Stanleybet. Sentenza Biasci: non sono direttamente applicabili a Goldbet i principi della sentenza Costa Cifone

(Jamma) Con la sentenza Biasci, pubblicata questa mattina, la Corte di Giustizia si pronuncia sull’operatore austriaco Goldbet disponendo che i principi contenuti nella sentenza Costa–Cifone del 2012, che aveva definitivamente accertato le discriminazioni subite da Stanley, non potranno essere applicati autonomamente a Goldbet o ad altri operatori.

Il TAR Toscana, quale Giudice del rinvio, aveva chiesto lumi interpretativi alla Corte di Giustizia in merito alla equiparabilità delle discriminazioni subite da Stanley a quelle invocate dall’operatore austriaco in occasione delle gare Bersani. La Stanley era intervenuta ad opponendum nel ricorso di Goldbet e quindi, in questo caso, a sostegno delle tesi dell’Avvocatura dello Stato e dell’Amministrazione.

I Giudici di Lussemburgo riconsegnano questo accertamento ai Giudici nazionali, i quali non potranno più automaticamente applicare i principi della Costa-Cifone a Goldbet o ad altri operatori che affermino di essere stati discriminati, ma dovranno valutare volta per volta il contesto fattuale nel quale l’operatore si è trovato ad agire e verificare l’effettivo pregiudizio subito.

La soluzione Costa-Cifone non é quindi ‘trasponibile’ a Goldbet: la Corte Europea chiarisce anche il senso dell’ordinanza Pulignani del 16 febbraio 2012 (causa C-413/10), che di tale trasponibilita’ aveva parlato, chiarendo che “… essa si e’ fondata su una constatazione del giudice del rinvio nella causa che ha dato origine a tale ordinanza. Nei presenti procedimenti spetta quindi al giudice del rinvio valutare il contesto fattuale e le conseguenze che ne derivano …..” (sentenza Biasci punto 35).

In sostanza, spetta al giudice del rinvio, a cui la causa ora tornera’, stabilire se Goldbet e’ stata effettivamente discriminata, e, in caso contrario, la Costa Cifone NON sara’ applicabile a Goldbet.

Il giudice del rinvio dovra’ constatare che Goldbet:

(i) E’ stata titolare di una concessione CONI del 1999 e quindi (sentenza Biasci punto 36) avendo “ottenuto alcune concessioni tramite una società italiana controllata, […] una constatazione del genere comporti che la Goldbet debba essere considerata far parte degli operatori esistenti che, in realtà, erano avvantaggiati dalle norme sulla distanza minima obbligatoria tra i punti di raccolta scommesse….” (norma censurata dalla Corte di Giustizia nella sentenza Costa-Cifone);

(ii) ha partecipato alle gare Bersani, anche tramite altra società del suo gruppo;

(iii) le sue concessioni sono decadute perche’ esercitava attività illegali. Non perche’, come dichiarato dall’operatore austriaco, esercitava la modalità transfrontaliera dell’offerta, che comunque, mancando qualsiasi discriminazione precedente, non poteva avere alcuna pretesa di legalita’;

(iv) Non puo’ dolersi della mancanza di chiarezza dell’art 23 della convenzione di gara (Bersani) perche’ tale mancanza di chiarezza, rilevata nella sentenza Costa-Cifone, si applica al caso Stanley che aveva invece subito una discriminazione precedente (impedimento alla partecipazione alle gare del 1999). Nel caso Goldbet invece l’attivita’ transfrontaliera non trovava giustificazione in alcuna discriminazione precedente e, quindi, quale presunta attività illegale certamente in contrasto con la normativa interna, giustificava l’applicazione dell’art 23 che in tale caso era chiaro e del tutto privo di ambiguita’, perche’ diretta ad impedire che gli operatori concessionari effettuassero attivita illegali al di fuori del perimetro della Concessione.

