Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione Autonoma di Bolzano ha respinto, tramite sentenza, il ricorso presentato da un esercente contro Comune di Bolzano e Provincia autonoma di Bolzano, in cui si chiedeva l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento del 30.7.2018, emesso dal Comune di Bolzano, avente ad oggetto: “Atto definitivo di rigetto della richiesta di proroga automatica della licenza” presentata dal ricorrente e di ogni altro atto relativo, presupposto e conseguente, individuato ed individuabile.
Di seguito il testo della sentenza:
“Il ricorrente agisce per l’annullamento del provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Comune di Bolzano ha rigettato la sua richiesta volta a ottenere la “conferma della proroga automatica a 5 anni della licenza” per la raccolta di scommesse di cui era titolare.
2. Espone di essere titolare de “(…)”, sito in via (…), a Bolzano, dove, accanto alla rivendita di generi di monopolio, in un apposito corner dedicato, esercitava l’attività di raccolta delle scommesse.
3. Deteneva, a tal fine, la necessaria licenza con scadenza fissata all’1.6.2018, ai sensi dell’art. 20, comma 4, della L.P. 10/2016, essendo necessario, entro tale termine, verificare “l’eventuale presenza dei luoghi sensibili di cui all’art. 5-bis, comma 1-bis della legge provinciale n. 13/1992 e all’art. 9, comma 1-quater, della legge provinciale n. 10/2016”, in assenza dei quali la licenza sarebbe stata “automaticamente prorogata a 5 anni” (doc. 3 del ricorrente). Giova precisare che l’autorizzazione in questione riguarda solo la raccolta di scommesse sportive, mentre non è rinvenibile in atti alcun titolo abilitativo relativo agli apparecchi ex art. 110, comma 6, lettera a) T.U.L.P.S.
4. In data 25.5.2018, in vista di detta scadenza, il ricorrente, con il patrocinio della Federazione Italiana Tabaccai – Sindacato Totoricevitori Sportivi e assieme agli altri tabaccai della Provincia di Bolzano, inviava alle Amministrazioni provinciale e comunale un’istanza in autotutela con la quale, sulla scorta di un’ampia motivazione riguardo all’illegittimità costituzionale della normativa provinciale, chiedeva loro, in ragione delle rispettive competenze, a) di sospendere gli effetti dell’art. 20 della L.P. 10/2016; b) di sospendere l’applicazione e l’attuazione della suddetta disposizione, astenendosi dal compiere funzioni di vigilanza e di controllo sull’osservanza delle disposizioni e dall’eventuale applicazione di sanzioni in capo ai tabaccai; c) di prorogare, in subordine, il termine di adeguamento previsto dalla norma richiamata; il tutto, quantomeno, sino alla definizione dei giudizi pendenti dinanzi al Consiglio di Stato, dove era in corso una consulenza tecnica d’ufficio volta a verificare l’eventuale effetto espulsivo del gioco lecito dal territorio dei comuni coinvolti nell’accertamento in conseguenza al così detto distanziometro imposto dalla normativa provinciale (sul quale più in dettaglio infra), della quale si assumeva l’illegittimità costituzionale sotto plurimi profili (doc. 4 del ricorrente).
Con un ulteriore nota del 16.5.2018 il ricorrente chiedeva, anche autonomamente, alle Amministrazioni comunale e provinciale di “confermare la proroga automatica a 5 anni della Licenza in favore del sottoscritto” e di sospendere l’applicazione dell’art. 20 L.P n. 10/2016 (doc. 5 del ricorrente).
5. Con nota del 5.6.2018 il Comune di Bolzano comunicava al ricorrente “l’avvio del procedimento per il rigetto della richiesta di proroga automatica della licenza”, “in quanto nel raggio di 300 metri …” vi erano “i siti considerati sensibili di cui all’art. 5-bis della l.p. n. 13/1992 (cfr. elenco e mappa siti allegati)“. Per tale ragione il Comune vietava la prosecuzione dell’attività, essendo ormai scaduta, l’1.6.2018, la relativa autorizzazione (doc. 6 del ricorrente).
6. Il ricorrente reagiva con un ampio scritto difensivo in cui ribadiva l’illegittimità costituzionale del distanziometro introdotto dalla normativa provinciale per la violazione di diversi parametri costituzionali (doc. 7 del ricorrente).
7. Nel frattempo pervenivano i riscontri delle Amministrazioni all’istanza in autotutela del 25.5.2018, entrambi negativi. La Provincia di Bolzano, in particolare, evidenziava come “dalle perizie d’ufficio eseguite nei … giudizi tuttora pendenti al Consiglio di Stato risulta che l’effetto espulsivo non esiste” (docc. 8 e 9 del ricorrente).
8. Il ricorrente e gli altri tabaccai, anch’essi colpiti dalle conseguenze del distanziometro, contestavano gli assunti provinciali e insistevano nel richiedere la sospensione dell’efficacia dell’art. 20 L.P. n. 10/2016, quantomeno fino alla decisione del Consiglio di Stato in relazione alla legittimità della misura distanziale imposta dalla normativa in questione, dando della CTU depositata in quel giudizio una lettura favorevole alla loro tesi (doc. 10 del ricorrente).
9. È, infine, del 30.7.2018 il provvedimento con cui il Comune, a conclusione del procedimento, rigetta la domanda di proroga automatica dell’autorizzazione per la raccolta di scommesse. Vi si afferma, con riguardo alle osservazioni presentate con gli scritti difensivi, che esse “non possono essere accolte in quanto (…) non sussiste l’effetto espulsivo, posto che nelle aree insediate la percentuale di zone libere da vincoli è pari al 26,79% (escluso il paesaggio naturale/zone boschive. Numerose sono le slot e le VLT presenti in zona non vincolata: una macchinetta ogni 217 abitanti”. Il Comune, pertanto: a) rigetta la richiesta di proroga dell’autorizzazione, “in quanto nel raggio di 300 metri … vi sono i siti considerati sensibili di cui all’art. 5-bis della l.p. 13/1992”; b) rigetta la richiesta di sospensione dell’applicazione dell’art. 20 L.P. 10/2016, “in quanto la l.p. n. 10/2016 e la l.p. n. 13/1992 sono tuttora in vigore e quindi applicabili”; c) ordina la rimozione immediata dei giochi leciti ovvero la cessazione dell’attività di raccolta scommesse presso la tabaccheria, in quanto l’autorizzazione è scaduta in data 1.6.2018; d) ordina la restituzione della licenza (doc. 1 del ricorrente).
10. Con il ricorso all’esame il ricorrente chiede al Giudice adito l’annullamento del provvedimento che gli nega la proroga dell’autorizzazione per la raccolta di scommesse, previa la sua sospensione cautelare e la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, per il prospettato conflitto con i parametri costituzionali di cui agli artt. 41, 114, comma 3, 117, comma 2, lettere h) e m), 118, 32 e 47 Cost. delle seguenti norme:
– art. 5-bis L.P. 13/1992 (introdotto dall’art. 1 della LP 13 del 22.11.2010), per il quale “per ragioni di tutela di determinate categorie di persone e per prevenire il vizio del gioco” l’autorizzazione “per l’esercizio di sale da giochi e di attrazione non può essere concessa ove le stesse siano ubicate in un raggio di 300 metri” dai siti sensibili individuati dalla medesima disposizione e da quelli ulteriori stabiliti dalla Giunta provinciale con propria delibera ai sensi del comma 2; e precisa ulteriormente che “… per le autorizzazioni esistenti il termine di 5 anni decorre dal 1gennaio 2011”;
– art. 11, comma 1-bis, L.P. 58/1988, secondo cui “anche i giochi leciti non possono essere messi a disposizione in un raggio di 300 metri” dai cd. siti sensibili individuati dal legislatore provinciale;
– art. 5-bis, comma 1-bis, L.P. 13/1992 (introdotto dall’art. 8 della L.P. 10/2016), secondo il quale “sono considerati luoghi sensibili tutte le strutture sanitarie e socioassistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza”;
– art. 11, comma 1-quater, L.P. 58/1988, per il quale “sono considerati luoghi sensibili (…) tutte le strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza”;
– art. 6-bis L.P. 3/2006 (introdotto dalla L.P. 10/2016), per il quale le “limitazioni spaziali e temporali di cui all’art. 11 della L.P. 58/1988 sono estese anche alle rivendite di generi di monopolio”;
– art. 20 LP 10/2016, per cui “a causa dell’ampliamento dei luoghi sensibili di cui all’articolo 5-bis, comma 1-bis, della legge provinciale 13 maggio 1992, n. 13, e successive modifiche, per le sale da giochi e di attrazione che non corrispondono più alle presenti norme in vigore le autorizzazioni scadono entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge”, e secondo il quale “gli apparecchi da gioco … già installati negli esercizi pubblici all’entrata in vigore della disposizione di cui al comma 1-quater dell’articolo 11 della legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58, … devono essere rimossi entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge. … Gli apparecchi da gioco … già installati all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’articolo 6-bis, commi 1, 2 e 3, della legge provinciale 18 maggio 2006, n. 3, devono essere rimossi dagli esercizi entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge”;
tutte nella misura in cui esprimono un errore tecnico che determina, sostanzialmente, l’interdizione del gioco legale dall’intero territorio della Provincia di Bolzano, producendo il cd. effetto espulsivo.
10.1. Sostiene, in estrema sintesi, il ricorrente
– che la normativa provinciale su cui l‘Amministrazione fonda il provvedimento di rigetto dell’istanza, volta a ottenere la proroga automatica, per 5 anni, dell’autorizzazione alla raccolta di scommesse presso la propria tabaccheria, sarebbe inficiata da un “errore tecnico”, non considerato in sede di concepimento normativo, perché il raggio del distanziometro da essa introdotto, combinato all’alto numero dei siti sensibili individuati dal legislatore provinciale e, su sua delega, dalla Giunta provinciale, produrrebbe un effetto tale, da espellere il gioco legale sostanzialmente da tutto il territorio provinciale;
– che il provvedimento di rigetto impugnato sarebbe affetto da un vizio della motivazione, atteso che la porzione di territorio comunale insediabile per il gioco legale non corrisponderebbe, come erroneamente affermato dal Comune, al 26,9%, risultando dalle perizie di parte e dalla CTU disposta in altri analoghi giudizi dal Consiglio di Stato un’interdizione pari rispettivamente al 99% e al 96% del territorio comunale;
– che, infatti, secondo la perizia di parte, le percentuali d’interdizione, avuto riguardo, non solo al Comune di Bolzano, ma anche a diversi comuni della Provincia, sarebbero sempre superiori al 98% (docc. 11 e 13 della ricorrente);
– che anche la CTU disposta dal Consiglio di Stato rivelerebbe il lamentato effetto espulsivo, atteso che, secondo la medesima, sarebbe insediabile per il gioco legale appena il 3,19% del territorio del Comune di Bolzano, percentuale cui corrisponde, specularmente, quella del 96% dell’area interdetta;
– che detto effetto espulsivo si aggraverebbe ancor più per i tabaccai, sino all’interdizione piena, posto che la totalità degli esercizi presenti in Provincia di Bolzano (elencati nel ricorso) si troverebbero in luoghi vietati dalla contestata normativa e sarebbero stati colpiti dal medesimo provvedimento oggetto del presente gravame (docc. 14 e 15 della ricorrente);
10.2. Sulla scorta di queste premesse il ricorrente assume l’incostituzionalità delle norme sopra indicate a causa dell’errore tecnico che pervaderebbe il distanziometro, la cui introduzione avrebbe determinato, nei fatti, un effetto sostanzialmente espulsivo del gioco legale da tutto il territorio provinciale.
