Consiglio di Stato. Niente intermediari nelle scommesse

(Jamma) Il Consiglio di Stato, con sentenza depositata lo scorso 27 novembre, esclude la possibilità che un operatore estero agisca in Italia per il tramite di un mediatore. “Il sistema concessorio-autorizzatorio, vigente nel nostro ordinamento, – afferma il Collegio – la cui legittimità è stata confermata anche dalle Corti europee, riguarda unicamente operatori economici che intendano ‘organizzare e gestire’ nel territorio la parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche, e non lascia nessuno spazio per formule organizzatorie, che, separando le fasi della negoziazione, non consentano l’individuazione dell’effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha accolto il ricorso in appello proposto da Ministero dell’Interno per la riforma di una sentenza del Tar Puglia, sezione Lecce, concernente il diniego di autorizzazione attività di intermediazione nel settore delle scommesse.

I fatti risalgono al 2011 quando il titolare dell’impresa, che opera quale centro trasmissione dati (CTD) relativi a scommesse su eventi sportivi in favore di società straniera, titolare di concessione in un ordinamento diverso da quello italiano, ha chiesto il nulla osta all’autorità competente ai fini del rilascio dell’autorizzazione per l’attività di offerta al pubblico di reti e servizi di comunicazione elettronica, ai sensi dell’articolo 88 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. L’autorità di pubblica sicurezza competente ha però rigettato l’istanza sulla base della motivazione secondo cui l’autorizzazione non poteva essere rilasciata, in quanto il richiedente non era titolare della concessione a svolgere l’attività per l’organizzazione e la gestione delle scommesse.

Il titolare del centro trasmissioni dati è insorto contro il provvedimento negativo, deducendo in sostanza che l’attività in Italia del gruppo straniero è tutelata dalla normativa comunitaria concernente l’insediamento delle imprese in uno Stato membro diverso da quello di provenienza, con specifico riguardo alle disposizioni del Trattato dell’ Unione Europea relativo alla libertà di stabilimento (art. 42) e alla libera circolazione dei servizi (art. 49). Il giudice territoriale ha accolto il ricorso annullando il provvedimento di diniego, sulla base della motivazione che il regime italiano concessorio autorizzatorio si pone in contrasto con le indicate norme comunitarie. La sentenza è stata però appellata dal Ministero dell’Interno, deducendosi, in buona sostanza, che le norme del Trattato europeo, così come interpretate da numerose sentenze del giudice comunitario, rendono pienamente compatibile il sistema nazionale nella materia dell’organizzazione e gestione delle scommesse.

La causa, al pari di altre aventi il medesimo oggetto, è passata in decisione all’udienza del 14 novembre 2013.

“Preliminarmente – afferma i lcollegio – va presa in esame la situazione giuridica sostanziale e processuale del Centro trasmissioni dati, così come identificato nell’intestazione, al fine di valutare la sussistenza delle concorrenti condizioni dell’azione originariamente proposta, ossia la legittimazione al ricorso e l’interesse ad agire, atteso che la residua condizione della possibilità giuridica del provvedimento giurisdizionale richiesto sussiste pienamente, in quanto il giudice può sia annullare il provvedimento originariamente impugnato e sia disapplicare la norma in contrasto con il diritto comunitario.

Risulta pacifico tra le parti, ed è confermato dagli atti di causa, che la richiesta dell’autorizzazione di polizia ai sensi dell’articolo 88 del TULPS è stata fatta unicamente a favore del Centro trasmissioni dati, che poi è stato l’unico soggetto a proporre il ricorso originario ed anche l’unico soggetto controparte dell’amministrazione nell’intero giudizio. Tuttavia la richiesta è stata sottoscritta anche dal rappresentante della società estera; circostanza questa che, proprio perché quest’ultima non ha chiesto anche per sé l’autorizzazione, induce il collegio a ritenere che ciò sia stato fatto unicamente per attestare la sussistenza di un rapporto di fatto e giuridico tra il richiedente e l’organizzazione estera.

