Il futuro della licenza Ex Art. 88 TULPS di Stefano Sbordoni

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Tar Lazio: per la revoca della concessione del Lotto necessaria adeguata indagine sulle circostanze che la hanno determinata

 

(Jamma) La Corte di Giustizia Europea pronuncerà il 12 settembre prossimo la sentenza sulla causa Biasci e altri, giudicando sulla tenuta dell’art 88 TULPS nel nostro sistema pubblico dei giochi. L’ennesimo intervento europeo non esime però i nostri organi giudicanti dall’intervenire in merito, mentre sembra che gli stessi si esentino dall’approfondire ed informarsi sul tema. Dubitiamo. Con decisione n. 606 del 20 giugno 2013 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia nel confermare la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – sede di Palermo (sez. I) – n. 5588 del 21 aprile 2010, che aveva ritenuto illegittimo un provvedimento di diniego al rilascio della licenza dell’art. 88 TULPS da parte della Questura di Caltanissetta, respingeva l’appello proposto dal Ministero dell’Interno e dalla stessa Questura di Caltanissetta.

Ecco gli antefatti. Il ricorrente in primo grado era il legale rappresentante di un’impresa individuale, definita “Centro Trasmissione Dati”, la quale aveva stipulato un contratto con una società di diritto inglese e titolare di una “Class 2 Licenze” rilasciata dalla Lotteries and Gaming Autorithy della Repubblica di Malta, “per esercitare” si legge a pag. 2 della parte in fatto della menzionata sentenza “nel territorio italiano l’attività di accettazione di scommesse per conto altrui”. Ecco il primo errore. La licenza rilasciata da Malta autorizza gli operatori a commercializzare il gioco esclusivamente utilizzando il canale on line, non verso utenti gli utenti italiani si intende (esiste peraltro il decreto c.d. sull’oscuramento), e non certamente a commercializzare la raccolta terrestre del gioco nel territorio dello Stato italiano. Il titolare del CTD richiedeva la licenza di pubblica sicurezza al Questore di Caltanisetta invocando come titolo il contratto concluso con l’operatore di gioco inglese. Il Questore siciliano respingeva –correttamente – la richiesta ritenendo che non vi fossero i presupposti per il rilascio in capo al richiedente gestore del CTD. Avverso il provvedimento di diniego veniva proposto ricorso al Tar di Palermo, che rilevava come “la normativa italiana in tema di giochi e scommesse – la quale consente il rilascio dell’autorizzazione di polizia solo ai soggetti in possesso della apposita concessione rilasciata dall’amministrazione finanziaria – contrasta con i principi comunitari di cui agli artt. 43 e 49 del Trattato CE e va conseguentemente disapplicata”. Le motivazioni (tratte dai ridondanti atti dei ricorrenti) spesso sono le stesse: si potrebbe parlare in alcune corti di esiti scontati con pronunce che si atteggiano a formati standard, se non a prestampati.

La pronuncia del primo grado del Tar siciliano veniva impugnata dal Ministero degli Interni e dalla Questura di Caltanissetta innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia. Gli appellanti forse confidavano che il secondo grado della Giustizia amministrativa della Sicilia potesse comprendere la portata della questione e fosse più sensibile alle tematiche inerenti la sicurezza pubblica e la tutela del consumatore. La circostanza non si verificava. Anzi il CGA sposava in toto la tesi del Tribunale di primo grado ritenendo che “nei confronti dell’appellato – in quanto aspirante alla gestione di un punto di raccolta scommesse per conto dalla società (……….) e trasmissione telematica alla predetta dei relativi dati – la Questura non poteva applicare l’art. 88 T.UL.P.S., nella parte in cui esso riserva la relativa autorizzazione di polizia ai titolari dell’apposita concessione previamente rilasciata dall’Amministrazione finanziaria, trattandosi come si è visto di norma in parte qua incompatibile col diritto comunitario. Come statuito dal T.A.R., l’atto di diniego impugnato andava quindi annullato, fermi restando ovviamente gli ulteriori provvedimenti della P.A. inerenti i necessari controlli previsti in generale dal T.U.L.P.S. (cfr. ad es. art. 11) sui requisiti di moralità soggettiva di chi richiede autorizzazioni di polizia”. Sembrerebbe che l’illustre consesso Siciliano si sia allineato a quella giurisprudenza che evidenza come alcuni bookmaker siano stati discriminati da bandi di gara, ex plurimis il bando c.d. Bersani in particolare all’art. 23 dello schema accessivo alla convenzione di concessione, e non siano stati messi nelle condizioni di partecipare. Il CGA va anche oltre sostenendo che gli affiliati dei bookmaker possono operare e devono comunque sottostare ai principi generali del TULPS quale ad esempio l’art. 11 che testualmente prevede che “Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate : 1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a 3 anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione; 2) a chi è sottoposto all’ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro là personalità dello Stato, o contro l’ordine pubblico; ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza resistenza all’Autorità, o a chi non può provare la sua buona condotta. Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell’ autorizzazione.”