La normativa a base del provvedimento impugnato violerebbe, in particolare:
– l’art. 41 Cost. che garantisce la libertà d’iniziativa economica, privando gli esercenti dei ricavi derivanti dal gioco legale; detto azzeramento sarebbe del tutto sproporzionato e irragionevole rispetto all’interesse pubblico perseguito, tenuto altresì conto del fatto che sussisterebbe, anche secondo la nominata CTU, la sostanziale impossibilità di un trasferimento delle attività in altra sede, libera dal divieto; la ricorrente richiama, sul punto, la sentenza n. 108/2017 della Corte Costituzionale che, con riferimento al distanziometro, pari a un raggio di 500 m, introdotto dalla legge della Regione Puglia, pur non pronunciandosi sulla sua legittimità costituzionale perché esulante dal tema posto dall’ordinanza di rimessione, si sarebbe comunque preoccupata “di esaltarne i vizi” individuandoli nella “lesione dell’impresa e del principio di affidamento”;
– il principio del legittimo affidamento di rilevanza europea, poiché il sacrificio imposto al privato con il sostanziale azzeramento del gioco legale non sarebbe bilanciato da un prevalente interesse pubblico da tutelare; sussisterebbe, in particolare, il contrasto con l’art. 1 della CEDU che tutela i diritti di aspettativa economica, atteso che il distanziometro si tradurrebbe, per il suo effetto espulsivo, in un esproprio senza indennizzo e il termine di due anni per l’adeguamento previsto dall’art. 20, comma 4, L.P. 10/2016 sarebbe irragionevolmente troppo esiguo e afflittivo; per tutte le ragioni così sintetizzate la ricorrente prospetta l’illegittimità costituzionale del distanziometro per violazione degli artt. 3, 41, 42, 97 e 117 Cost., quest’ultimo ai sensi della norma interposta rappresentata dall’art. 1 prot. 1 CEDU;
– i livelli essenziali e la Legge di Stabilità 2016, con l’Intesa, e la Legge di Stabilità per il 2018, atteso che il distanziometro imposto dalla legge bolzanina, di natura sostanzialmente proibizionistica, contrasterebbe con l’intento del legislatore nazionale di distribuire il gioco legale su tutto il territorio dello Stato in maniera tale da coniugare la sua necessaria riduzione con la capillare ed equilibrata distribuzione del servizio; il distanziometro provinciale, determinando l’illustrato effetto espulsivo rileverebbe, dunque, anche per contrasto con il principio di sussidiarietà e dei livelli essenziali;
– gli artt. 32 e 47 Costituzione per la manifesta inadeguatezza del distanziometro in discorso a contrastare efficacemente il fenomeno del gioco patologico e perché, di fatto, aprirebbe le porte all’offerta illegale di gioco; i giocatori problematici e quelli patologici, secondo gli studi scientifici, non verrebbero dissuasi dalla necessità di percorrere grandi distanze per accedere al gioco, mentre i giocatori razionali si rivolgerebbero al più accessibile; anche uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità del 2018 non contemplerebbe il distanziometro tra gli strumenti utili; in un convegno presso l’Università di Salerno sulle “new addiction” sarebbe emerso che il distanziometro non sarebbe di alcuna utilità per contrastare il giocatore patologico (doc. 16 del ricorrente); in definitiva, il distanziometro produrrebbe un effetto contrastante con il suo scopo, come rileverebbe anche la più volte ricordata CTU disposta dal Consiglio di Stato, per la quale esso sarebbe inidoneo a dissuadere il gioco patologico e, dunque, inadeguato rispetto alle finalità di protezione delle fasce deboli dei consumatori, permettendo l’avanzare del gioco illegale, che, sottratto a regole e controlli, mira allo sfruttamento del consumatore debole con evidenti ripercussioni sul diritto alla salute.
10.3. Da ultimo, il ricorrente richiama una serie di pronunce del giudice amministrativo che, sul presupposto dell’accertato effetto espulsivo, hanno annullato i distanziometri ivi analizzati, introdotti da regolamenti e ordinanze comunali.
10.4. In via istruttoria chiede al Giudice adito, per il caso di ritenuta insufficienza delle prove già dedotte, di ordinare alla Provincia l’esibizione di ogni “atto d’istruttoria relativo alla concreta applicazione del distanziometro imposto dalla Normativa Provinciale” e di disporre una consulenza tecnica d’ufficio. Entrambe le richieste istruttorie sono volte a verificare a) l’idoneità del distanziometro provinciale in rapporto alle finalità perseguite, individuate nel contrasto al gioco patologico e b) il prospettato effetto espulsivo determinato dal medesimo.
10.5. Il ricorrente si riserva di proporre istanza risarcitoria e chiede la riunione con il ricorso già pendente presso il medesimo TRGA al n. 196.2018.
11. Si sono costituiti in giudizio la Provincia e il Comune di Bolzano.
11.1. La prima eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per nullità delle notifiche a sé medesima, al Comune e “all’Istituto comprensivo di Bolzano VI, in quanto effettuate ad indirizzi di posta elettronica certificata non presenti nel Registro PP.AA. o in quello INI-PEC.
Tratteggia, poi, sempre nella memoria di costituzione, i fondamenti della competenza legislativa in capo alla Provincia nella materia che viene qui in rilievo e la disciplina normativa scaturita dal suo esercizio, per ricordare come le norme introdotte abbiano “superato pienamente il vaglio di legittimità costituzionale” nella sentenza n. 300 del 10.11.2011 della Corte Costituzionale. Questa, infatti, ha dichiarato legittimi gli articoli 1 e 2 della L.P. 22 novembre 2010, n. 13, che hanno introdotto l’art. 5-bis e modificato l’art. 12 della L.P. 13 maggio 1992, n. 13, e che hanno modificato l’art. 11 comma 1 e inserito l’art. 1, comma 1-bis, nella L.P. 14 dicembre 1988, n. 58, statuendo che le predette disposizioni provinciali sono dichiaratamente finalizzate “a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblici”.
La difesa provinciale s’appella poi alla consulenza tecnica disposta dal Consiglio di Stato in analoghi contenziosi per escludere l’affermato effetto espulsivo del distanziometro introdotto dalla legislazione locale (doc. 4 della Provincia), sostiene di avere sempre dato un’interpretazione restrittiva con riguardo alle strutture riconducibili ai siti sensibili individuati dalla Giunta provinciale e rammenta come la delibera giuntale n. 505/2018 confermi e avvalli detta interpretazione restrittiva eliminando ogni incertezza sul punto.
Per il resto contesta i dedotti profili di incostituzionalità delle disposizioni provinciali censurate dalla ricorrente e conclude per l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame, rispetto al quale non ricorrerebbero nemmeno i presupposti della tutela interinale, della quale auspica il rigetto.
11.2. Il Comune struttura le proprie difese muovendo da ampie riflessioni sulle conseguenze sociali, non più trascurabili, prodotte dalla diffusione senza limiti del gioco legale, con particolare riguardo all’ambito provinciale. Rileva come l’Intesa siglata in occasione della conferenza unificata Stato – Regioni del 7.9.2017 (repertorio atti 103/cu), abbia riscontrato l’emergenza sociale conseguente alla diffusione del gioco legale e abbia perciò previsto la sua significativa riduzione complessiva sul territorio nazionale e riconosciuto la validità delle discipline già introdotte dalle Regioni e dalle Province autonome, alle quali ha dato facoltà “di prevedere forme maggiori di tutela della popolazione” “ai fini del contrasto delle patologie afferenti alla dipendenza da gioco d’azzardo” (doc. 5 del Comune).
Ha, poi, contestato che il distanziometro provinciale produca un effetto espulsivo del gioco legale dal territorio, come, a suo avviso, confermerebbe anche la CTU disposta dal Consiglio di Stato nell’ambito di diversi ricorsi analoghi, per tema, al presente, della quale sono citati alcuni passi, ritenuti particolarmente significativi (doc. 11 del Comune).
La CTU dimostrerebbe, infatti, l’erroneità delle perizie di parte che, per gonfiare l’effetto interdittivo prodotto dal distanziometro, avvicinandolo all’espulsione del gioco legale dal territorio provinciale, avrebbero, da un lato, preso in considerazione l’intero territorio, comprensivo dell’amplissima parte coperta dal paesaggio naturale, sottratto a ogni possibilità edificatoria e dunque inutilizzabile a fini insediativi; dall’altro lato, avrebbero considerato anche i siti sensibili di cui agli elenchi delle delibere della Giunta provinciale nn. 341/2012 e 1570/2012, già annullate da questo TRGA, e avrebbero cercato di arricchire il più possibile il numero dei siti sensibili, dando della normativa provinciale un’interpretazione estensiva, con particolare riguardo ai siti da ascrivere alla categoria delle “strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza”, mai adottata dall’Amministrazione in sede di procedimento amministrativo.
A tale proposito la stessa CTU avrebbe dato atto (a pag. 53), che la specificazione introdotta dalla delibera della Giunta provinciale n. 505/2018 (doc. 15 del Comune) è “fortemente restrittiva, in quanto riduce l’ampia e generica definizione di ‘strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza’ a un ristretto specifico elenco di strutture”.
Di qui l’insussistenza del lamentato effetto espulsivo.
Nel merito del provvedimento impugnato il Comune sottolinea come il territorio insediabile accertato dalla CTU, pari a 1, 67 kmq, corrisponda al 26,9% della superficie utilizzabile, al netto, cioè, del paesaggio naturale (doc. 13 del Comune), e individua le zone produttive come aree particolarmente idonee a ospitare il gioco legale, arricchendo l’argomento con un elenco di sale giochi e tabacchini insediatevisi e valorizzando i collegamenti ottimali di queste zone rispetto al contesto cittadino (doc. 9 del Comune). Non sussisterebbe, pertanto, il rappresentato vizio di motivazione del provvedimento gravato.
Quanto alla giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, la difesa comunale ne sottolinea l’estraneità al caso di specie, trattandosi di casi in cui ne andava della difformità delle discipline comunali, analizzate in quei precedenti, rispetto alla sovraordinata legge regionale di riferimento.
Il Comune richiama, infine, la giurisprudenza che ha riconosciuto la legittimità del distanziometro e le pronunce di questo TRGA che hanno già riscontrato la manifesta infondatezza dei medesimi profili di illegittimità costituzionale esposti nel ricorso all’esame.
Sulla scorta delle declinate argomentazioni il Comune conclude per il rigetto del ricorso perché infondato, previo diniego della tutela cautelare, anche per il prevalere dell’interesse pubblico, individuato nell’esigenza di tutelare la collettività dal fenomeno del gioco compulsivo e dai suoi gravosi costi sociali, rispetto a quello economico vantato dalla ricorrente.
12. Rigettata, con ordinanza n. 109/2018, la domanda di tutela cautelare per non essere stato adeguatamente allegato il paventato danno grave e irreparabile, da non ravvisare nemmeno in re ipsa, atteso che il provvedimento impugnato riguarda solo una parte, non quantificata, dell’attività svolta dalla ricorrente, come anche per il carattere recessivo dell’interesse da essa vantato rispetto a quello pubblico a contenere i danni sociali e individuali causati dalla ludopatia, la causa è stata chiamata, una prima volata, all’udienza pubblica del 23.1.2019.
13. In vista della discussione meritoria il ricorrente ha prodotto uno scritto difensivo a precisazione delle proprie tesi difensive e in contestazione di quelle avversarie. Imputa alle controparti una lettura personale, omissiva e distorta della CTU nei giudizi pendenti dinanzi al Consiglio di Stato, consulenza che, invece, predica d’ausilio alle proprie tesi.
14. L’udienza pubblica del 23.1.2019 è stata rinviata in attesa che il Consiglio di Stato si pronunciasse sulle controversie, di analogo contenuto alla presente, presso sé pendenti, in base agli esiti della consulenza tecnica disposta in quei giudizi, più volte richiamata da tutte le parti qui costituite a preteso suffragio delle proprie argomentazioni difensive.
15. L’11.3.2019 il Consiglio di Stato, a valle dell’analisi demandata al consulente tecnico, ha emesso la sentenza n. 1618/2019, con la quale ha definito, in senso sfavorevole agli operatori ricorrenti, una serie di appelli, previamente riuniti, negando, in sostanza, che si potessero ritenere non manifestamente infondati i medesimi profili d’illegittimità costituzionale dedotti contro la disciplina provinciale sul distanziometro anche nel presente giudizio.
16. Impugnata per revocazione da più parti la richiamata sentenza del Consiglio di Stato, il presente ricorso, su istanza di parte ricorrente, è stato più volte rinviato in attesa della definizione dei giudizi revocatori, in considerazione della loro portata dirimente per la definizione del caso qui all’esame del Collegio, nel quale, ne va delle medesime questioni d’incostituzionalità ivi prospettate.
