La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del titolare di una sala giochi presentato contro la sentenza della Corte di Appello di Palermo che aveva confermato nei suoi confronti la condanna, resa all’esito del primo grado di giudizio, alla pena di sei mesi di reclusione con interdizione dall’ufficio direttivo di persone giuridiche e di imprese per la durata di un anno e due mesi. L’uomo è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 4, comma 4-bis L. 401/1989 per aver svolto, in qualità di titolare della ditta individuale e di proprietario di una sala giochi, in concorso con i gestori di fatto, un’attività organizzata diretta a raccogliere o accettare scommesse per via telematica per conto di una società estera priva di concessione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nonché di licenza ai sensi dell’art. 88 T.U.P.S..
L’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando cinque motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo motivo lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, che la pena accessoria inflittagli relativa all’interdizione dall’ufficio direttiva di persone giuridiche e di imprese, prevista ai sensi dell’art. 5 n.2 L.401/1989 per le sole ipotesi di condanna per uno dei reati disciplinati dall’art. 1 della stessa legge, non fosse applicabile nei suoi confronti avendo egli riportato condanna per il delitto di cui all’art. 4, comma 4-bis. Si duole altresì della completa carenza motivazionale sul punto essendo stata con l’atto di appello espressamente richiesta la revoca delle pene accessorie.
2.2. Con il secondo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 4 comma 4-bis L. 401/1989, la mancanza di prova di un’attività organizzata per l’accettazione e la raccolta delle scommesse, non essendosi rinvenuto, all’infuori di tre ricevute dell’importo complessivo di poche decine di euro in possesso di due soggetti che stazionavano fuori dal locale, neppure indagati, alcun elemento che consentisse di ritenere che all’interno dell’esercizio commerciale si svolgesse attività di scommesse, dove non era stato visto nessuno giocare, né essendo stato effettuato alcun sequestro su computer, conti di gioco denaro, etc. da cui desumere che i PC rinvenuti nella sala fossero utilizzati per le scommesse on line e non, invece, per la sola navigazione sulla rete e che fossero stati effettuati trasferimenti di danaro da parte dell’imputato a società estere. Lamenta in estrema sintesi la mancata predisposizione di una struttura, ancorchè non necessariamente complessa, dotata di personale e di mezzi per l’effettuazione dell’attività di gioco, necessaria all’integrazione della fattispecie criminosa.
2.3. Con il terzo motivo lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 131 bis, 62 n.4, 62 bis e 133 cod. pen., che nella quantificazione della pena non fosse stato tenuto in alcun conto che l’importo complessivo delle giocate accertate superava appena i dieci euro, che l’imputato era giovane ed incensurato e di tutti gli altri elementi evidenziati con l’atto di appello fra cui in particolare la mancanza dell’elemento psicologico del reato alla luce della complessità della normativa regolatrice la materia del fatto che la società (…) cui era collegata l’attività di gioco era stata autorizzata ad operare in Italia e che il (…) aveva chiesto ed ottenuto la necessaria autorizzazione da parte del Questore di Agrigento; si duole a fronte dell’esiguità degli importi giocati, della mancata applicazione dell’attenuante relativa al danno patrimoniale di speciale tenuità e delle attenuanti generiche e lamenta altresì, quanto all’annesso riconoscimento della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, che ricorressero nella fattispecie tutti i presupposti per l’applicabilità della norma trattandosi di reato punito con pena detentiva non superiore a cinque anni e sussistendo tanto la particolare tenuità dell’offesa quanto la condotta non abituale.
2.4. Con il quarto motivo ribadisce, in relazione al vizio motivazionale, l’erronea valutazione ed il travisamento della prova in ordine alla sussistenza di una struttura organizzativa predisposta per l’attività di accettazione e raccolta delle scommesse evidenziando il generico ed indiscriminato riferimento ad opera della Corte di appello a tutti gli imputati senza alcuna distinzione tra le singole posizioni e quindi alla posizione del (…) nei confronti del quale non era stato rinvenuto alcun elemento su conti di comodo, postazioni ad uso esclusivo per le scommesse, documenti contabili o somme di danaro relative a scommesse ipoteticamente effettuate.
2.5. Con il quinto motivo si duole della mancanza di motivazione in ordine al diniego della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. e delle attenuanti generiche, genericamente riferito dalla Corte di appello a tutti gli imputati senza alcuna valutazione della specifica posizione del (…) con riferimento agli specifici elementi emersi nei suoi confronti nel corso dell’istruttoria.
