Il Consiglio di Stato, con sentenza del 1 marzo 2023, ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli/Mef con la quale si chiedeva la riforma della pronuncia del Tar del Lazio in materia di minimi garantiti.
Il collegio ha ritenuto che corretta la statuizione “del primo giudice, secondo cui i provvedimenti di riscossione delle somme per il raggiungimento del c.d. minimo garantito non avrebbero potuto essere adottati prima della definizione delle c.d. misure di salvaguardia, di talché detti provvedimenti (nel presente giudizio, relativi alle somme dovute per l’anno 2007) manifestano la loro illegittimità in quanto adottati senza la previa definizione di un provvedimento (a portata generale, ma incidente sulla posizione di ciascun concessionario) necessariamente presupposto a quelli qui impugnati (v., sul punto, anche la citata sentenza n. 7641 del 28 luglio 2009, non impugnata e, dunque, passata in giudicato).
Anche se l’art. 10, comma 5, lett. b), del d.l. n. 16 del 2012, va qui ricordato, ha legittimamente abrogato le misure di salvaguardia, come ha statuito la Corte costituzionale la cui pronuncia di incostituzionalità non ha colpito, invero, tale abrogazione, rimane infatti fermo l’obbligo, per il legislatore, di adottare misure compensative per i concessionari “storici”, senza per questo perpetuare o incrementare illegittimi privilegi anticoncorrenziali per questi, in assenza di trasparenza e di concorrenza, già stigmatizzati, come rammentato le amministrazioni appellanti, dal giudice europeo in numerose pronunce, che hanno determinato la fondamentale apertura del settore alla concorrenza e all’indizione di gare per le concessioni in materia”.