17. I giudizi revocatori, dilatatisi per il duplice intervento di fatti interruttivi seguiti da rituale riassunzione, sono giunti a definizione con le recenti sentenze che hanno dichiarato inammissibile il ricorso “non apprezzandosi, nell’impugnata sentenza, alcuna omissione di pronuncia sui motivi d’appello proposti dalla odierna ricorrente, né alcun ‘abbaglio dei sensi’, id est: errore revocatorio, che possa avere indotto il giudice a ritenere di non doversi pronunciare sui motivi d’appello proposti – che, infatti, hanno ricevuto tutti una risposta nel corpo della motivazione – o che possa avere indotto a travisare il senso di quanto riferito dal consulente tecnico; tutte le affermazioni contenute nella consulenza tecnica, inoltre, sono state puntualmente esaminate e valutate nella sentenza impugnata, la quale se ne è intenzionalmente, ma motivatamente, discostata a tratti e, peraltro, non su fatti oggetto d’accertamento, ma su opinioni espresse dal c.t.u.” (cfr. C.d.S., sentenza n. 10322/2022, e poi le analoghe sentenze nn. 10323/2022, 10324/2022 e 10326/2022)
18. In vista dell’udienza pubblica, da ultimo fissata per la discussione del merito, parte ricorrente ha depositato un’ultima corposa memoria con l’intento di sostenere, ancora una volta, la tesi della non manifesta infondatezza dei rilevati profili d’incostituzionalità che inficerebbero la disciplina provinciale sul distanziometro.
18.1. Insiste, dunque, il ricorrente per la rimessione della questione alla Corte Costituzionale, sull’assunto che le sentenze del Consiglio di Stato nn. 10322/2022, 10323/2022, 10324/2022 e 10326/2022, avendo dichiarato l’inammissibilità dei rispettivi ricorsi per revocazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 1618/2019, si sarebbero arrestate all’aspetto processuale, ritenendo che non ne ricorressero i rigorosi presupposti di ammissibilità, senza addentrarsi nel merito delle questioni e delle critiche profilate contro la sentenza medesima.
Dette questioni, rimaste irrisolte, sarebbero, perciò, riproponibili nel presente giudizio, non da ultimo per l’assorbente considerazione che nei ricorsi riuniti, decisi dal precedente del C.d.S. n. 1618/2019, ne andava delle sale giochi di cui alla L.P. n. 13/1992, mentre qui si tratta del diverso canale distributivo del gioco legale rappresentato dai tabacchini (L.P. n. 3/2006), soggetti, oltre che al distanziometro, a un’ulteriore rigida normativa che, prevedendo una certa distanza tra gli esercizi, andrebbe ad aggravare l’effetto espulsivo fino ad azzerare, per questa tipologia di esercizi, la possibilità d’insediamento e di delocalizzazione. In sostanza, dal combinarsi delle due normative limitative sarebbe impossibile, per i tabacchini, distribuire il gioco legale sull’intero territorio comunale, con un effetto espulsivo pari al 100%.
L’effetto espulsivo, pari, per la distribuzione del gioco legale nei tabacchini, al 100% del territorio comunale, sarebbe, dunque, evidente con la conseguenza che non sarebbe possibile negare la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della disciplina provinciale sul distanziometro, quantomeno per i tabacchini che vogliano dotarsi di un corner per il gioco e le scommesse.
Il ricorrente ripropone, quindi, le critiche alla sentenza del C.d.S. n. 1618/2019, della quale mira a scalfire la portata dirimente nel presente giudizio, centrato sulle medesime questioni d’incostituzionalità, in essa già affrontate e ritenute manifestamente infondate.
Imputa, in sintesi, al Giudice d’appello di non avere interpretato correttamente la CTU, della quale avrebbe dato una lettura parziale e distorta, valorizzandone solo alcune parti e omettendo, invece, di tenere nel dovuto conto altre, alla luce delle quali l’effetto espulsivo, determinato dal distanziometro, sarebbe innegabilmente emerso, così come sarebbe affiorata l’irragionevolezza e la non proporzionalità allo scopo di questo strumento, rispetto al sacrifico dell’interesse privato.
In particolare, non sarebbe stata considerata la determinante alea interpretativa, dovuta alla genericità della definizione normativa, riguardo all’individuazione dei siti sensibili, pur rilevata dal CTU, né sarebbe stato dato il dovuto peso al fatto che quest’ultimo ha definito l’area insediabile unicamente in via teorica e astratta, senza considerare le concrete possibilità di collocare il gioco lecito nei singoli immobili.
Errata, ad avviso del ricorrente, sarebbe la sentenza laddove, per escluderne la sussistenza nel caso di specie, fa equivalere l’effetto espulsivo al 100% di area interdetta. Nella concretezza dei fatti, la superficie insediabile per le sale giochi corrisponderebbe a poco più dell’1%, sicché l’effetto espulsivo sarebbe evidente e a maggior ragione lo sarebbe rispetto al canale di distribuzione del gioco rappresentato dai tabaccai, per i quali la rigorosa limitazione distanziale tra gli esercizi imposta dalla vigente normativa, rende di fatto impossibile il loro insediamento o la loro delocalizzazione nell’area risultata, in tesi, insediabile.
Parimenti censurabile sarebbe l’affermazione del Giudice d’appello, laddove nega l’effetto espulsivo anche sotto il profilo dell’abbattimento dei ricavi, poiché bilanciato dagli introiti derivanti dalla specializzazione dell’offerta per i giocatori patologici, agevolati dalla marginalizzazione dei punti di erogazione del gioco legale. Una simile lettura porrebbe il distanziometro in conflitto con il proprio scopo esponendo la gran parte della platea dei fruitori, rappresentata dai giocatori problematici e da quelli patologici, a un rischio ancora maggiore.
Il ricorrente censura il precedente giurisprudenziale in questione anche sotto il profilo dell’ivi ritenuta corrispondenza del distanziometro al fine di prevenzione perseguito dalla normativa che lo ha introdotto. Sostiene a tale riguardo come gli studi scientifici (che cita e dimette), condotti riguardo al comportamento dei giocatori patologici, ne abbiano messo in serio dubbio l’utilità e l’adeguatezza. Esso potrebbe rivelarsi utile solo per i giocatori cosiddetti razionali o occasionali, i quali, tuttavia rappresentano una parte del tutto esigua della platea dei fruitori del gioco legale (appena il 4,3%), composta a larghissima maggioranza dai giocatori problematici e da quelli patologici. Per questi ultimi la marginalizzazione dei punti di erogazione, determinata dal distanziometro, sarebbe addirittura penalizzante, attesa la loro preferenza per i luoghi di gioco lontani da casa. In definitiva, dunque, il distanziometro si presterebbe a favorire, anziché disincentivare, il gioco patologico, dimostrandosi del tutto inadeguato allo scopo di contrasto e prevenzione avuto di mira dal legislatore, e finirebbe per penalizzare le fasce disagiate che popolano le periferie. In tal senso, dunque, la sentenza andrebbe contro l’evidenza scientifica.
Infine, il ricorrente ricorda che tre Regioni, Calabria, Campania e Abruzzo, hanno escluso i tabaccai che erogano gioco legale dall’applicazione di rigidi limiti distanziali e rimanda al corposo parere (dimesso in atti) del Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Prof. Annibale Marini, che, fissata la nozione di effetto espulsivo non necessariamente coincidente con un’interdizione totale, prospetta profili d’illegittimità costituzionale delle norme territoriali introduttive della previsione di distanze minime per le sale da gioco rispetto a luoghi cd. sensibili, per contrasto
– con l’art. 41 Cost., perché di fatto comprime un’attività economica consentita dallo Stato senza che ciò sia giustificato dal bilanciamento con un altro diritto costituzionalmente radicato;
– con l’art. 3 Cost., in rapporto con l’art. 41 Cost., sotto il profilo del diritto di uguaglianza e di ragionevolezza;
– con l’art. 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 1 del I( Protocollo addizionale CEDU e agli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, sotto il profilo della tutela della proprietà e della libertà d’iniziativa economica e del legittimo affidamento;
– con l’art. 3 Cost., in rapporto con l’art. 32 Cost., per la violazione del principio di razionalità e ragionevolezza, sussistendo il rischio concreto che la norma sia contraria allo scopo perseguito.
Sarebbe, dunque, imprescindibile il vaglio di detti profili d’incostituzionalità, del tutto analoghi a quelli prospettati dal ricorrente, da parte del Giudice delle leggi, che, ad oggi, non avrebbe avuto modo di esprimersi al riguardo, perché mai investito della questione.
Infine, il ricorrente segnala che undici Regioni hanno nel frattempo rimodulato le proprie normative in materia nel senso della sostenibilità della misura; invoca l’auspicio espresso dal Sottosegretario del MEF acciocché, in attesa dell’imminente riordino della materia da parte del legislatore nazionale, le Regioni e le Province autonome si astengano dall’introdurre nuove norme restrittive; richiama, da ultimo, la lettera del 24.7.2022, dal medesimo Sottosegretario indirizzata al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che annuncia il riordino della materia da parte del legislatore nazionale con l’introduzione di criteri distanziali uniformi per l’intero territorio nazionale, esortando le realtà regionali, nelle more, a una prudente attesa diretta a salvaguardare i livelli occupazionali del settore e le entrate erariali.
19. La Provincia e il Comune hanno replicato contestando i non nuovi assunti avversari, tutti già smentiti dal giudicato nel frattempo intervenuto, che invocano quale precedente idoneo a dirimere la presente controversia.
20. All’udienza del 22.2.2023 la causa è stata trattenuta per essere decisa.
21. L’infondatezza del gravame esime il Collegio dal vaglio dell’eccezione preliminare formulata dalla Provincia che assume l’inammissibilità del ricorso per nullità della sua notifica.
22. Nel merito il ricorso è infondato. Le richieste istruttorie – formulate, peraltro, per il caso che non si ritenessero sufficienti le prove già dedotte – sono respinte, atteso che il Collegio dispone di tutti gli elementi necessari alla definizione della controversia. È rigettata, nella discrezionalità propria di questo Giudice, anche l’istanza di riunione, poiché ritenuta non utile.
23. Giova premettere che il gioco d’azzardo, diffusosi capillarmente, produce in un’ampia fascia dei fruitori forme patologiche di dipendenza con conseguenze devastanti, in termini di deterioramento delle attività personali, familiari e lavorative. La dipendenza da gioco, in altre succinte parole, esercita un’influenza negativa sui domini personali, professionali, familiari e sociali. Secondo la letteratura scientifica il disturbo da gioco d’azzardo presenta molte similitudini con il disturbo da uso di sostanze, e per le perdite finanziarie che implica è suscettibile di avviare nella persona affetta una catena di conseguenze negative, sino al ricorso a comportamenti antisociali che possono trasmodare nella commissione di reati.
Il gioco legale, dunque, oltre a rappresentare un’importante occasione d’iniziativa d’impresa economica e ragguardevoli entrate per l’erario dello Stato, scarica sulla collettività enormi costi sociali.
Per far fronte a questa emergenza, nell’ambigua inerzia del legislatore nazionale, sono intervenute le Regioni e – per quanto d’interesse nella presente controversia – la Provincia autonoma di Bolzano, le quali, vi hanno inteso opporre un argine attraverso l’adozione di misure volte ad allontanare l’offerta di gioco dai luoghi in cui si concentrano soggetti considerati maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, con il dichiarato fine di prevenire lo sviluppo di forme di gioco compulsivo e con la finalità, non secondaria, di evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica.
24. La cornice normativa statale entro la quale la Provincia ha esercitato il proprio potere legislativo va individuata nell’art. 86 del T.U.L.P.S. (inserito nel capo II e rubricato “Degli esercizi pubblici”), il quale disciplina le “sale pubbliche per bigliardi e per altri giochi leciti”, espressamente definite quali “esercizi pubblici” dall’art. 174 del Regolamento d’esecuzione del T.U.L.P.S. (R.D. n. 635/1940), e nel successivo art. 88 del T.U.L.P.S., recante la disciplina delle “licenze per l’esercizio delle scommesse”, per il quale queste possono essere concesse “esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione.”.
L’art. 9 dello Statuto speciale di Autonomia per il Trentino-Alto Adige/Südtirol (D.P.R. n. 670 del 31.8.1972) prevede che alle Province autonome di Trento e di Bolzano spetta la potestà legislativa in materia di “pubblici spettacoli” (art. 9, comma 1, n. 6) e di “esercizi pubblici” (art. 9, comma 1, n. 7), esclusi la determinazione dei “requisiti soggettivi richiesti dalle leggi dello Stato per ottenere le licenze” e i poteri di vigilanza dello Stato ai fini della pubblica sicurezza”, restando riservata al “Ministero dell’Interno” la facoltà … di annullare d’ufficio, ai sensi della legislazione statale, i provvedimenti adottati nella materia, anche se definitivi.” (art. 9, comma 1, n. 7).