Questo passaggio è insidioso e merita attenzione, in particolare da parte di tutti gli addetti ai lavori che credono ancora ad un mercato in cui poter canalizzare il gioco lecito. Se passa infatti il concetto che per i bookmaker vessati e dispregiati da un sistema concessorio capestro non sia necessario alcun controllo da parte dei nostri organi di Pubblica Sicurezza, si rischia che il canale di raccolta di gioco illecito si alimenti e cresca sempre di più a danno del mercato legale, che contribuisce tra l’altro in maniera importante a far quadrare i conti disastrosi del bilancio del nostro Stato. Chi avrebbe infatti titolo – e su che presupposti – a fare le verifiche di cui all’art. 11 TULPS che invoca superficialmente il CGA siciliano? La licenza di cui all’art. 88 TULPS ha un suo scopo precipuo: controllare in via preventiva se il soggetto che a monte ha la concessione direttamente o indirettamente (in caso di gestione) rilasciata da ADM possa avere i requisiti per svolgere sul territorio l’attività lecita di raccolta del gioco pubblico. I CTD, sebbene si dica il contrario, non sono sottoposti ad alcuna forma di controllo preventivo, aiutati anche da quella giurisprudenza, forse poco attenta, che riconoscendo loro di aver subito una discriminazione in un certo tempo da parte dallo Stato, li pone di fatto in un limbo inaccettabile sotto ogni punto di vista. Come troppo spesso accade nel nostro paese, non viene dato seguito a situazioni giuridiche scaturenti da rilievi (o incastri) giurisprudenziali, e i furbi ne approfittano. Sotto altro profilo occorre rilevare che i fatti, oggetto di analisi da parte del CGA, risalgono ad un’epoca antecedente al recente bando di gara, peraltro indetto proprio per recepire le ultime indicazioni della Corte di Giustizia con il caso c.d. Costa Cifone.

Nel nuovo bando di gara, oggetto di censura ma con esito negativo da parte di alcuni bookmaker, sono state eliminate le criticità o quelle considerate tali, che avrebbero potuto produrre altre presunte discriminazioni in capo agli operatori d’oltralpe che avrebbero voluto partecipare alla gara. Nulla è irreparabile: tanto meno si può dire che i bandi emanati in precedenza abbiano causato talmente tante anomalie del mercato che ora è lecito per costoro agire in spregio a tutte le regole. Queste sono illazioni sterili e di parte. Ammesso poi che un danno o un pregiudizio vi sia effettivamente stato. Ed infatti gli operatori illegali vendono da anni senza alcun onere di natura fiscale ed avendo la possibilità di offrire liberamente prodotti innovati rispetto al mercato legale. Si pensi tra gli altri ai palinsesti liberi ed alle scommesse virtuali, che ad oggi gli operatori titolari di una licenza rilasciata da ADM non possono ancora (speriamo per poco) commercializzare, mentre la rete dei CED e CTD li offre oramai da diversi anni, avendo così guadagnato una posizione di privilegio su questi prodotti a danno della filiera legale del gioco. Se si vuole un mercato libero ma controllabile, si deve sottostare tutti alle stesse regole, senza nascondersi dietro principi di diritto che fanno riferimento a fattispecie passate e superate. Si deve pure però superare da parte delle autorità competenti una doppia ipocrisia: quella sulle funzioni del concessionario e quella (connessa) sui prodotti di gioco. Nessuna guerra si combatte senza armi adeguate.

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