Firenze. Salvatore Scino (Pd): ‘Perchè non eliminare i contanti dai giochi?’

(Jamma) Prosegue la campagna del vicepresidente del consiglio comunale di Firenze, Salvatore Scino, contro la dipendenza da gioco. Per il vicepresidente si potrebbero eliminare i contanti dai giochi, “sarebbe verosimile – afferma Scino – poter giocare solo con mezzi tracciabili”, in modo tale da poter comparare i dati del giocato con quelli del giocatore. “In pratica, si tratterebbe di un’anagrafe tributaria applicata ai giochi”.

“Come ho dettagliatamente evidenziato nella mia comunicazione al Consiglio Comunale di Firenze il 4 marzo 2013 – afferma in una nota il vicepresidente – a cui faccio seguito ed esplicito rimando, il gioco d’azzardo, anche legale, incentiva la dipendenza e quindi crea disagi sociali enormi. Questo non sono io a dirlo, ma – tra gli altri – il più autorevole e diffuso Manuale di psichiatria a livello mondiale: il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali). C’è poco da aggiungere: è una vera e propria pandemia! Ma la cosa che più colpisce in Italia è il fatto che un Ente pubblico (anche se autonomo), l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), pur di far cassa, non si senta minimamente cosciente (e responsabile) di ciò che sta accadendo. Ma forse la posta in gioco (… è proprio il caso di dirlo) è troppo grande: l’entità dei soldi che ruotano intorno alle giocate è davvero enorme!”.

“Non sarà facile avviare una battaglia politica contro un Ente che, certamente, porta quattrini alle casse dello Stato, ma che di fatto fa arricchire individui che dello Stato e della salute pubblica non se ne curano assolutamente! Tuttavia, penso che questa sia una battaglia giusta, degna di essere portata avanti, per la sicurezza e la salute dei cittadini più deboli. Ma non voglio solo limitarmi a continuare a segnalare e denunciare il problema, credo sia necessario trovare anche una soluzione, almeno per arginare gli effetti più devastanti di questa “patologia sociale”. Ritengo, infatti, che tanto si possa fare con l’aiuto delle nuove tecnologie: si parla di redditometro, redditest ed anagrafica tributaria; si parla della possibilità (forse eccessiva), di controllare tutto e tutti. Ma cosa si sta facendo per controllare il gioco, in modo che sia un sano divertimento, senza arrivare alle situazioni drammatiche oramai ben note? Penso, quindi, che sia il momento di creare un freno istituzionale che limiti il gioco, facendolo rientrare nell’alveo delle attività di svago. L’idea è semplice ma, ritengo, molto efficace: eliminare i contanti dai giochi. Difatti, sarebbe verosimile poter giocare solo con mezzi tracciabili, possibilmente utilizzando una carta nominativa ricaricabile, da acquistare da rivenditori autorizzati (tabaccai, edicole, ecc.) o direttamente nelle sale da gioco.
Tale dispositivo dovrebbe, inoltre, prevedere l’obbligo per i rivenditori di comunicare i dati del giocatore e del numero della carta (con relativo PIN).
I rivenditori, ad ogni ricarica della carta, tratterrebbero automaticamente la percentuale per la ricarica stessa, calibrata secondo il tipo di gioco, oltre al costo di propria spettanza per il servizio prestato; il giocatore, da parte sua, incasserebbe presso qualsiasi rivenditore le vincite; infine, il rivenditore verserebbe allo Stato l’incasso al netto dei costi.
Inoltre, in caso di premi superiori ad una certa soglia, considerata elevata, il denaro verrebbe incassato tramite Istituti di credito convenzionati, per garantire al giocatore la propria privacy. I dati così ricavati potrebbero essere comparati con quelli di reddito del giocatore, in modo da comprendere, in tempo, se questi eccede nel gioco; in tal caso partirebbe una segnalazione che, se ripetuta, porterebbe ad un controllo mirato, sia fiscale che sanitario.
In pratica, si tratterebbe di un’anagrafe tributaria applicata ai giochi, con cui verrebbe indubbiamente arginato sia il fenomeno del gioco d’azzardo clandestino che il riciclaggio di denaro sporco.
Perché non farlo? Penso sia doveroso per la salute dei giocatori e delle loro famiglie”.

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