte, proprio l’esperienza degli Stati che hanno regolamentato in forma legale il mercato della marijuana dimostra che il numero dei consumatori non è affatto cresciuto, né è aumentato l’impatto sociale e sanitario direttamente o indirettamente connesso al consumo. A crescere sono stati solo il reddito legale e il gettito fiscale del mercato legalizzato. 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