“Si tratta di una sentenza lungimirante. Conosciamo bene la storia di Goldbet e confidiamo pienamente che gli accertamenti richiesti dalla Corte di Giustizia porteranno i Giudici italiani a dimostrare che Goldbet non è mai stata discriminata dalla legge italiana”, ha dichiarato il COO di Stanley John Witthaker. “Non possono esssere messe sullo stesso piano situazioni oggettivamente diverse, poiché ciò contrasterebbe con il principio di uguaglianza e si finirebbe, di fatto, per scardinare il sistema concessorio, che la Stanley ha tutto l’interesse a proteggere e tutelare. In Italia si deve ripristinare la legalità con attente ed oculate verifiche sulle posizioni degli operatori diversi da Stanley, che dovrebbero portare alla conclusione che nessuno di essi ha subito la benché minima discriminazione”.

 

  1. NOTA LEGALE:

I titolari dei centri Goldbet, al fine di esercitare l’intermediazione delle scommesse a mezzo di Centri di Elaborazione Dati [CED], avevano chiesto il rilascio della licenza di polizia ai sensi dell’art. 88 TULPS alle competenti Questure che, però, non hanno accolto le loro istanze, nel presupposto che si trattava di una attività non consentita di raccolta per conto di terzi. Poiché Goldbet non risultava possedere la qualità di concessionario nazionale – rectius, ne era decaduta – e tenuto conto che, secondo l’interpretazione offerta dalle Questure, lo svolgimento dell’attività in Italia avrebbe dovuto inscindibilmente coniugare il titolo concessorio a quello autorizzatorio, i presupposti per il rilascio della licenza sono stati ritenuti insussistenti.

Avverso i dinieghi delle Questure, i ricorrenti hanno proposto ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, domandandone l’annullamento.

Il TAR Toscana ha chiesto lumi alla Corte di Giustizia proprio in merito alla equiparabilità delle discriminazioni subite da Stanley a quelle invocate dall’operatore austriaco Goldbet in occasione delle gare Bersani.

Facendo propri i dubbi di compatibilità comunitaria dell’attuale assetto ordinamentale dei giochi sollevati dai ricorrenti – in particolare, delle previsioni contenute all’art. 88 TULPS rispetto ai principi contenuti negli artt. 49 e 56 TFUE – i Giudici Toscani hanno sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

​“… 1) se gli artt. 43 CE e 49 del Trattato CE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano, in linea di principio, ad una normativa di uno Stato membro, come quella italiana di cui agli artt. 88 T.U.L.P.S., alla stregua della quale «la licenza per l’esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione» e 2, comma 2-ter, del d.l. 25 marzo 2010, n. 40, convertito con l. n. 73/2010, in base al quale «l’articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la licenza ivi prevista, ove rilasciata per esercizi commerciali nei quali si svolge l’esercizio e la raccolta di giochi pubblici con vincita in denaro, è da intendersi efficace solo a seguito del rilascio ai titolari dei medesimi esercizi di apposita concessione per l’esercizio e la raccolta di tali giochi da parte del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato»;

2) se i predetti artt. 43 CE e 49 del Trattato CE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano, in linea di principio, altresì, ad una normativa nazionale come quella prevista dall’art. 38, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con l. n. 248/2006, secondo cui «L’articolo 1, comma 287, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è sostituito dal seguente: Con provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite le nuove modalità di distribuzione del gioco su eventi diversi dalle corse dei cavalli, nel rispetto dei seguenti criteri:

​“… l) definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1° marzo 2006, n. 111 …»”. Ciò, con particolare riguardo alla previsione, da parte dell’art. 38, comma 2, cit., di un indirizzo generale di tutela delle concessioni rilasciate anteriormente al mutato quadro normativo, di una serie di limiti e misure che finirebbero, di fatto, per garantire il mantenimento delle posizioni commerciali preesistenti, come dimostrano gli obblighi di apertura dei nuovi punti di vendita ad una determinata distanza da quelli già assegnati, e della generale interpretazione che del citato art. 38, comma 2, ha dato l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, inserendo nelle convenzioni di concessione la clausola di decadenza prima riportata per l’ipotesi di svolgimento, diretto o indiretto, di attività transfrontaliere assimilabili;