Nei limiti previsti dalle anzidette disposizioni le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’art. 16 dello Statuto speciale di Autonomia per il Trentino-Alto Adige/Südtirol dispongono, altresì, della potestà amministrativa in materia.
L’art. 1 del D.P.R. n. 686 dell’1.11.1973 (Norma d’attuazione in materia d’esercizi pubblici) stabilisce che “Le province autonome di Trento e Bolzano esercitano nelle materie degli spettacoli pubblici e degli esercizi pubblici le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato ai sensi e nei limiti dell’art. 9, numeri 6) e 7), e dell’art. 16 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. Ai fini dell’eventuale annullamento d’ufficio, ai sensi della legislazione statale, dei provvedimenti adottati in materia d’esercizi pubblici, le province trasmettono al Ministro per l’interno un elenco mensile dei provvedimenti adottati con l’indicazione del loro oggetto”.
L’art. 20, comma 1, dello Statuto speciale di Autonomia per il Trentino-Alto Adige/Südtirol dispone, infine che “I presidenti delle Province esercitano le attribuzioni spettanti all’autorità di pubblica sicurezza, previste dalle leggi vigenti, in materia … di esercizi pubblici”, aggiungendo che “Ai fini dell’esercizio delle predette attribuzioni i Presidenti delle Province si avvalgono anche degli organi di polizia statale, ovvero della polizia locale, urbana e rurale”.
25. Nell’esercizio delle proprie competenze la Provincia autonoma di Bolzano ha, dunque, emanato la L.P. 14 dicembre 1988, n. 58 in materia di “esercizi pubblici” e la L.P. 13 maggio 1992, n. 13 in materia di “pubblico spettacolo”.
L’art. 11, comma 1, della L.P. n. 58/1988 in materia di “esercizi pubblici”, nella versione attualmente vigente, prevede quanto segue: “1. Fermo restando quanto disposto all’articolo 4 in ordine alle sale da biliardo, da giochi e di attrazione, nei pubblici esercizi possono essere tenuti e praticati i giochi non vietati ai sensi dell’articolo 110, comma 6, del Testo unico sulla pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche.
1-bis. Anche i giochi leciti non possono essere messi a disposizione in un raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale. La Giunta provinciale può individuare altri luoghi sensibili, in cui i giochi non possono essere messi a disposizione (comma inserito dall’art. 2, comma 2, della L.P. n. 13/2010).
1-ter. Gli apparecchi da gioco ai sensi dell’articolo 110, comma 6, del Testo Unico delle leggi sulla pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche, già installati negli esercizi pubblici all’entrata in vigore della disposizione di cui al comma 1/bis devono essere rimossi entro due anni dall’entrata in vigore del comma 1/bis (comma inserito dall’art. 1, comma 1, della L.P. n. 17/2012).
1-quater. Sono inoltre considerati luoghi sensibili ai sensi del comma 1-bis tutte le strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza (comma inserito dall’art. 9, comma 1, della L.P. n. 10/2016). .….”.
A sua volta l’art. 5-bis della L.P. n. 13/1992, in materia di pubblico spettacolo, nella versione attualmente vigente, dispone quanto segue: “1. Per ragioni di tutela di determinate categorie di persone e per prevenire il vizio del gioco, l’autorizzazione di cui all’articolo 1, comma 2, per l’esercizio di sale da giochi e di attrazione non può essere concessa ove le stesse siano ubicate in un raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socioassistenziale. L’autorizzazione viene concessa per 5 anni e ne può essere chiesto il rinnovo dopo la scadenza. Per le autorizzazioni esistenti il termine di 5 anni decorre dal 1° gennaio 2011.
1-bis. Per la concessione dell’autorizzazione all’esercizio di sale da giochi e di attrazione ai sensi del comma 1 sono inoltre considerati luoghi sensibili tutte le strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza. La Giunta provinciale può individuare altri luoghi sensibili in cui non si possono mettere a disposizione giochi (comma inserito dall’art. 8, comma 1, della L.P. n. 10/2016).
2. Con delibera della Giunta provinciale possono essere individuati altri luoghi sensibili in cui può non essere concessa l’autorizzazione per l’esercizio di sale da gioco e attrazione, tenuto conto dell’impatto della stessa sul contesto urbano e sulla sicurezza urbana nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete pubblica.
2-bis. Per le finalità di cui al comma 1, le limitazioni spaziali e temporali sono estese ad ogni tipo di esercizio dedicato al gioco tramite apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche (comma inserito dall’art. 4, comma 2, della L.P. n. 15/2011).
3. È vietata qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da giochi e di attrazione.
4. L’esercente deve prestare idonee garanzie affinché sia impedito l’accesso ai minorenni a giochi vietati ai minorenni ai sensi del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche. Con delibera della Giunta provinciale sono determinati i relativi criteri.”.
Con L.P. 10/2016, poi, è stato introdotto nella L.P. 3/2006 (”Interventi in materia di dipendenze”) l’art. 6-bis, per il quale, “al fine di tutelare determinate categorie di persone e di prevenire il gioco d’azzardo patologico ovvero la dipendenza da gioco, per l’autorizzazione all’esercizio di sale da giochi e di attrazione per i giochi leciti individuati dall’articolo 110, comma 6, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5-bis della legge provinciale 13 maggio 1992, n. 13, e successive modifiche, e all’articolo 11 della legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58, e successive modifiche” (comma 1), con la precisazione, al successivo comma 2, che “per le finalità di cui al comma 1, le limitazioni spaziali e temporali sono estese anche alle rivendite di generi di monopolio di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293,e successive modifiche, e agli esercizi commerciali di cui alla legge provinciale 17 febbraio 2000, n. 7, e successive modifiche”.
L’art. 20 L.P. n. 10/2016 (“Modifiche di leggi provinciali in materia di salute, edilizia abitativa agevolata, politiche sociali, lavoro e pari opportunità”), infine, contiene la norma transitoria del seguente tenore:
“4. A causa dell’ampliamento dei luoghi sensibili di cui all’articolo 5-bis, comma 1-bis, della legge provinciale 13 maggio 1992, n. 13, e successive modifiche, per le sale da giochi e di attrazione che non corrispondono più alle presenti norme in vigore le autorizzazioni scadono entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge. Le autorizzazioni scadute in data 31 dicembre 2015, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 1, della legge provinciale 13 maggio 1992, n. 13, e successive modifiche, non sono rinnovabili.
5. Gli apparecchi da gioco di cui all’articolo 110, comma 6, del Testo Unico delle leggi sulla pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche, già installati negli esercizi pubblici all’entrata in vigore della disposizione di cui al comma 1-quater dell’articolo 11 della legge provinciale 14 dicembre 1988, n. 58, inserito dall’articolo 9 della presente legge, devono essere rimossi entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge. Le autorizzazioni scadute in data 31 dicembre 2015, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 1, della legge provinciale 13 maggio 1992, n. 13, e successive modifiche, non sono rinnovabili.
6. Gli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, del Testo Unico delle leggi sulla pubblica sicurezza già installati all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’articolo 6-bis, commi 1, 2 e 3, della legge provinciale 18 maggio 2006, n. 3, devono essere rimossi dagli esercizi entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge. Le autorizzazioni scadute in data 31 dicembre 2015, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 1, della legge provinciale 13 maggio 1992, n. 13, e successive modifiche, non sono rinnovabili”.
26. Si tratta, in sintesi, delle disposizioni cha introducono e disciplinano il cosiddetto distanziometro, valevole anche per le tabaccherie dotate di corner per giochi e scommesse, che interessano il Collegio, disposizioni avverso alle quali il ricorrente prospetta la questione d’illegittimità costituzionale, centrale a fini del decidere.
27. Riconducendo a sintesi la disciplina introdotta dalle disposizioni richiamate (art. 5-bis della L.P. n. 13/1992 e art. 11 della L.P. n. 58/1988) l’autorizzazione per l’esercizio di sale da giochi e di attrazione non può essere concessa, rispettivamente gli apparecchi da gioco devono essere rimossi, se “ubicati in un raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale”. I descritti limiti spaziali sono estesi ad ogni tipo di esercizio dedicato al gioco tramite apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, del R.D. n. 773/1931 e successive modifiche (comma 1-bis e 2-bis dell’art. 5-bis della L.P. n. 13/1992 e i commi 1, 1-bis, 1-ter e 1-quater dell’art. 11 della L.P. n. 58/1988).
28. Come risulta dall’art. 11 della L.P. n. 58/1988 e dall’art. 5-bis della L.P. n. 13/1992, con gli artt. 8 e 9 della L.P. 10/2016 i siti sensibili già previsti da dette disposizioni di legge sono stati ampliati, con introduzione dell’art. 5-bis, comma 1-bis, e dell’art. 11, comma 1-quater, che hanno qualificato come “luoghi sensibili” anche tutte le strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza.
29. La categoria di luoghi sensibili di cui all’art. 11, comma 1-quater, della L.P. n. 58/1988 e all’art. 5-bis, comma 1-bis, della L.P. n. 13/92 è stata successivamente identificata nel dettaglio con la deliberazione della Giunta provinciale n. 505 del 29.5.2018 che così dispone: “1. al fine di salvaguardare determinate categorie di persone e prevenire il gioco d’azzardo patologico sono da considerarsi “luoghi sensibili”, oltre alle strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale menzionate nelle premesse, le seguenti strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza:
· i Distretti Sanitari e i Distretti Sociali;
· le sedi delle Comunità Comprensoriali;
· i seguenti servizi territoriali dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige:
– Servizi per le Dipendenze;
– i Servizi Psicologici;
– i Centri di Salute Mentale (CSM);
– il Servizio di Pneumologia con le sue sedi distaccate sul territorio.
· le Istituzioni private che assistono/trattano ambulatorialmente persone affette da patologie psichiatriche e/o patologie di dipendenza legate e non legate al consumo di sostanze o che presentano comportamenti di consumo rischioso;
· le Cooperative sociali che accolgono persone affette da patologie psichiatriche e/o patologie di dipendenza;
· i consultori familiari;
· le consulenze debitori;
· istituzioni pubbliche e private nelle quali vengono assistite persone senza fissa dimora;
· i punti d’incontro delle Comunità Comprensoriali per persone che soffrono di problemi psichici.”.
Per completezza è utile ricordare che in passato la Giunta provinciale, con deliberazione del 12 marzo 2012, n. 341 (poi modificata con deliberazione del 29 ottobre 2012, n. 1570) aveva già individuato ai sensi dell’art. 5-bis, comma 1-bis, della L.P. 13/1992, ulteriori luoghi sensibili quali: “campi sportivi, impianti sportivi, impianti per il tempo libero, palazzetti dello sport, biblioteche”. Dette deliberazioni sono state annullate con le sentenze n. 301 e n. 302/2016 di questo Tribunale.
30. Contro l’istituto del distanziometro, esteso ai tabacchini ai sensi dell’art. 6-bis della L.P. 3/2006 (introdotto dalla L.P. 10/2016) il ricorrente prospetta dubbi d’incostituzionalità sotto diversi profili dopo che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 300/2011, aveva già dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della disciplina provinciale per il supposto contrasto con gli artt. 117, comma 2, lettere e), h) e m), e 118 Cost., in tema di riparto della competenza legislativa tra le Provincie autonome e lo Stato, sul rilievo che la disciplina medesima non è riconducibile alla competenza legislativa statale in materia di “ordine pubblico e sicurezza”, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio determinato dall’afflusso degli utenti. Il Giudice delle leggi ha, insomma, già chiarito che la contestata disciplina va ricondotta alla materia sociale della tutela dei minori e a quella della tutela del territorio, nelle quali la Provincia autonoma di Bolzano esercita la potestà legislativa esclusiva ai sensi dell’art. 8, numeri 25) e 5), d.P.R. n. 670/1972, di approvazione dello Statuto speciale.