Per i giudici: “Esaminando il ricorso secondo l’ordine logico e sistematico derivante dalla struttura dell’impugnazione in sede di legittimità, devono essere prioritariamente esaminati il secondo ed il quarto motivo, tra loro intrinsecamente connessi, che, riguardando l’affermazione di responsabilità, risultano logicamente preliminari ai motivi articolati con ordine numerico antecedente. Le contestazioni articolate al riguardo, appuntandosi sul momento valutativo della prova, in assenza peraltro del necessario confronto argomentativo con i corretti rilievi spesi dai giudici distrettuali, non possono ritenersi ammissibili. La Corte palermitana, confermando del resto le analoghe valutazioni contenute nella sentenza di primo grado, fonda la colpevolezza del prevenuto che, in quanto proprietario del locale adibito a sala giochi e scommesse risponde del reato in contestazione ove abbia favorito le attività di accettazione e raccolta delle scommesse, sulla circostanza che costui fosse l’intestatario di un conto sul sito della società (…) con marchio (…), priva di concessione dell’Agenzia Dogane e Monopoli nonché di licenza ex art. 88 T.U.L.P.S., aperto dal 2009 e contenente il volume delle giocate da allora eseguite fino al 2013, circostanza neppure contestata dalla difesa, nonché sulla presenza all’interno dell’esercizio di cinque postazioni con personal computer a disposizione della clientela per le scommesse on line, oltre a due monitor anch’essi dai quali visionare e raccogliere le scommesse riservati al gestore, constatata de visu dai verbalizzanti all’esito del sopralluogo.
Privo di rilievo è il fatto che di tali oggetti non si sia proceduto a sequestro posto che, non essendo in discussione che si trattasse di dotazioni del locale e risultando d’altra parte la navigazione dei computer destinati alla clientela bloccata sul sito delle scommesse con conseguente impossibilità di accesso a siti di natura diversa, così come avverrebbe in un internet point, gli stessi configurano la struttura organizzata predisposta per l’attività illecitamente svolta con l’interposizione del prevenuto, attraverso il conto a lui intestato, nel rapporto tra lo scommettitore e il bookmaker, protrattosi sin dal 2009. Deve perciò ritenersi che la sentenza impugnata abbia fatto corretta applicazione del principio a suo tempo affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte in ordine alla legittimità della scelta di sanzionare penalmente gli intermediari dei bookmakers comunitari in quanto ritenuta giustificata dall’esigenza, perseguita in maniera efficace e proporzionata attraverso il sistema delle concessioni e delle licenze di pubblica sicurezza, di evitare infiltrazioni da parte della criminalità organizzata, facilmente attirabile dai lauti guadagni (Sez. U, Sentenza n. 23271 del 26/04/2004 – dep. 18/05/2004, Corsi, Rv. 227725), reputando a tal fine sufficiente che venga posta in essere in territorio nazionale una qualsiasi attività connessa o finalizzata allo svolgimento delle scommesse, quale quella di chi, pur non gestendo in prima persona a livello imprenditoriale l’attività, collabori tuttavia ad essa rappresentando in Italia un booknnaker straniero.