3) in caso di risposta affermativa, tale cioè che ritenga compatibile con la disciplina comunitaria le norme nazionali riportate ai punti precedenti, se l’art. 49 del Trattato CE debba essere interpretato nel senso che, nel caso di una restrizione della libera prestazione dei servizi imposta per motivi di interesse generale, deve preventivamente accertarsi se tale interesse generale non venga già tenuto sufficientemente in considerazione in virtù delle norme, dei controlli e delle verifiche alle quali il prestatore dei servizi è soggetto nello Stato di stabilimento;

4) in caso di soluzione affermativa, come specificata al punto precedente, se nell’esame della proporzionalità di una tale restrizione il giudice del rinvio debba tener conto del fatto che nello Stato di stabilimento del prestatore dei servizi le norme applicabili prevedono controlli di intensità uguale o addirittura superiore ai controlli imposti dallo Stato in cui viene effettuata la prestazione di servizi …”.

Con la sentenza Biasci e altrila Corte di Giustizia si pronuncia per la prima volta sull’operatore austriaco Goldbet disponendo che i principi contenuti nella sentenza Costa–Cifone del 2012, che aveva definitivamente accertato le discriminazioni subite da Stanley, non potranno essere applicati autonomamente a Goldbet o ad altri operatori.

La Corte di Giustizia esclude la portata erga omnes della sentenza Costa-Cifone e dispone di effettuare una reale valutazione nazionale sulle discriminazioni subite dagli operatori diversi da Stanley.

In risposta al primo quesito, la Corte conferma la legittimità del sistema concessorio e della necessarietà dell’autorizzazione di polizia, costituendo tali requisiti un meccanismo efficace di controllo delle attività criminali o fraudolente. Ciò significa che non è, di per sé, in contrasto con il diritto dell’Unione una normativa nazionale che imponga agli operatori interessati ad esercitare attività di giochi e scommesse l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia in aggiunta ad una concessione.

Le altre risposte della Corte si riferiscono alle modalità di assegnazione delle concessioni a seguito dei bandi Bersani ed alle eventuali discriminazioni che l’impianto delle gare avrebbero determinato.

L’equiparabilità delle discriminazioni subite da Stanley a quelle invocate dall’operatore austriaco, viene dai Giudici di Lussemburgo considerata un’importante e dirimente questione di fatto, riconsegnata alla cognizione del Giudice del rinvio. Ne segue che i Giudici nazionali non potranno più automaticamente applicare i principi della sentenza Costa-Cifone a Goldbet o ad altri operatori che assumano di essere stati discriminati, ma dovranno valutare volta per volta il contesto fattuale e l’effettivo pregiudizio subito.

La soluzione Costa-Cifone non é trasponibile a Goldbet. Il Giudice del rinvio deve introdurre un nuovo “test Goldbet” e deve constatare che l’operatore: (i) anche tramite altre società italiane, è stata titolare di una concessione CONI del 1999 e, pertanto, è rientrata nel novero degli operatori avvantaggiati dalle gare (operatori, in particolare, che hanno beneficiato della disciplina sulle distanze che la Corte di Giustizia ha censurato nella sentenza Costa-Cifone); (ii) abbia partecipato alle gare Bersani, anche tramite altra società del suo gruppo; e, infine, (iii) se le vere ragioni della decadenza delle sue concessioni risiedano nell’esercizio di attività illegali e non, come dichiarato dall’operatore austriaco, nel semplice utilizzo di modalità transfrontaliera dell’offerta.

Nel caso in cui anche uno qualsiasi di tali accertamenti dovesse avere esito positivo, la società Goldbet non potrebbe sostenere di essere stata discriminata dalla normativa italiana, la quale, di conseguenza, sarebbe pienamente applicabile nei suoi confronti.

La sentenza Costa Cifone ha riconosciuto la discriminazioni per gli intermediari di Stanley. Infatti,

Stanley era stata illegittimamente esclusa dalle Gare CONI del 1999 e dal conseguimento delle relative concessioni, come giudicato dalle sentenze Gambelli e Placanica

l’accesso di Stanley al mercato non era stato utilmente ripristinato dalle gare Bersani del 2006, come giudicato dalla sentenza Costa-Cifone; ed in ogni caso

  • Stanley aveva tempestivamente impugnato il bando Bersani ancora nel 2006 dinanzi al Giudice nazionale.

Al contrario, tali discriminazioni non si sono verificate per gli intermediari di Goldbet.