Pacifica la competenza del legislatore provinciale a dettare norme finalizzate alla prevenzione del gioco compulsivo, valga ricordare come anche il legislatore statale abbia riconosciuto l’esigenza di introdurre meccanismi di contenimento dell’offerta del gioco legale. A questo riguardo vanno ricordati l’art. 14 L. 23/2014, che ha conferito al Governo la delega legislativa per il riordino in un codice delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici; l’art. 1, comma 936, L. 208/2015 per il quale entro il 30 aprile 2016 avrebbero dovuto essere definite, in sede di Conferenza unificata, «le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età», nonché, da ultimo, il D.L. 87/2018, convertito nella legge 96/2018, laddove si vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, di giochi e scommesse con vincite di denaro e di gioco d’azzardo.
Il distanziometro introdotto dalla legge provinciale che il ricorrente contesta, sostenuto da una ratio legis diretta alla protezione di categorie deboli e alla prevenzione di possibili dipendenze patologiche da gioco, è pertanto in linea con le preoccupazioni manifestate anche dal legislatore nazionale.
31. Venendo ai profili d’incostituzionalità che, secondo il ricorrente, inficerebbero la disciplina provinciale che impone ai punti di erogazione del gioco legale una distanza minima di 300 m dai cd. siti sensibili, si osserva che a determinare le rilevate criticità sarebbe – secondo la prospettazione del ricorrente – l’effetto sostanzialmente espulsivo del gioco legale dal territorio del Comune di Bolzano e, più in generale, della Provincia, determinato dalla censurata misura. Detto effetto espulsivo sarebbe dimostrato sia dalle perizie di parte, sia dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata all’interno di un giudizio incardinato presso il Consiglio di Stato (sul quale più precisamente infra) (cfr. paragrafi A, D, E del ricorso) e sarebbe ancor più penalizzante per le tabaccherie dotate di apparecchi da gioco e corner scommesse, tutte, al pari di quella del ricorrente, colpite da misura interdittiva (cfr. paragrafo F del ricorso).
L’effetto espulsivo sarebbe generato dal combinarsi del considerevole raggio distanziale di 300 m con il numero assai elevato dei siti ritenuti sensibili, questi ultimi, peraltro soggetti a un’alea interpretativa che ne aumenta il potenziale espulsivo, e, per quanto più specificamente attiene alle tabaccherie, va a sommarsi con la misura distanziale che le rivendite di tabacchi devono osservare tra loro per effetto della specifica disciplina che li riguarda, determinando un’esclusione pari al 100%. Tutti i tabacchini della Provincia sarebbero, infatti, stati colpiti dal medesimo provvedimento qui dedotto in controversia.
Il descritto effetto espulsivo non sarebbe stato indagato in sede concepimento normativo, con la conseguenza che il distanziometro provinciale sarebbe pervaso da un errore tecnico che ne determinerebbe il contrasto con la libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., compressa in modo irragionevole e sproporzionato. Sarebbero violati anche il principio del legittimo affidamento di rilevanza europea, i livelli essenziali, la Legge di Stabilità 2016, l’Intesa raggiunta tra lo Stato e le Regioni il 7.9.2017, la Legge di Stabilità per il 2018; violati sarebbero anche gli artt. 32 e 47 Cost., perché si tratterebbe, alla luce di studi scientifici, di una misura del tutto inefficace a contenere il gioco patologico, il quale, di contro, ne sarebbe addirittura incentivato, atteso che il giocatore compulsivo, lungi dall’essere dissuaso dalle lunghe distanze da percorrere per raggiungere i punti di erogazione, si sentirebbe, anzi, più a proprio agio lontano da casa, cosicché dalla marginalizzazione dell’offerta di gioco nelle periferie deriverebbe a suo carico addirittura un rinforzo della propria patologia (cfr. paragrafi G, H, I e J del ricorso).
32. I medesimi dubbi di costituzionalità, declinati in termini del tutto analoghi a quelli prospettati dall’odierno ricorrente, sono già stati affrontati, con l’esito della manifesta infondatezza, dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1618/2019, in attesa della quale il presente giudizio era stato più volte rinviato.
33. La sentenza, che definisce, previa loro riunione, dieci ricorsi in appello contro altrettante sentenze di questo TRGA che avevano escluso la sussistenza di profili di incostituzionalità a carico della disciplina in discorso, prende le mosse dagli esiti della consulenza disposta d’ufficio, volta a verificare il dedotto l’errore tecnico che, ad avviso delle imprese appellanti in quella sede, inficerebbe la contestata disciplina provinciale, determinandone il contrasto con i ricordati parametri costituzionali.
33.1. Il Consiglio di Stato ha ritenuto, con argomentazioni condivise dal Collegio e non inficiate dalle critiche opposte dall’odierno ricorrente, che le censure dedotte avverso alle statuizioni dichiarative della manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale del distanziometro provinciale, per asserito contrasto con gli artt. 3, 41, 117, comma 2, lettere e), h) e m), e 118 della Costituzione, fossero infondate.
33.2. La pronuncia d’infondatezza è stata preceduta dall’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio volta a verificare il “concreto atteggiarsi del quadro fattuale connotante il segmento di mercato delle sale da gioco di cui all’art. 5-bis l. prov. n. 13/1992, inciso dalla disposizione legislativa in esame. Ciò, al fine di vagliare, se la censurata disposizione legislativa costituisca l’anello ‘giusto’ (nel senso di ragionevole, congruo, adatto) di collegamento tra potere legislativo e assetto del settore di mercato inciso dalla disciplina normativa.
Rileva il Consiglio di Stato come “il parametro di legittimità costituzionale dell’art. 41 Cost. e dell’ivi contenuta clausola di utilità sociale” debba, infatti, “essere rapportato al principio di ragionevolezza ex art. 3, comma 2, Cost., la cui valutazione deve svolgersi attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore, nella sua insindacabile discrezionalità, rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità perseguite, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti (sul principio di ragionevolezza riconducibile all’art. 3, secondo comma, Cost., v. Corte cost. n. 1130/1988).
Il Consiglio di Stato ha precisato in proposito, sotto l’aspetto metodologico, che “il sommario e preventivo giudizio sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità insorta nel processo si risolve nella necessità di accertare, in linea di mera delibazione, se sussista un dubbio sulla legittimità costituzionale della disposizione legislativa censurata. A tal fine, è irrilevante che le valutazioni da compiere in via delibativa richiedano un procedimento ermeneutico anche non agevole, né breve: come appunto, nel caso di specie, in cui s’impone una ricognizione degli effetti scaturenti dalla disposizione di legge sospetta di incostituzionalità sul settore di mercato da essa inciso”.
Con riferimento alle fattispecie concrete dedotte in quel giudizio, identiche a quella di cui ne va nella lite che occupa il Collegio, il Consiglio di Stato ha escluso che la questione potesse essere risolta “facendo ricorso a topoi argomentativi basati sull’id quod plerumque accidit, su asserite ‘massime di comune esperienza’ o sul ‘notorio’, rischiando siffatta impostazione metodologica di risolversi in una motivazione meramente apparente, in quanto autopoietica, apodittica e tautologica”.
Con le due ordinanze collegiali n. 3214/2017 e n. 3309/2017 (relative ai due gruppi di ricorsi ivi specificati), ha ritenuto, perciò, necessario disporre una consulenza tecnica, affidata al Prof. (…), docente di Economia dell’impresa, della concorrenza e dei mercati globali presso l’Università LUISS Guido Carli di Roma, al quale ha sottoposto i seguenti quesiti:
“Esaminati gli atti di causa e compiuto ogni accertamento ritenuto utile ai fini della valutazione peritale, dica il consulente tecnico d’ufficio, in base allo stato delle conoscenze scientifiche disponibili nei settori disciplinari che qui vengono in rilievo ed alla luce della letteratura scientifica in materia:
(i) se – previa analisi della struttura della domanda e dell’offerta nel segmento del mercato delle sale da gioco, quali quelle gestite dalle odierne appellanti, nonché tenuto conto della disciplina urbanistica vigente nei Comuni di ubicazione degli esercizi di cui è causa e nei Comuni limitrofi (sempre in ambito provinciale) sul cui territorio l’attività potrebbe eventualmente essere delocalizzata – sia attendibile ritenere che l’applicazione del criterio della distanza dai siti c.d. sensibili individuati nell’art. 5-bis, commi 1 e 1-bis, l. prov. n. 13/1992, sia idonea a determinare una contrazione del segmento di mercato de quo, e se, in particolare (come assunto dagli odierni appellanti), sia attendibile ritenere che vi possa derivare una privazione dell’intero segmento di mercato in ambito provinciale;
(ii) se sia attendibile ritenere che l’eventuale marginalizzazione topografica delle sale da gioca in cinture extraurbane possa incidere, in senso positivo o negativo (in termini di affluenza), sul comportamento dei consumatori giocatori (tenuto conto del comportamento del consumatore medio) e, correlativamente, sull’attività d’impresa, tenuto conto dell’assetto territoriale provinciale e dei comuni di ubicazione degli esercizi gestiti dagli odierni appellanti;
(iii) quali possano essere gli effetti di potenziale variazione della domanda, cioè le dinamiche di variazione del numero degli utenti-consumatori disposti, nelle nuove condizioni comparate con quelle precedenti, ad accedere ai servizi offerti dalle odierne parti appellanti alle nuove condizioni imposte dalla censurata disciplina provinciale”.
La consulenza tecnica d’ufficio dd. 21.7.2018 del Prof. (…) (cfr. doc. 11 del Comune) conferma espressamente per il territorio del Comune di Bolzano, e anche in ambito provinciale, l’inesistenza dell’effetto espulsivo lamentato, pur rilevando incertezza nell’individuazione in concreto dei siti sensibili e con l’avvertenza che le aree non coperte da divieto non sono state indagate con riguardo alla loro concreta insediabilità.
33.3. All’esito della C.T.U. il Consiglio di Stato, con un incedere argomentativo pienamente condiviso dal Collegio, che lo fa proprio nel dichiarare, ancora una volta, la manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalità prospettati dalla ricorrente, osserva quanto segue.
“10.1.3. In linea di diritto, giova premettere che, per un verso, l’individuazione, ad opera del legislatore provinciale, dei c.d. siti sensibili non poteva che essere effettuata per categorie generali, con una previsione normativa munita di un certo margine di indeterminatezza, immanente al carattere generale e astratto proprio degli atti normativi, e che, per altro verso, la disciplina legislativa all’esame (art. 5-bis l. prov. n. 13/1992), attraverso la chiara e univoca individuazione della destinazione funzionale dei siti sensibili (istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale, nonché le strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza, contemplate dal comma 1-bis inserito nel citato art. 5-bis dalla l.prov. 24 maggio 2016, n. 10), è munita di un sufficiente grado di determinatezza onde escludere una restrizione dell’attività d’impresa rimessa all’arbitrio dell’amministrazione (peraltro recentemente, con il d.P.G.P. n. 505 del 29 maggio 2018 – in applicazione del principio tempus regit actum non applicabile alle fattispecie procedimentali/provvedimentali sub iudice)” (ma, in base allo stesso principio, applicabile al procedimento sfociato nel provvedimento dd. 24.7.2018, oggetto della lite qui all’esame – n.d.r.), “è stata adottata una deliberazione che, per dichiarati ‘motivi di trasparenza e ai fini di una uniforme attuazione della disposizione normativa a livello provinciale’, ha specificato quali fossero le strutture da potersi classificare come luoghi sensibili all’interno della categoria delle ‘strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza’).
10.1.4. Ebbene, alla luce delle risultanze delle due relazioni del consulente tecnico d’ufficio – redatte a conclusione delle operazioni peritali nel rispetto delle garanzie del contraddittorio e involgenti la necessità di una ricognizione dei vari territori comunali di ubicazione delle sale giochi delle parti ricorrenti – deve essere escluso che si sia verificato l’effetto espulsivo lamentato dalle parti ricorrenti.
Il consulente tecnico d’ufficio è, al riguardo, pervenuto alle conclusioni di seguito esposte, pienamente condivise da questo Collegio, in quanto sorrette da ampi e complessi accertamenti istruttori compiuti in applicazione di una corretta impostazione metodologica, non infirmata in modo decisivo dalle osservazioni dei consulenti di parte, da ritenersi superate dalle puntuali e analitiche repliche sviluppate dal c.t.u. (e prodotte in appendice alle due relazioni peritali), pure integralmente fatte proprie dal Collegio.