Il rapporto giuridico tra i due soggetti è regolato da un contratto di servizio dal cui contenuto si ricava agevolmente che -in linea perfetta con il contenuto della richiesta dell’autorizzazione di polizia, laddove viene chiesta unicamente per lo svolgimento dell’attività di intermediazione, priva di autonomia e di rischio economico- la prestazione del CTD consiste nel trasmettere via internet, in tempo reale, alla società straniera le proposte di scommessa sportiva su eventi a quota fissa ricevute dai clienti e che quest’ultima accetta o meno la proposta di scommessa, trasmettendo, sempre in via telematica, il relativo esito al centro dati. Nel medesimo contratto si stabilisce che il rapporto si costituisce tra due parti, autonome e indipendenti; ha natura esclusivamente commerciale e non costituisce né un rapporto di lavoro subordinato, né un contratto di agenzia, né un contratto di mandato, né un contratto di partnership, di joint-venture, di società o altro. Si stabilisce altresì che il centro non può incidere sull’organizzazione della gestione delle scommesse, sull’accettazione e sulle modalità di gioco; che non ha la possibilità di modificare i dati, poiché queste spettano unicamente alla società estera.

Va altresì rilevato che l’intera impostazione difensiva della parte privata tende a rimarcare la totale autonomia e l’assoluta estraneità del CTD all’organizzazione e alla gestione delle scommesse.

Alla luce di quanto emerge dal contenuto delle rispettive prestazioni, e al di là dell’ esistenza o meno della clausola contrattuale dove le parti espressamente escludano contratti che implichino una relazione giuridica più stretta, il rapporto, la cui qualificazione è riservata al giudice da fare su basi oggettive, non può che essere ricondotto a quello di mediazione, disciplinato dall’art 1754 del codice civile.

La norma del codice civile, laddove fornisce unicamente la nozione di ‘mediatore’ e non di ‘contratto di mediazione’, consente di attrarre nella sua orbita anche forme di mediazione, sistematica esclusiva e liberamente organizzata (in forma di impresa individuale o collettiva), a favore di un unico soggetto.

Tuttavia, quand’anche si volesse configurare un contratto a causa mista, preponderante rimane quella propria del contratto di mediazione, costituita dal mettere “in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legata ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.

Quel che rileva è che il contratto di scommessa si concluda direttamente, secondo le note regole del luogo ove il proponente conosce dell’accettazione dell’altra parte, tra lo scommettitore e la società estera.

Questo consente di ritenere che, in punto di legittimazione e di sussistenza dell’interesse ad agire, il centro trasmissione dati, pur potendo formalmente proporre il ricorso sulla base del semplice fatto di aver aperto il procedimento autorizzatorio, non avendo nessun titolo sostanziale a chiedere l’autorizzazione, finisce con il non avere nemmeno la legittimazione processuale sostanziale; e, comunque, è sufficiente ad escludere l’attualità dell’interesse a ricorrere. Infatti, nessun vantaggio potrebbe avere dall’annullamento dell’atto originariamente impugnato, dato che presuppone il potere giuridico, che nel caso di specie manca, di organizzare e gestire il mercato delle scommesse.

In termini più chiari, il CTD non potrebbe in ogni caso svolgere l’attività per cui è stata chiesta l’autorizzazione, senza la qualificata presenza nel nostro ordinamento del soggetto nel cui interesse agisce.

Infatti, il sistema concessorio-autorizzatorio, vigente nel nostro ordinamento, la cui legittimità è stata confermata anche dalle Corti europee, riguarda unicamente operatori economici che intendano ‘organizzare e gestire’ nel territorio la parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche, e non lascia nessuno spazio per formule organizzatorie, che, separando le fasi della negoziazione, non consentano l’individuazione dell’effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse.

Invece con il meccanismo predisposto, ove lo Stato italiano lo consentisse, il reale gestore del mercato potrebbe svolgere la sua attività all’estero senza sottoporsi a controlli e verifiche, agendo attraverso l’intermediatore, rispetto al quale nessuna responsabilità sarebbe ipotizzabile, ingenerando incertezze presso gli stessi scommettitori”.