  1. COMMENTO E CONSEGUENZE DELLA DECISIONE DEL GIUDICE COMUNITARIO SULLA POSIZIONE DELLA SOCIETÀ GOLDBET SPORTWETTEN GMBH ALL’INTERNO DELL’ORDINAMENTO ITALIANO.

Dal punto di vista dei principi generali, la decisione della Corte si articola secondo due precise direttive.

I) Da un lato, essa conferma integralmente il costante insegnamento fornito in materia dalla giurisprudenza comunitaria. Alla stregua di tale insegnamento,

  1. i Paesi membri, nel settore delle scommesse, sono liberi di prevedere misure restrittive alle libertà del Trattato purché siano rispettate le condizioni stabilite al riguardo dalla giurisprudenza della Corte;

  1. (soltanto) qualora tali condizioni non siano rispettate, la normativa in esame risulta (astrattamente) in contrasto con le disposizioni del Trattato.

II) Dall’altro, e in modo assolutamente innovativo, la decisione in parola pone finalmente termine all’annosa questione relativa a chi e a che condizioni abbia titolo per chiedere la disapplicazione di una normativa nazionale che risulti astrattamente contraria al Trattato FUE.

Dalla pronuncia, infatti, si ricava chiaramente che, ai fini della disapplicazione, non è sufficiente invocare l’astratta contrarietà al diritto comunitario di una data normativa nazionale, ma occorre che il Giudice nazionale indaghi sulle concrete circostanze in cui si è trovato ad agire l’operatore comunitario che asserisce di essere stato discriminato, nonché sull’esistenza di un’effettiva discriminazione a suo carico: soltanto chi è stato effettivamente e concretamente pregiudicato da una disposizione nazionale, infatti, ha titolo per invocarne la disapplicazione.

Per contro, in mancanza di un’effettiva e concreta discriminazione, la normativa nazionale – ivi compresa quella penale – è e rimane pienamente applicabile. Come si dimostrerà nel prosieguo, la società Goldbet si trova esattamente in quest’ultima condizione.

Il primo dei suaccennati profili è affrontato dalla Corte nell’ambito della risposta fornita alla prima questione pregiudiziale sollevata dal TAR Toscana. Con tale quesito, il Giudice italiano ha chiesto alla Corte di Giustizia di valutare “se gli articoli 43 CE e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che imponga alle società interessate a esercitare attività collegate ai giochi d’azzardo l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata dallo Stato al fine di esercitare simili attività, e che limiti il rilascio di una siffatta autorizzazione segnatamente ai richiedenti che già sono in possesso di una simile concessione”.

A tale quesito, come anticipato, la Corte risponde nei seguenti termini:

p.to 21: “La Corte ha già dichiarato che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, in quanto contiene il divieto – penalmente sanzionato – di esercitare attività nel settore dei giochi d’azzardo in assenza di concessione o di autorizzazione di polizia rilasciata dallo Stato, comporta restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi …”;

p.to 22: “Restrizioni del genere possono tuttavia essere ammesse sulla base delle deroghe espressamente previste dagli articoli 45 CE e 46 CE, applicabili anche in materia di libera prestazione di servizi in forza dell’articolo 55 CE, ovvero giustificate, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale”;

p.to 25: “Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se il sistema di concessioni istituito dalla normativa nazionale, in quanto limita il numero di soggetti che operano nel settore dei giochi d’azzardo, risponda realmente all’obiettivo mirante a prevenire l’esercizio delle attività in tale settore per fini criminali o fraudolenti. Del pari spetta a tale giudice verificare se queste restrizioni soddisfino le condizioni che risultano dalla giurisprudenza della Corte per quanto riguarda la loro proporzionalità ”;

p.to 28: “Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che imponga alle società interessate a esercitare attività collegate ai giochi d’azzardo l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata dallo Stato al fine di esercitare simili attività, e che limiti il rilascio di una siffatta autorizzazione segnatamente ai richiedenti che già sono in possesso di una simile concessione”.