10.1.4.1. In primo luogo, è emerso che, sotto un profilo geografico-territoriale-urbanistico, l’applicazione del criterio della distanza dai siti c.d. sensibili individuati nell’art. 5-bis, commi 1 e 1-bis, l. prov. n. 13/1992 non determina in nessuno dei comuni presi in considerazione nei due elaborati peritali una privazione dell’intero segmento di mercato …, in quanto l’applicazione del criterio distanziale non comporta un’interdizione/espulsione assoluta degli esercizi gestiti dalle imprese ricorrenti né dal territorio dei singoli comuni interessati dai vari ricorsi (compresi i territori dei comuni limitrofi) né, tanto meno, dall’intero territorio provinciale.
Infatti, le simulazioni e i rilevamenti effettuati dal consulente tecnico d’ufficio hanno evidenziato la persistente sussistenza di uno spazio utile residuo nell’ambito dei singoli terrori comunali, bensì tendenzialmente ristretto, ma pur sempre idoneo e sufficiente per l’organizzazione economica delle attività delle sale giochi gestite dalle imprese odierne appellanti [v. la tabella 2.7. riportata nelle due relazioni peritali, con l’evidenziazione dell’estensione delle aree potenzialmente disponibili che consente la (ri)collocazione, in ognuno dei territori comunali in questione, oggetto dei due gruppi di ricorsi, di esercizi dedicati al gioco].
10.1.4.2. In secondo luogo, il consulente tecnico d’ufficio – sviluppando ex novo un modello di stima della domanda potenziale, in relazione all’ubicazione delle sale gioco sul territorio, che consente di comprendere l’influenza del posizionamento delle sale sulla raccolta effettivamente realizzata e di valutare l’impatto che le nuove diverse condizioni di localizzazione, stabilite dalla normativa provinciale, produrrebbero sull’attività d’impresa dei ricorrenti a parità di ogni altra condizione –, è pervenuto alla conclusione (in risposta al secondo quesito sottopostogli) che l’attuale configurazione dell’offerta provinciale mostra come le sale gioco abbiano operato nel corso degli anni passati in modo da rendere la localizzazione un parametro strategicamente non rilevante per la propria raccolta di gioco. In altri termini, la raccolta di gioco complessivamente realizzata dalle sale gioco in un orizzonte temporale sufficientemente ampio (2011-2017) risulta essere indipendente dalla loro distribuzione sul territorio, e i differenti risultati in termini di raccolta di gioco per apparecchio da intrattenimento delle singole sale sembrano determinati da fattori diversi, probabilmente riconducibili alla tipologia e alla varietà di servizi offerti in grado di attirare in misura maggiore o minore le differenti tipologie di consumatori.
In particolare, da un raffronto tra i dati di raccolta nella media annuale relativi al periodo 2011-2017 e la raccolta di gioco stimata in esito alla ricollocazione degli esercizi (v. le tabelle dalla 3.13. alla 3.19. delle due relazioni peritali), emerge che la distanza degli esercizi dal baricentro dei vari comuni non costituisce un fattore incidente sulla capacità complessiva di raccolta degli esercizi medesimi.
Tali conclusioni, in linea con il comportamento che può essere attribuito a operatori economici razionali, sono state confermate dall’applicazione del modello definito dal consulente tecnico d’ufficio ad hoc per il caso di specie, che si basa sulle caratteristiche dei consumatori/giocatori desunte dallo studio indipendente più completo e attendibile ora a disposizione in Italia effettuato dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ifc-CNR), sulla distribuzione della popolazione nei territori in questione e sulla posizione delle sale da gioco.
Sul lato della domanda, il consulente tecnico d’ufficio ha preso le mosse dalle varie classificazioni delle tipologie di consumatori/giocatori:
– secondo un primo approccio metodologico, i consumatori/giocatori sono classificabili nelle categorie: i) del giocatore sociale (social gambler), per il quale il gioco d’azzardo ha una motivazione prevalente di socializzazione o di intrattenimento da cui deriva una frequenza di gioco occasionale e una spesa complessiva contenuta; ii) del giocatore problematico, che si caratterizza per una maggiore frequenza nel consumo oltre che per un aumento del tempo e della spesa dedicata alle attività di gioco e, per tali ragioni, risulta esposto allo sviluppo di una dipendenza patologica; iii) del giocatore patologico (pathological gambler), il quale presenta una dipendenza patologica e che mostra una frequenza di gioco quotidiana o intensiva associata all’impossibilità di resistere al desiderio di giocare (cosiddetto craving) e all’insorgenza di problemi di astinenza;
– seguendo un altro approccio metodologico – riconducibile all’applicazione di uno dei numerosi strumenti diagnostici e di valutazione dei disturbi associati al gioco d’azzardo – i giocatori sono classificabili secondo quattro distinti profili di problematicità connessi al comportamento di gioco di azzardo, precisamente i giocatori esposti i) a nessun rischio (no risk gambler, o giocatore sociale), ii) a basso rischio (low-risk gambling), iii) a rischio moderato (moderate-risk gambling) e iv) a rischio severo (severe problem gambling).
Ebbene, collegando la struttura dell’offerta alla struttura della domanda, il consulente tecnico d’ufficio, in applicazione del modello sviluppato, poggia la conclusione della sostanziale indifferenza, in termini di entità della raccolta e dei ricavi, della ricollocazione delle sale gioco di ciascun ricorrente nelle aree disponibili in conseguenza del criterio distanziale previsto dalla normativa provinciale, sui rilievi che, per un verso, la spesa complessiva destinata ai diversi prodotti di gioco è molto più elevata nel caso di giocatori problematici e patologici (v. tabella 3.11.), i quali, al contempo, sono molto più propensi allo spostamento verso i nuovi siti (v. tabella 3.10.), e che, per altro verso, la specializzazione dell’offerta sulle categorie dei giocatori ad elevato rischio è più redditizia per le imprese offerenti.
10.1.4.3. Alla luce delle sopra riportate risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, deve escludersi che la censurata disciplina provinciale determini un’espulsione delle imprese ricorrenti dal settore di mercato in questione, né sotto il profilo dell’interdizione assoluta dai singoli territori comunali (compresi quelli limitrofi) e/o dall’intero territorio provinciale, né sotto il profilo dell’abbattimento delle raccolte e dei ricavi.
A tale ultimo riguardo giova rilevare, sotto un profilo processuale, che nei ricorsi introduttivi di primo grado e nei ricorsi in appello l’effetto espulsivo paventato dalle imprese ricorrenti risulta ricollegato – in via di prospettazione – esclusivamente all’asserita interdizione dell’attività d’impresa dall’intero territorio comunale e/o provinciale, per l’assunta insussistenza di rimanenti spazi idonei alla ricollocazione degli esercizi, e non anche all’eventuale incidenza pregiudizievole sull’entità della raccolta e dei ricavi conseguente alla ricollocazione negli spazi eventualmente disponibili, sicché tale profilo di censura, oltre ad essere comunque infondato, non risulta essere stato introdotto ritualmente nel processo e, come tale, si tratta di profilo di censura inammissibile.
Deve, conclusivamente, escludersi che la censurata disciplina legislativa determini un’interdizione assoluta del diritto all’esercizio dell’attività economica del gioco lecito in ambito comunale e/o provinciale e una soppressione di tale settore di mercato, con sequela di manifesta infondatezza, sotto tale profilo, della questione di legittimità costituzionale per violazione della libertà di iniziativa economica sancita dall’art. 41, primo comma, della Costituzione.
10.1.5. Quanto al profilo dell’adeguatezza della disciplina legislativa provinciale in questione rispetto alle finalità perseguite – volte, oltre a preservare il contesto urbano dai danni alla viabilità e alla quiete pubblica, a tutelare determinate categorie di persone (giovani o soggetti in particolari condizioni sociali e psichiche) e di prevenire il gioco d’azzardo patologico, ovvero la dipendenza dal gioco – ritiene il Collegio che, nella specie, le scelte del legislatore rientrino ampiamente nei limiti della discrezionalità riservata all’attività legislativa, nella specie esercitata correttamente, attesa l’indubbia ragionevolezza della disciplina censurata, realizzando la stessa in modo plausibile il bilanciamento dei valori costituzionali in gioco tramite l’introduzione di criteri distanziali di localizzazione, idonei ad arginare in via preventiva le esternalità negative dell’attività d’impresa del gioco lecito sulla salute pubblica, con ciò concretizzando, nel settore di riferimento, la clausola del mancato contrasto con l’utilità sociale di cui all’art. 41, secondo comma, Cost. (nella quale rientrano anche le esigenze di tutela della sanità e della salute pubblica), e superando con ciò la norma limitativa dell’attività d’impresa il vaglio positivo di ragionevolezza, nel rispetto di tale principio generale enucleabile dall’art. 3 della Costituzione.
Infatti, premesso che deve ritersi assodato che lo spostamento delle sale gioco in aree periferiche e la minore capillarità nella distribuzione delle stesse comportino una riduzione significativa del gioco negli apparecchi da intrattenimento in prevalenza nell’ambito della categoria dei giocatori consumatori occasionali/sociali, si osserva che, sebbene secondo le valutazioni del c.t.u. tale categoria di giocatori sia caratterizzata da un profilo di rischio assente o basso rispetto alla possibilità di sviluppare comportamenti patologici di gioco, l’introduzione del distanziometro, sotto il profilo della tutela della salute, ben può essere ritenuto un intervento idoneo ed efficace per prevenire forme di ludopatia, nella misura in cui il gioco occasionale sia interpretato come lo stadio iniziale di un processo che, ancorché in termini probabilistici, porti linearmente allo sviluppo di una dipendenza. Siffatta interpretazione, ancorché controversa nella letteratura del settore, si muove pur sempre entro i limiti dell’attendibilità tecnico-scientifica – infatti il c.t.u., nelle relazioni peritali, dà atto che ‘le tre categorie di consumatori descritte [ossia, quelle del giocatore sociale, del giocatore problematico e del giocatore patologico; n.d.e.] sono spesso implicitamente o esplicitamente collocate in un continuum che va dai giocatori sociali a quelli patologici e dunque interpretate da alcuni studiosi come differenti stadi di un’evoluzione in senso patologico del comportamento di gioco che, purtuttavia, va considerata come sequenza di fasi di un processo lineare solo per alcuni soggetti’, citando correlativa letteratura –, sicché alla disciplina dei criteri distanziali dai siti sensibili può essere attribuita, in modo non implausibile, un’efficacia preventiva nella lotta a fenomeni di ludopatia. Occorre, sul punto, precisare che la discrezionalità del legislatore non va confusa con la discrezionalità (amministrativa e/o tecnica) dell’amministrazione pubblica, nel senso che la prima costituisce l’esplicazione delle scelte politiche degli organi investiti del potere legislativo e trova i suoi limiti nelle sole norme sovraordinate di rango costituzionale (ed, eventualmente, nel diritto eurounitario), talché la stessa, una volta rispettati tali limiti (compresi i principi di ragionevolezza e di razionalità intrinseca), non appare ulteriormente sindacabile (in sede di giudizio di costituzionalità).
Ulteriori elementi utili a suffragio dell’efficacia del distanziometro possono trarsi dalla tabella 3.1. delle relazioni peritali, da cui emerge che la percentuale di giocatori con profili di rischio moderato e severo, nell’arco temporale 2007-2017, cresce nella fascia di età dai 15 ai 34 anni, raggiungendo nel 2017-2018 il 9,9% del totale dei giocatori, rispetto al 5,4% del 2007-2008. Ne deriva l’indubbia congruità/adeguatezza dell’individuazione di siti sensibili frequentati da appartenenti alla fascia della popolazione giovanile.
