Settimana Jamma, commento su sette giorni di ordinaria ipocrisia

 

(Jamma) – È ormai consuetudine dei media quella di dedicare ogni settimana all’ipocrisia, non sempre sullo stesso argomento magari cambiandolo in funzione di quello che offre il “mercato” della società civile.

Nel succedersi di settimane di ipocrisia, quella appena trascorsa è stata dedicata la gioco ed in particolare ai “videopoker” (versione mediatica delle AWP).

Lo spunto è stato regalato ai media da un “poveraccio”, disoccupato – separato dalla moglie – e senza soldi per mantenere la famiglia, che ha sparato in piazza, davanti a Palazzo Chigi a persone innocenti che erano sul posto per assolvere al proprio dovere oppure per godersi una passeggiata durante una giornata di sole.

La gente bene, tutti quelli che lo hanno lasciato socialmente morire quando era in grave difficoltà, subito dopo il fatto di cronaca si sono immediatamente attivati: lo hanno vivisezionato ed hanno scoperto, con sommo gaudio, che forse buttava i soldi che non aveva alle macchinette. Di fronte a questa “grande” scoperta EVVIVA è stato il grido che ha percorso tutte le redazioni italiane.

EVVIVA si è scoperto il mandante dello sparatore, è stato lo STATO che autorizza le macchinette nei bar ad armare la mano dei disperati.

Di fronte a questa “clamorosa” scoperta la salute del Brigadiere, che ci auguriamo guarisca al più presto, è diventata l’ultima notizia nelle scalette dei vari telegiornali, mentre l’argomento gioco è diventata la notizia di apertura.

È triste vivere in un Paese dove il disporre di una telecamera che ti inquadra o di un microfono attraverso il quale parlare autorizza chiunque all’insulto di massa. L’ultimo della serie è stato un “pecoraio” che si è sentito di affermare, ovviamente con disprezzo, che chiunque gioca è un imbecille .

Aspettando con ansia che qualcuno rimetta, finalmente, ordine tra causa ed effetto ci assumiamo noi questo onere e proviamo a riflettere sull’argomento.

Il gioco pubblico come la Caritas sono l’effetto di una crisi sociale ed economica di una nazione stanca come quella italiana, non sono certo la causa.

Ricordiamo a tutti che non è sufficiente spegnere le macchinette statali e chiudere la CARITAS per rimuovere la rappresentazione del disagio.

La criminalità organizzata, che spesso è associata al gioco, non nasce con le macchinette, ma deriva dal fatto che lo STATO ha scelto di lasciare alcune regioni alla criminalità forte, quella che molti conoscono sotto il nome di mafia, n’drangheta, camorra e sacra corona unita.

Sicuramente c’è anche un concorso di colpa da parte del sistema gioco ed in particolare di tutti quelli (istituzioni – businessman – consulenti) che, per interesse di parte, si sono impegnati, sino a pochi mesi orsono, a pubblicizzare il fatto che il giro d’affari dell’industria del gioco era così importante da pesare il 4,00% del PIL. Solo a patto di confondere l’incasso lordo con il netto.

Gli stessi che per dare ancor maggior forza al sistema, si sono spinti oltre affermando che l’industria del gioco figura al quinto posto tra i settori industriali Italia e che oggi, a fronte del danno provocato, stanno compiendo una rapida retromarcia e si ritirano in ordine sparso.

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