La seconda e più innovativa indicazione contenuta nella sentenza in esame è sviluppata dalla Corte in occasione della risposta al secondo quesito pregiudiziale, con cui il Giudice del rinvio ha chiesto di sapere “se gli articoli 43 CE e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale quale l’articolo 38, comma 2, del decreto Bersani e l’articolo 23, comma 3, dello schema di convenzione che, da un lato, tutela le posizioni commerciali acquisite dagli operatori esistenti prevedendo, in particolare, determinate distanze minime tra gli esercizi dei nuovi concessionari e quelli degli operatori esistenti e, dall’altro, prevede la decadenza della concessione per le attività di raccolta e di gestione delle scommesse nell’ipotesi che il concessionario gestisca direttamente o indirettamente attività transfrontaliere di gioco assimilabili a quelle gestite dall’AAMS ovvero giochi d’azzardo proibiti dall’ordinamento giuridico nazionale”.

Sul punto, la Corte fornisce le seguenti inequivocabili risposte:

p.to 31: “Il contenuto di tale questione è sostanzialmente identico a quello delle questioni sulle quali la Corte si è già pronunciata nella citata sentenza Costa e Cifone”;1

p.to 34: “Tuttavia, le parti del procedimento dinanzi alla Corte sono in disaccordo sul punto se le situazioni di cui trattasi nei procedimenti principali siano o meno paragonabili a quelle all’origine di detta sentenza e, in particolare, se la Goldbet e i ricorrenti nei procedimenti principali abbiano subito un pregiudizio dalle disposizioni nazionali di cui la Corte ha dichiarato l’incompatibilità con il diritto dell’Unione”;

p.to 35: “Orbene, sebbene la Corte abbia già avuto occasione di rilevare che la situazione di un gestore di un CTD collegato alla Goldbet si inserisce in un contesto giuridico e fattuale che è essenzialmente identico a quello che ha dato origine alla citata sentenza Costa e Cifone (ordinanza del 16 febbraio 2012, Pulignani e a., C413/10, punto 3), al riguardo essa si è fondata su una [mera]constatazione del giudice del rinvio nella causa che ha dato origine a tale ordinanza.

p.to 35: “Nei presenti procedimenti spetta quindi al giudice del rinvio valutare il contesto fattuale e le conseguenze che gliene derivano dalla citata sentenza Costa e Cifone”.

Da quanto precede, discendono le seguenti, chiarissime, conclusioni: il giudice nazionale deve verificare la concreta situazione in cui si è trovato ad operare l’allibratore in questione e l’effettiva esistenza di pregiudizi causati da tale normativa. In assenza della prova di un’effettiva discriminazione, la normativa nazionale – pur astrattamente contraria al diritto dell’Unione – è e rimane pienamente applicabile.

la posizione specifica di goldbet sportwetten gmbh.

La Corte di Giustizia fornisce al Giudice del rinvio specifiche direttive d’indagine dirette a verificare, in concreto, se l’operatore Goldbet sia stato effettivamente discriminato dalla normativa italiana in materia di scommesse e possa, conseguentemente, chiederne la disapplicazione.

A tal fine (p.ti 36 e 37), essa richiede al TAR Toscana di accertare:

  1. se la Goldbet, prima di decadere dai suoi diritti, ha partecipato alle procedure di rilascio di concessioni ed ha ottenuto alcune concessioni tramite una società italiana controllata, [per] valutare se una constatazione del genere comporti che la Goldbet debba essere considerata far parte degli operatori esistenti che, in realtà, erano avvantaggiati dalle norme sulla distanza minima obbligatoria tra i punti di raccolta scommesse, riguardanti unicamente gli esercizi dei nuovi concessionari”;

  1. se tale operatore abbia [effettivamente, N.d.R.] rinunciato a candidarsi per una concessione a causa dell’incertezza del diritto derivante dall’articolo 23, comma 3, dello schema di convenzione”;

  1. se la decadenza di Goldbet “sia stata pronunciata per il fatto che la Goldbet ha offerto giochi non autorizzati oppure solamente perché essa esercita attività transfrontaliere” (al riguardo, la Corte specifica che soltantoIn quest’ultima ipotesi, … gli articoli 43 CE e 49 CE ostano a una normativa nazionale che impedisca di fatto qualsiasi attività transfrontaliera nel settore del gioco indipendentemente dalla forma di svolgimento della suddetta attività”).