2. Il terzo e il quinto motivo, anch’essi tra loro connessi concernendo gli stessi punti della pronuncia impugnata, afferenti al trattamento sanzionatorio, che il ricorrente accorpa in ragione della natura del vizio dedotto, vanno esaminati congiuntamente. 2.1. Per quanto concerne l’attenuante ex art. 62 n.4 cod. pen., trattasi di doglianza che correttamente non è stata considerata dalla Corte distrettuale oggetto dell’atto di gravame, così come risulta dai motivi sinteticamente riportati nello svolgimento del processo della pronuncia impugnata. Ed, invero, l’istanza, formulata nel ricorso in appello in termini soltanto concessivi all’interno della censura relativa all’applicabilità delle circostanze ex art. 62 bis cp (in cui il ricorrente si duole che non fosse stata “statuita quanto meno la sussistenza delle attenuanti generiche, se non anche quella specifica dell’art. 62 n.4 cod. pen., e per l’effetto ridotta la pena”) non potrebbe essere considerata specifica, in difetto di qualsivoglia indicazione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto che devono caratterizzare, a pena di inammissibilità, l’impugnativa secondo il combinato disposto d cui agli artt. 591e 581 cod. proc. pen., onde nessun obbligo vi era per il giudice adito di pronunciarsi al riguardo.2.2. Per contro, la sintetica ed indifferenziata motivazione resa dalla Corte distrettuale con riferimento a tutti i coimputati non può ritenersi adeguatamente contrastata dalla difesa né in relazione alle attenuanti generiche, né alla causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen.. In relazione a tale secondo profilo di censura non si ravvisano nella motivazione resa dalla Corte palermitana, fratture o incongruenze argomentative, le quali soltanto consentirebbero l’intervento del giudice di legittimità e che comunque non risultano essere state neppure ventilate dalla difesa nell’esplicitazione delle ragioni fondanti il diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.. Il ricorrente si limita ad enucleare la presenza dei presupposti necessari per l’applicabilità del beneficio, inglobando, insieme al mancato superamento dei limiti previsti per la pena detentiva e alla non abitualità della condotta, anche la particolare tenuità dell’offesa che tuttavia assume sussistente in termini meramente assiomatici, senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento avversato che esclude proprio tale elemento in ragione della durata dell’attività illecita svolta dal (…) negli anni dal 2009 al 2013, stante l’implicito rinvio contenuto nella motivazione di ordine generale concernente il diniego alle posizioni dei singoli imputati, ed alla conseguente entità della lesione arrecata al bene giuridico tutelato, avuto riguardo alle esigenze di ordine pubblico volte a contrastare le degenerazioni criminali del settore delle scommesse.
Lungi dal confutare tale puntuale argomentazione, il ricorso si limita a sovrapporre ad essa una diversa valutazione, in termini più favorevoli per la difesa, arrestandosi alle risultanze contingenti al momento del sopralluogo per essersi in quel frangente esclusivamente rinvenute tre ricevute di scommesse effettuate per un importo non superiore ai dieci euro complessivi: non è tuttavia al valore delle giocate effettuate al momento dell’emersione della notitia criminis che può essere parametrata la gravità della condotta, dovendo la stessa essere apprezzata in relazione all’entità della lesione arrecata al bene giuridico tutelato a fronte di una condotta, quale quella oggetto di contestazione, che si era concretizzata nel protratto esercizio di un’attività di intermediazione nel settore dei giochi e delle scommesse, cui il giudice di merito nell’esercizio della sua discrezionalità ha conferito valore preminente in termini ostativi, senza che alcun sindacato possa essere esercitato al riguardo da questa Corte di legittimità.
2.3. Quanto al diniego delle attenuanti generiche, le doglianze difensive si rivelano anche su tale punto aspecifiche venendo contrapposti al giudizio negativo, fondato dai giudici del gravame sulla mancanza di elementi di segno positivo, o fattori del tutto neutri, quali la giovane età o il fatto che fossero state rinvenute al momento del sopralluogo ricevute per scommesse di modestissimo importo, o attinenti agli stessi elementi costitutivi del reato, quali l’elemento psicologico, o addirittura preclusivi, come la condizione di incensuratezza, al riconoscimento del beneficio invocato.
2.4. Con riferimento, infine, alla dosimetria della pena, va ricordato che è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art.133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione della pena, senza che il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, sia censurabile in sede di legittimità. Ciò vale, “a fortiori”, anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia conto dell’adeguatezza della pena al caso concreto, attraverso la quale il giudice del gravame mostra di aver valutato, sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 Rv 181825. Conf. mass. N. 155508; n. 148766; n. 117242). Nel caso in esame in ogni caso, essendo stata la pena base contenuta nel minimo edittale, da nessun particolare onere motivazionale poteva ritenersi gravata la Corte distrettuale. I motivi in esame devono, conclusivamente, ritenersi inammissibili.
3. Risulta, invece, meritevole di accoglimento il primo motivo concernente la pena accessoria relativa all’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, sulla quale, malgrado la richiesta di revoca formulata con i motivi di appello, la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi. Fondato risulta il rilievo in ordine alla sua applicabilità alle sole condanne per i reati di frode in competizioni sportive di cui all’art. 1 L. 13.12.1989 n.401, così come espressamente previsto dall’art. 5, secondo comma della stessa legge: conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente a tale punto, ben potendo tuttavia questa Corte, nell’esercizio dei poteri conferitile dall’art. 620 lett. I) cod. proc. pen., provvedere direttamente alla sua eliminazione senza necessità di rinvio.
P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese”.