Né le considerazioni innanzi svolte possono ritenersi infirmate dalle osservazioni del c.t.u. per cui la contrazione dei segmenti di domanda da servire porterebbe inevitabilmente gli operatori degli esercizi dedicati a concentrare le proprie strategie commerciali verso i giocatori non occasionali, disposti a spostarsi per soddisfare il proprio bisogno di giocare, talché, nel breve termine, la raccolta di gioco relativa ai giocatori patologici o problematici, ovvero relativa a coloro che si caratterizzano per profilo di rischio moderato e/o severo, non dovrebbe subire per il complesso delle sale ubicate nel territorio provinciale variazioni significative, poiché tali consumatori, per i meccanismi sottesi alle dipendenze, sarebbero disposti a spostarsi anche di molto al fine di soddisfare il bisogno di gioco, con il conseguente rischio di una concentrazione delle strategie degli operatori verso i giocatori problematici con la finalità di attirarne un maggior numero all’interno delle sale e con la possibilità che una parte più o meno ampia di questi possa aggravare il proprio comportamento di gioco nella direzione dello sviluppo di una reale dipendenza patologica. Trattasi, invero, di effetti negativi nel breve periodo, da affrontare in un momento successivo con interventi adeguati incentrati sulle categorie dei giocatori problematici, mentre nella presente sede appare dirimente la non implausibile efficacia preventiva sulle categorie dei giocatori sociali/occasionali e delle fasce giovanili, onde impedirne un’evoluzione in senso patologico nel comportamento di gioco.
Ne deriva l’indubbia congruità/adeguatezza della disciplina legislativa provinciale in questione rispetto alle finalità perseguite e la mancata violazione dell’art. 41 Cost. e del principio di ragionevolezza, con conseguente insussistenza dei presupposti per la rimessione alla Corte costituzionale”.
34. Gli argomenti profusi nella sentenza n. 1618/2019 valgono, in conclusione, a ribadire la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità della disciplina provinciale introduttiva del cd. distanziometro sia con riguardo all’art. 41 Cost., in rapporto all’art. 3 Cost., che con riferimento agli artt. 32 e 47 Cost., dovendosene apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità, in relazione al carattere necessariamente generale e astratto che connota la norma di legge, rispetto ai prefissati obiettivi di prevenzione della ludopatia (paragrafi G e J).
35. Non valgono a infirmare il piano ragionamento seguito dal Consiglio di Stato le critiche che nell’ultima memoria conclusiva il ricorrente volge alla sentenza n. 1618/2019 del medesimo Giudice, al quale imputa di avere dato della C.T.U. una lettura parziale e distorta.
35.1. Ricordato che censure simili sono state proposte con i plurimi ricorsi per revocazione incardinati da diversi operatori del settore contro detta pronuncia, tutti dichiarati inammissibili con le sentenze nn. 10322/2022; 10323/2022; 10324/2022 e 10326/2022, occorre evidenziare come la lamentata alea interpretativa non possa ritenersi sussistente per la sufficiente determinatezza, seppure nei termini generali e astratti tipici delle norme di legge, della disciplina che viene in rilievo.
L’art. 5-bis L.P. 13/1992 individua, infatti, in modo chiaro e univoco la destinazione funzionale dei siti sensibili. Si tratta degli istituti scolastici di qualsiasi grado, dei centri giovanili o di altri istituti frequentati principalmente dai giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale, nonché delle strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza, contemplate dal comma 1-bis inserito nel citato art. 5-bis dalla L.P. 10/2016.
V’è da aggiungere che con D.G.P. n. 505 del 29 maggio 2018 è stata adottata una deliberazione che, per dichiarati “motivi di trasparenza e ai fini di una uniforme attuazione della disposizione normativa a livello provinciale”, ha specificato quali sono le strutture da potersi classificare come luoghi sensibili all’interno della categoria delle “strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che svolgono attività di accoglienza, assistenza e consulenza”.
Non può, quindi, negarsi alla disposizione un grado di determinatezza sufficiente a escludere una restrizione dell’attività d’impresa rimessa all’imprevedibile arbitrio dell’amministrazione.
35.2. Quanto al ribadito effetto espulsivo del quale il ricorrente trae conferma da ulteriori perizie di parte occorre ribadire come esso, determinato in ca l’1% del territorio comunale, sia smentito dalle numerose nuove aperture di punti gioco nel periodo successivo all’entrata in vigore del distanziometro. Ne dà un elenco il Comune di Bolzano nella propria memoria di replica del 30.1.2023, in ragione del quale perde di consistenza l’assunto attoreo per cui, condotta sul piano delle concrete possibilità insediative, valutate immobile per immobile, sarebbe da escludere una ragionevole capacità di radicamento delle imprese che offrono gioco legale nel Comune di Bolzano.
A tale riguardo non sfugge che il ricorrente, e le perizie cui si appella, assumano, a parametro utile per la determinazione della percentuale di area non coperta dal divieto, l’intero territorio comunale, comprensivo cioè del paesaggio naturale, da solo – secondo quanto afferma il Comune – pari a ca l’85% del territorio complessivo (verde agricolo, bosco, pascolo, prato, verde alpino, acque), anziché la sola superficie insediativa. La percentuale di area insediabile per il gioco, pari, a dire della ricorrente, all’1%, offre un dato certamente falsato, atteso che non si può determinare la percentuale di superficie incisa dal divieto derivante dall’applicazione del distanziometro rapportandola all’intero territorio comunale, comprensivo cioè di quella sua parte, ampiamente preponderante, in cui l’edificazione è interdetta tout court.
35.3. Per quanto, più in particolare, attiene all’effetto espulsivo totale che il distanziometro determinerebbe sugli esercizi che accanto ai tabacchi offrono il gioco legale, a causa del concorso di un ulteriore strumento distanziale che la vigente normativa impone alle rivendite di generi di monopolio fra loro, va osservato che la ratio sottesa al distanziometro imposto all’offerta del gioco rispetto ai siti cd. sensibili e quella sottesa ai limiti distanziali afferenti alle rivendite di tabacchi, rispondono a logiche autonome e differenti e perseguono interessi pubblici distinti. Con il primo – lo si è già detto – il legislatore provinciale persegue lo scopo di prevenire il gioco patologico. Con il secondo si è, invece, inteso garantire all’utenza una rete di vendita adeguatamente dislocata sul territorio.
Quando un’impresa intende sommare l’una e l’altra tipologia di offerta deve necessariamente osservare la disciplina di entrambe.
Diversamente opinando si giungerebbe all’irragionevole conclusione che per eludere i vincoli imposti all’offerta di gioco è sufficiente combinarla con quella di generi di monopolio.
In tal caso, alla luce del considerevole numero (secondo l’elenco fornito dalla stessa ricorrente) di tabacchini che propongono, accanto alla vendita di generi di monopolio, occasioni di gioco legale, se ne avrebbe, sotto il profilo dello scopo di prevenzione alla ludopatia perseguito dallo strumento del distanziometro, la sua severa vanificazione, e sotto il profilo della concorrenza e della parità di trattamento, l’insorgere di effetti distorsivi e discriminatori a danno delle imprese specializzate nell’offerta di gioco e a favore di quelle che cumulano le due diverse tipologie di offerta.
Posto, dunque, che l’effetto espulsivo indagato nel presente giudizio afferisce all’offerta di gioco legale, esso non può essere determinato – come pretende parte ricorrente – tenendo conto di ulteriori e diversi effetti limitativi inerenti a una distinta tipologia di offerta, solo perché questa si combina alla prima in un’attività d’impresa che le cumula.
Le tabaccherie dotate di corner per il gioco, in definitiva, in relazione all’offerta di gioco che possono eventualmente proporre, subiscono il distanziometro per cui è causa nella stessa misura in cui lo subiscono le sale gioco e non possono, di conseguenza, accampare la sua incostituzionalità per il ricorrere di un predicato effetto espulsivo “maggiore”, determinato dal concorso di due diversi e autonomi strumenti limitativi rispondenti a logiche di localizzazione finalizzate al perseguimento di scopi del tutto autonomi e distinti, entrambi necessariamente da conseguire.
Non ha pertanto pregio, ai fini della delibazione attorno alla pretesa incostituzionalità del distanziometro provinciale, la distinzione tra tabaccherie con offerta di gioco e sale gioco.
35.4. Inconferenti sono anche le critiche che, contro alle argomentazioni declinate nella sentenza n. 1618/2019 ritenute gravemente distorsive degli esiti della C.T.U., continuano a prospettare l’inadeguatezza del distanziometro allo scopo di contrasto alla ludopatia che esso si prefigge.
È sufficiente ribadire, a tale riguardo, che la misura distanziale in questione mira a contrastare la ludopatia agendo, non sui soggetti che hanno sviluppato una patologia di dipendenza, per i quali, effettivamente, sembra potersi affermare, in base alle emergenze scientifiche portate a conoscenza del Collegio, che la marginalizzazione dell’offerta di gioco possa addirittura agevolare il gioco compulsivo, ma su quelli che, per la giovane età o perché psicologicamente fragili, sono particolarmente vulnerabili e dunque facile preda di una pervasiva offerta di gioco che dette fragilità intercetta e cattura.
La misura individuata dal legislatore nella discrezionalità che gli è propria, consistente nell’allontanare l’offerta di gioco dai luoghi che concentrano soggetti maggiormente vulnerabili, in modo da attenuare la sua capacità di indurre negli stessi il bisogno di gioco e prevenire, per tale via, l’insorgenza di forme patologiche di gioco, non appare, invero, implausibile, laddove si considerino le diverse tipologie di giocatore, razionale, problematico e patologico, come corrispondenti a fasi di un processo involutivo. Né essa appare lesiva del canone di ragionevolezza e proporzionalità, posto che, nell’ottica del contemperamento degli opposti interessi, non sacrifica la libertà d’iniziativa economica d’impresa, ma la limita attraverso vincoli localizzativi, in un delicato bilanciamento di interessi confliggenti.
Nel quadro descritto perde di consistenza l’affermazione del ricorrente che imputa al distanziometro introdotto dal legislatore provinciale un effetto discriminatorio a danno di coloro che abitano nelle periferie rispetto agli agiati residenti dei centri urbani, posto che lo strumento in questione non è tarato sulla distinzione centro/periferia, ma sui siti cd. sensibili che aggregano persone ritenute vulnerabili, a prescindere da dove detti siti sono dislocati.
35.5. Al lume delle considerazioni svolte, la questione di legittimità costituzionale per conflitto con l’art. 41 Cost. in rapporto con l’art. 3 Cost., della disciplina provinciale che impone alle imprese che erogano gioco legale di mantenersi a una distanza minima di 300 m dai siti cd. sensibili come individuati dal legislatore e, su sua delega, dal governo provinciale, è manifestamente infondata.
36. Escluso, per quanto evidenziato in precedenza, un effetto espulsivo insito nel distanziometro, cade la censura di vizio motivazionale dedotta al paragrafo D del ricorso contro il provvedimento comunale che nega al ricorrente la proroga automatica della licenza. Il ricorrente, nella sostanza, imputa al Comune di essere incorso in un errore tecnico laddove ha affermato che l’area libera da vincoli è pari al 26,9%.
Al riguardo occorre osservare che il provvedimento è adeguatamente motivato con l’incontestata esistenza, nel raggio di 300 m, di siti cd. sensibili, incompatibili con l’erogazione dell’offerta di gioco da parte del ricorrente. Ogni altra affermazione del Comune che, in risposta alle osservazioni dell’interessato, affronta i dubbi di costituzionalità del distanziometro, assume il carattere di un semplice obiter dictum, privo di autonomo significato, ai fini della motivazione che sorregge il provvedimento, e, comunque, irrilevante per l’insussistenza, accertata a mezzo della sopra richiamata consulenza tecnica d’ufficio condotta sul territorio comunale di Bolzano, di un effetto espulsivo.
37. Del tutto fuori luogo appare la prospettata incostituzionalità del distanziometro perché lesivo del diritto alla salute e del principio di tutela del risparmio, di cui, rispettivamente, agli artt. 32 e 47 Cost..
Come già evidenziato in precedenza, la previsione di limiti distanziali da siti ritenuti sensibili, mirando, attraverso l’allontanamento dei punti d’offerta, a ridurre l’accesso occasionale al gioco legale e, per tale via, a prevenire l’accostamento di persone vulnerabili al gioco d’azzardo e l’insorgere di processi degenerativi verso forme ludopatiche, è in linea sia con il diritto alla salute sia con gli obiettivi di tutela del risparmio.
L’inefficacia dello strumento distanziale in rapporto alla categoria dei giocatori patologici, per i quali è necessaria l’individuazione di altre strategie di sostegno e cura, non esclude la sua adeguatezza agli obiettivi di prevenzione perseguiti dal legislatore provinciale e tanto meno lo pone in contrasto con i parametri costituzionali incarnati dagli artt. 32 e 47 Cost., atteso che l’aggressione alla salute dei soggetti ludopatici e alla conservazione delle loro risorse economiche è da ascriversi all’offerta di gioco non agli strumenti di prevenzione introdotti dal legislatore.