Ebbene, le attestazioni notarili, le sentenze dei Giudici amministrativi, gli atti pubblici e tutti gli altri documenti ufficiali (prodotti in giudizio) dimostrano, inequivocabilmente, che Goldbet Sportwetten non è mai stata discriminata dalla normativa italiana in materia di scommesse, con la conseguenza che tale normativa risulta pienamente applicabile nei suoi confronti.

Goldbet era titolare di una concessione CONI del 1999.

Come risulta dagli atti notarili e dalla documentazione AAMS, Goldbet Sportwetten, attraverso la sua controllata totalitaria Goldbet Italia S.r.l., era divenuta titolare, ben prima dello svolgimento delle gare Bersani, della concessione CONI no. 3148.

Ebbene, è proprio con riferimento alle concessioni CONI che il decreto Bersani aveva previsto ed attuato il divieto di aprire i nuovi punti vendita al di sotto di una distanza “di sicurezza” da quelli già esistenti. Ne discende che Goldbet, proprio perché ha pienamente usufruito della clausola sulle distanze minime – che ha concretamente tutelato anch’essa, ponendola “al riparo” dalla concorrenza e consentendole così di lucrare “indebiti vantaggi concorrenziali” (cfr. il p.to 53 della sentenza Costa e Cifone cit.) – è stata beneficiata (e non pregiudicata!) da tale previsione e, pertanto, non ha alcun titolo invocarne la disapplicazione.

Vero motivo della mancata partecipazione di Goldbet Sportwetten alla procedura Bersani.

Goldbet Sportwetten non ha potuto partecipare alla gara Bersani per una preliminare e assorbente ragione di diritto italiano, che rende assolutamente irrilevante e meramente ipotetica – e conseguentemente preclude – ogni successiva ed eventuale argomentazione di diritto comunitario: ai sensi del par. 4.2 del capitolato d’oneri che disciplinava la gara Bersani (rubricato “Soggetti legittimati a partecipare alla procedura di selezione”), infatti, erano tassativamenteesclusi dalla procedura di selezione i candidati che presentasserosituazioni di controllo e/o collegamento, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, con altri candidati separatamente partecipanti alla procedura di selezione, ovvero di qualsivoglia riconducibilità al medesimo centro di interessi e/o decisionale, rispetto ad altri candidati alla procedura di selezione”.

In altri termini, la mancata partecipazione della società austriaca alla gara Bersani – indipendentemente da qualsivoglia questione di diritto comunitario eventualmente prospettabile – è stata la diretta ed ineluttabile conseguenza del fatto che già un’altra società facente parte del suo medesimo centro di interessi e decisionale (Goldbet Italia, appunto) partecipava alla stessa procedura.2

Motivi della decadenza.

Le ragioni che hanno indotto l’AAMS a dichiarare la decadenza delle concessioni di Goldbet non hanno nulla a che vedere né con asserite violazioni del diritto dell’Unione commesse dallo Stato italiano, né con i rilievi formulati nella sentenza Costa e Cifone con riferimento alla situazione specifica di Stanley.

Invero, il provvedimento di decadenza emesso dall’AAMS si fonda esclusivamente sulla circostanza che tale operatore dirottava illegalmente e surrettiziamente i consumatori italiani, dal proprio sito web ufficiale, sottoposto al controllo delle Autorità italiane e recante il logo AAMS, verso siti stranieri non autorizzati ed inibiti.3 Anche in questo caso, non sussiste alcuna ragione che legittima Goldbet ad invocare la disapplicazione della normativa italiana.

Alla luce di quanto precede, può senza dubbio affermarsi che

considerato l’insegnamento fornito dalla sentenza in esame in ordine alla necessità di verificare, in concreto, l’esistenza di specifici pregiudizi quale effetto di una normativa contraria al Trattato,

tenuto conto che nessuna discriminazione risulta essere stata perpetrata nel caso di specie

la normativa italiana in materia di scommesse risulta pienamente applicabile nei confronti dell’operatore Goldbet Sportwetten GMBH.

