
E’ di qualche giorno fa l’annuncio della presentazione in Commissione Sanità, politiche sociali, integrazione sociosanitaria, welfare della Regione Lazio dello schema di deliberazione n. 185 che fa riferimento alla legge regionale 5 agosto 2015, n. 5, “Disposizioni per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico (GAP) e successiva modifica”.
Il provvedimento, illustrato dall’assessora regionale alle Politiche sociali e Welfare, prevede la revoca della decisione della Giunta regionale 15 ottobre 2019, n. 79 e l’individuazione delle caratteristiche del marchio “no slot – RL” nonché l’adozione del disciplinare per il suo rilascio e il corretto utilizzo. Il parere è stato rinviato per mancanza del numero legale, avendo partecipato al voto solo nove consiglieri su 18.
Andando a vedere la delibera balza subito agli occhi la cifra stanziata per la promozione e la gestione del marchio “no slot”, ben 400mila euro, somma già prevista dal Piano regionale biennale sul gioco d’azzardo patologico. La domanda sorge spontanea, era davvero necessario?
Le perplessità, inutile negarlo, sono diverse. A cominciare dall’entità della cifra, che servirà per promuovere e gestire il marchio, oltre a coprire le spese ‘vive’ di registrazione ealtro. Leggendo il protocollo previsto leggiamo anche che saranno i Comuni, e non la Regione, a doversi occupare della procedura di rilascio del marchio e delle eventuali verifiche. Il tutto mente il sito dell’Osservatorio regionale del gioco d’azzardo, strumento principale per il reperimento di informazioni su servizi e altrao, risulta irrangiungile. Insomma, c’è ancora molto da lavorare.
Ma davvero inspiegabile è il perchè, nella delibera della giunta e in tutta la documentazione a corredo, si faccia un continuo riferimento al contrasto al gioco d’azzardo e alle slot, come se queste fossero, senza alcun dubbio, la sola forma di gioco d’azzardo contro la qual la Regione ha deciso di fare guerra.