38. Del tutto inconsistente è la prospettata violazione del principio del legittimo affidamento e dell’art. 1 prot. 1 della CEDU che tutela i diritti di aspettativa economica, risolvendosi il contestato distanziometro in una sorta di esproprio illegittimo (paragrafo H del ricorso).
38.1. Occorre considerare, quanto al primo profilo, che l’autorizzazione di cui il ricorrente era titolare reca la data del 24.11.2017, quando le norme sul distanziamento dei punti di offerta di gioco dai siti cd. sensibili erano in vigore da tempo. Va aggiunto che il provvedimento autorizzativo, fissando all’1.6.2018 la data di scadenza, si premura di precisare che “entro questo termine … dovrà essere verificata l’eventuale presenza dei luoghi sensibili di cui all’art. 5bis, comma 1bis, della legge provinciale n. 13/1992 e all’art. 9, 1quater della legge provinciale n. 10/2016” (cfr. doc. 3 del ricorrente).
Non è, pertanto, configurabile alcun affidamento da parte del ricorrente rispetto al rinnovo automatico del titolo abilitativo, una volta maturata la data di scadenza della licenza posseduta, essendo chiara dal principio la necessità di valutare, ai fini dell’eventuale proroga, la compatibilità del punto di erogazione del gioco con le esigenze di protezione dei soggetti vulnerabili.
Giova, inoltre, ribadire, richiamando l’ampia trattazione del Consiglio di Stato riportata in precedenza, il carattere prevalente dell’interesse pubblico alla prevenzione del fenomeno ludopatico che giustifica l’adozione di misure proporzionate di contenimento e allontanamento dell’offerta di gioco, senza escludere la corrispondente attività d’impresa, ma – come accertato anche dal consulente tecnico d’ufficio – solo limitandola.
La proporzionalità dello strumento distanziometrico è confermata dall’ampio margine temporale di adeguamento contemplato dal legislatore agli artt. 5-bis della L.P. 13/1992 e 20 della L.P. n. 10/2016. Le preesistenti licenze relative all’offerta di gioco lecito, infatti, non sono state fatte decadere immediatamente, in coincidenza con l’entrata in vigore della disciplina distanziale e della sua successiva implementazione, con le quali si ponevano in contrasto, ma ne è stata garantita la vigenza per un lasso temporale del tutto ragionevole, idoneo a consentire un processo di adattamento da parte dei titolari. Le esigenze delle imprese, dunque, sono state tenute nel debito conto e contemperate con l’interesse pubblico perseguito dalla disciplina in discorso, nel pieno rispetto dei principi del diritto europeo.
È il Consiglio di Stato, nella sentenza 1618/2019, a ricordare come “nel settore dell’esercizio dell’attività imprenditoriale del gioco lecito, pure a livello di diritto eurounitario le esigenze di tutela della salute vengono ritenute del tutto prevalenti rispetto a quelle economiche che muovono le imprese odierne appellanti [v. le citazioni della giurisprudenza della Corte di giustizia UE, riportate sopra sub 10.1.1.], e le considerazioni innanzi svolte in ordine alla ragionevolezza e proporzionalità della disciplina distanziale dai siti sensibili valgono, sostanzialmente, ad escludere anche la violazione dei parametri eurounitari, alla luce della sopra richiamata giurisprudenza della Corte di giustizia”.
“A tal riguardo si osserva che gli articoli 36, 49, 52 e 56 TFUE ammettono le misure derogatorie in materia di libera circolazione delle merci e di prestazione dei servizi ‘che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica’. Per giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia UE, le restrizioni alle attività di gioco d’azzardo possono essere giustificate da ragioni imperative di interesse generale, quali la tutela dei consumatori e la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco, sicché, in assenza di un’armonizzazione eurounitaria in materia, spetta ad ogni singolo Stato membro valutare in tali settori, alla luce della propria scala di valori, le esigenze che la tutela degli interessi di cui trattasi implica, ed ai giudici nazionali assicurarsi, in modo coerente e sistematico, tenendo conto delle concrete modalità di applicazione della normativa restrittiva di cui trattasi, che quest’ultima risponda veramente all’intento di ridurre le occasioni da gioco e di limitare le attività in tale settore (v. Corte di giustizia UE 22 ottobre 2014, nelle cause C-344/13 e C-367/13; id., 24 gennaio 2013, nella causa C-33/2013; id., 16 febbraio 2012, nelle cause C-70/10 e C-77/10; nonché Corte giustizia UE, 30 giugno 2011, nella causa C-212/08, secondo cui ‘gli obiettivi perseguiti dalle normative nazionali adottate nell’ambito dei giochi e delle scommesse si ricollegano, di regola, alla tutela dei destinatari dei servizi interessati e dei consumatori, nonché alla tutela dell’ordine sociale; siffatti obiettivi rientrano nel novero dei motivi imperativi di interesse generale che possono giustificare limitazioni alla libera prestazione dei servizi; anche le considerazioni di ordine morale, religioso o culturale, nonché le conseguenze moralmente e finanziariamente dannose per l’individuo e la società che sono collegate ai giochi d’azzardo e alle scommesse possono giustificare che le autorità nazionali dispongano di un potere discrezionale sufficiente a determinare, secondo la propria scala di valori, le prescrizioni a tutela del consumatore e dell’ordine sociale’). La Corte di giustizia ha, del pari, escluso la necessità di una previa comunicazione alla Commissione europea, ai sensi della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 (che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione), sulla base del rilievo che i principi di libera circolazione e di divieto di limitazione o restrizione presidiati dalle regole di trasparenza e pubblicità della direttiva 98/34 non sono né assoluti né generalizzati, rientrando, in particolare, la disciplina dei giochi d’azzardo nei settori in cui sussistono fra gli Stati membri divergenze considerevoli di ordine morale, religioso e culturale, in base alle quali restrizioni alle predette attività di gioco possono essere introdotte se giustificate da ragioni imperative di interesse generale, come, ad es., la dissuasione dei cittadini da una spesa eccessiva legata al gioco medesimo (v. sentenza 24 gennaio 2013, cit.)”.
38.2. Non è, poi, pertinente al caso di specie il richiamo all’art 1 del Protocollo 1 della CEDU, secondo il quale ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni e non può essere privata della proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale, senza pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.
Nel caso all’esame, infatti, non ne va della privazione di un diritto di proprietà, ma del mancato rinnovo dell’autorizzazione a erogare gioco legale per l’incompatibilità di quest’ultimo con le esigenze di protezione di soggetti vulnerabili.
Valgono, anche a questo proposito, le già rammentate considerazioni svolte dal Consiglio di Stato che, con ampio richiamo alla giurisprudenza comunitaria, ha escluso il conflitto del distanziometro con i principi del diritto europeo, sul rilievo del prevalente interesse di protezione della collettività.
È pertanto da escludere ogni contrasto con il diritto europeo, senza che le scarne e generiche deduzioni articolate sul punto dalla ricorrente possano sostenere una riconsiderazione di questo approdo.
39. Infine, il ricorrente denuncia il conflitto del distanziometro provinciale per la pretesa violazione dei livelli essenziali e per il palese contrasto con la Legge di Stabilità 2016, con l’Intesa del 2017 tra lo Stato e le Regioni e con la Legge di Stabilità 2018 (paragrafo I del ricorso).
Sostiene il ricorrente che, pur vera l’esigenza espressa anche a livello nazionale, di ridurre il gioco legale a contenimento dei danni sociali prodotti dal gioco compulsivo, nondimeno deve essere garantita la sua erogazione su tutto il territorio nazionale in maniera capillare ed equilibrata.
Il distanziometro, allora, violerebbe la L. 2018/2015 (Legge di Stabilità 2016) che impone a Stato e Regioni la “definizione di criteri di distribuzione e concentrazione territoriale dei punti di gioco che siano omogenei e coerenti per tutto il territorio nazionale”; l’Intesa tra Stato e Regioni del 7.9.2017, secondo la quale la normativa locale deve intervenire per una distribuzione del gioco che sia equilibrata e che non determini marginalizzazione, avendo cura di tutelare contemporaneamente la salute e la pubblica sicurezza, tenendo conto dell’ubicazione degli investimenti esistenti, e la L. n. 205/2018 (Legge di Stabilità 2018) che avrebbe imposto alle Regioni di adeguare ai precetti dell’Intesa le proprie leggi in materia di dislocazione dei punti vendita del gioco pubblico.
Il distanziometro sarebbe in contrasto anche con il principio di sussidiarietà e con i livelli essenziali.
39.1. Prendendo le mosse da quest’ultima affermazione, il Collegio ne rileva l’inintelligibilità e la genericità, atteso che il ricorrente omette ogni spiegazione al riguardo.
Non è dato comprendere, in particolare, in che modo possano dirsi lesi i livelli essenziali, supponendosi (in assenza di precisazioni sul punto) che il ricorrente alluda all’art. 117, comma 2, lett. m), Cost..
I livelli essenziali delle prestazioni sono quelli che l’art. 117, secondo comma, lett. m), Cost. vuole siano garantiti su tutto il territorio nazionale. Il compito di definirli spetta esclusivamente allo Stato, ma la loro realizzazione compete anche ai diversi enti territoriali, ovvero alle Regioni, alle Province e ai Comuni, nell’ottica non solo di una sostanziale unità nazionale, ma anche della presenza, su tutto il territorio, di servizi capaci di rispondere alle esigenze fondamentali del cittadino, salvaguardando cioè i livelli essenziali delle prestazioni soprattutto nel settore dei diritti civili e sociali.
Ebbene, fatica il Collegio a interpretare l’erogazione di gioco lecito da parte di imprese private del settore come prestazione di servizi fondamentali per il cittadino, che lo Stato assieme agli enti territoriali è chiamato a soddisfare. Ogni paventata lesione dei livelli essenziali di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), Cost. appare, di conseguenza, del tutto fuori luogo.
In ogni caso va rilevato che sino ad oggi il legislatore nazionale non ha dettato una disciplina unitaria del settore che ne occupa, sicché non è chiaro a quali criteri, se mai, il legislatore provinciale avrebbe dovuto attenersi.
Osserva, inoltre, il Collegio che, nell’ambito della sopra citata Conferenza Stato-Regioni è stata riconosciuta la piena validità di tutte le discipline esistenti. È stato infatti concordato di “considerare validi i vincoli esistenti risultanti dalle vigenti normative regionali e comunali in materia di distanza” e, in particolare, è stato stabilito che “le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia. Inoltre, le Regioni e le Province autonome, ai fini del contrasto delle patologie afferenti alla dipendenza da gioco d’azzardo, potranno prevedere forme maggiori di tutela della popolazione”.
Nello stesso senso si è espressa anche la Corte Costituzionale nella sentenza n. 27/2019 del 27 febbraio 2019: “L’intesa fa esplicitamente salve le vigenti disposizioni regionali e comunali, ove recanti standard più elevati di tutela, con la possibilità per Regioni ed enti locali di dettare anche in futuro nuove discipline più restrittive… Il quadro normativo e giurisprudenziale, dunque, consente espressamente alle Regioni d’intervenire prevedendo distanze minime dai luoghi sensibili per l’esercizio delle attività legate ai giochi leciti, anche individuando luoghi diversi da quelli indicati dal D.L. n. 158 del 2012, come convertito”.
Non sussistono, pertanto, nemmeno le violazioni prospettato al paragrafo I del ricorso.
40. Le considerazioni svolte conducono il Collegio ad affermare la manifesta infondatezza dei plurimi profili d’illegittimità costituzionale prospettati dal ricorrente.
Ne discende la legittimità del provvedimento comunale che, in applicazione dell’art. 5-bis della L.P. n. 13/1992, ha negato al ricorrente la proroga della licenza per la raccolta di scommesse presso la rivendita di generi di monopolio sita in via (…) a Bolzano, per la presenza di siti sensibili nel raggio di 300 m.
41. All’infondatezza del ricorso fa seguito la condanna alle spese di lite, nella misura liquidata nel dispositivo, secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente a rifondere alla Provincia autonoma di Bolzano e al Comune di Bolzano le spese di lite che liquida in € 2.000,00 (duemila,00) in favore di ciascuna parte, oltre agli accessori di legge”.