1 Al riguardo, la Corte ricorda che (p.ti 32 e 33): “Per quanto riguarda la prima parte di tale questione, al punto 66 di detta sentenza, [essa aveva] dichiarato che gli articoli 43 CE e 49 CE, nonché i principi di parità di trattamento e di effettività, devono essere interpretati nel senso che ostano a che uno Stato membro che abbia escluso, in violazione del diritto dell’Unione, una categoria di operatori dall’attribuzione di concessioni per l’esercizio di un’attività economica e che cerchi di rimediare a tale violazione mettendo a concorso un numero rilevante di nuove concessioni protegga le posizioni commerciali acquisite dagli operatori esistenti prevedendo, in particolare, determinate distanze minime tra gli esercizi dei nuovi concessionari e quelli di tali operatori esistenti. Per quanto riguarda la seconda parte di questa stessa questione relativa all’articolo 23, comma 3, dello schema di convenzione, [essa aveva] osservato ai punti 89 e 90 di detta sentenza che tale disposizione non era formulata in modo chiaro, preciso e univoco e che, in tali circostanze, non si può addebitare ad un operatore il fatto di aver rinunciato a presentare una candidatura per una concessione in assenza di qualsiasi sicurezza sul piano giuridico, fintanto che permaneva incertezza riguardo alla conformità del suo modus operandi alle disposizioni della convenzione da sottoscrivere al momento dell’attribuzione di una concessione”.

2 È noto infatti che, nell’ordinamento italiano, gli effetti della partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica si estendono – per molti versi – anche a tutte le società facenti parte del medesimo gruppo o, comunque, tra di loro collegate. Più precisamente, ciò che assume rilievoai fini della partecipazione a una gara pubblica è il concetto schiettamente sostanziale di centro di interessi e/o decisionale (il cui fondamento risiede, tra l’altro, nella necessità di evitare alterazioni concorrenziali, frodi ai consumatori, elusioni del divieto di concentrazioni, cartelli societari). In definitiva, anche se si trattava di due soggetti “formalmente” distinti, il fatto stesso che tra Goldbet Sportwetten e Goldbet Italia fosse intercorso un rapporto di collegamento e controllo, ha fatto sì che gli stessi, per l’ordinamento italiano, fossero considerati come facenti parte del medesimo centro di interessi e/o decisionale e che quindi – ciò che più conta in questa sede – la partecipazione di Goldbet Italia alla gara Bersani impedisse, de iure (par. 4.2 del capitolo d’oneri cit.), la contemporanea partecipazione di Goldbet Sportwetten.

3In relazione al provvedimento di sospensione emesso dall’AAMS prima della dichiarazione di decadenza, il TAR Lazio ha osservato quanto segue (sentenza n. 10236/2008, confermata dal Consiglio di Stato)

  • l’atto impugnato … è una statuizione cautelare emanata … in relazione … all’uso strumentale dei citati portali internet per veicolare siti WEB offerenti giochi illeciti e/o non autorizzati nel territorio della Repubblica[…];

  • siffatta misura è posta in base a stringenti regole della convenzione delle due concessioni per l’immediata tutele dell’interesse pubblico alla diffusione del solo gioco lecito così come è governato e autorizzato per legge dall’AAMS […];

  • l’AAMS ha verificato sia l’identità di logo e di sito WEB della ricorrente e della controllante austriaca che commercializza on line il gioco illecito, sia la situazione di controllo intercorrente tra le due Società, sia varie segnalazioni di terzi al riguardo, sia, infine, la circostanza che il sito WEB goldbet.com sia stato oggetto di varie inibizioni ai sensi dell’art. 1, c. 50 della l. 27 dicembre 2006 n. 296 e di continue modifiche di dominio, vicende tutte, queste, che costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti, ossia tutt’altro che speciosi o irrilevanti, per iniziare il procedimento di decadenza ed approfondirne gli accertamenti del caso […];

  • non osta, di per sé sola, la natura oggettivamente transfrontaliera della raccolta on line di giochi e/o scommesse, in quanto ciò che rileva … è una raccolta diversa da quella lecita, ossia sfruttando i portali autorizzati per i giochi concessi dall’AAMS per consentire alla concessionaria o ad un’impresa terza ma ad essa collegata l’offerta di giochi diversi ed illeciti”.