Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha accolto – tramite sentenza – il ricorso presentato dal Ministero dell’Interno in cui si chiedeva la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia -OMISSIS-, resa tra le parti, -OMISSIS-, con la quale era accolto in parte e con riferimento al riesame il ricorso presentato per l’annullamento: del decreto del Questore di Taranto -OMISSIS-, con cui era revocata la licenza ex art. 88 T.U.L.P.S. n. 773/1931 per la raccolta di scommesse ai sensi dell’art. 1 della l. n. 190/2014 e ss.mm.ii., rilasciata in data -OMISSIS-, del decreto del Questore di Taranto -OMISSIS-, con cui era respinta l’istanza -OMISSIS-, intesa ad ottenere il riesame in autotutela e il conseguente annullamento del decreto predetto, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso.
Si legge: “I – Con la sentenza appellata, il primo giudice respingeva il ricorso proposto per l’annullamento del decreto del Questore di Taranto di revoca della licenza ex art. 88 TULPS, tuttavia accogliendolo alla luce delle modifiche introdotte all’art. 7, comma 2 della l. reg. n. 43/2013 – con l’art. 1, comma 1, lettera a) della l. reg. Puglia 17 giugno 2019 n. 21, in relazione al decreto -OMISSIS- con il quale era respinta l’istanza volta ad ottenere il riesame, riscontrando un deficit istruttorio e motivazionale, con conseguente obbligo dell’Amministrazione di rideterminarsi quanto al riesame in autotutela dell’atto di revoca della licenza di p.s..
In questa sede, l’Amministrazione, precisato che non vi sarebbe alcuna accessorietà rispetto all’attività di internet point, avviata successivamente e che in ogni caso l’interessato era stato edotto della violazione, in quanto il Comune di -OMISSIS- aveva emesso l’ordinanza -OMISSIS- conseguente all’accertamento, eseguito in data -OMISSIS-, per la violazione della legge regionale sulle distanze.
Sicché il provvedimento di revoca sarebbe meramente conseguente al provvedimento del Comune, né potrebbe dirsi maturato alcun affidamento in capo al titolare della licenza, in quanto la violazione era contestata a meno di due mesi dall’apertura del negozio di gioco e dall’ottenimento della licenza avvenuta il -OMISSIS-.
Deduce la contraddittorietà della sentenza, laddove pur ritenendo legittimo il provvedimento alla luce della previgente disciplina ha annullato il diniego di riesame sulla base della disciplina transitoria contenuta nella nuova norma regionale, che fa salve le licenze già concesse, in quanto la revoca sarebbe intervenuta prima dell’entrata in vigore dei nuovi parametri attinenti alla distanza dei locali adibiti al gioco dai luoghi ritenuti sensibili ai fini della lotta alla ludopatia.
In particolare deduce i motivi di appello di seguito specificati.
1 – Violazione del principio del tempus regit actum – violazione dei principi in materia di annullamento in autotutela – contraddittorietà della motivazione. La legge delega 11 marzo 2014 n. 23, per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici non impedirebbe l’esercizio dei concorrenti poteri, rivolti alle medesime finalità, delle Regioni e degli enti locali.
Per quanto riguarda la normativa regionale della Puglia, l’art. 7, comma 2 della L.reg. n. 43/2013 prevede che “l’autorizzazione all’esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili, centri sociali o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semi residenziali operanti in ambito sanitario o socio assistenziale e, inoltre, strutture ricettive per categorie protette”.
La licenza era revocata – nella specie – alla -OMISSIS- appellata per l’ubicazione del centro di raccolta di scommesse ad un raggio inferiore a 500 metri, e precisamente a 350 metri, dalla -OMISSIS-
Ai sensi della sopravvenuta l. reg. n. 21/2019, entrata in vigore il 17 giugno 2019, il citato art. 7, comma 2 era così sostituito: “Fuori dai casi previsti dall’art. 110, comma 7, del r.d. 773/1931, le nuove autorizzazioni all’esercizio non vengono concesse nel caso di ubicazioni in un raggio inferiore a 250 metri, misurati per la distanza pedonale più breve su suolo pubblico, da istituti scolastici primari e secondari, università, biblioteche pubbliche, strutture sanitarie e ospedaliere e luoghi di culto. Restano valide le autorizzazioni comunque concesse prima della data di entrata in vigore della presente disposizione”.
Nella specie che occupa, il riesame a seguito dell’istanza cautelare, non avveniva sulla base di una mutazione in fatto ma dei presupposti di diritto. Inoltre, essendo stato interessato il Comune di -OMISSIS-, dalla nota -OMISSIS- del Corpo di Polizia Municipale di -OMISSIS- (All. n. 16), risultava che l’attività contravveniva anche a quanto disposto dall’attuale normativa regionale, essendo stata riscontrata la presenza, entro 250 metri, di una struttura sanitaria e di un istituto di scuola secondaria di secondo grado.
Di ciò il primo giudice non avrebbe tenuto conto.
Con nota il comune di -OMISSIS- si riserva di proporre appello.
La parte appellata non si è costituita.
All’udienza del 15 luglio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
II – Osserva il collegio che l’appello è fondato.
III – In disparte ogni considerazione sulla disciplina transitoria, va evidenziato che l’attività in questione non rispetta le distanze né con riferimento alla previgente disciplina né con riferimento alla sopravvenuta.
Quanto evidenziato dall’amministrazione non risulta contraddetto dalla parte appellata.
Ne discende che – nella specie – non può che farsi richiamo alla costante giurisprudenza della Sezione, secondo cui (ex multis – sentenza n. 4604/2018, menzionata dal Ministero appellante) l’Amministrazione è tenuta “per il rilascio dell’autorizzazione, a verificare la sussistenza non soltanto dei requisiti stabiliti dalla legislazione di polizia ma anche di quelli previsti dalle ulteriori fonti normative e ordinamentali, tra le quali assume una specifica valenza proprio la legislazione regionale in materia di rispetto delle distanze minime dai luoghi sensibili”.
Nella specie l’attività oggetto di contenzioso risulta a distanza inferiore da quella prevista dalla disciplina regionale rispetto a luoghi sensibili, anche alla luce della normativa di maggior favore.
Del resto, ancora, questo Consiglio (tra le tante, Sez. II, n. 1666/2015) ha affermato la legittimità degli interventi di contrasto della ludopatia di Regioni ed Amministrazioni locali con riferimento sia alla collocazione delle sale da gioco che alla limitazione degli orari, anche alla luce delle pronunce della Corte costituzionale (n. 300 del 10 novembre 2011).
IV – Per tutto quanto sin qui ritenuto, l’appello deve essere accolto ed, in parziale riforma della sentenza -OMISSIS-, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
V – In ragione del succedersi della disciplina e della diversa interpretazione resa dal giudice di primo grado, sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza -OMISSIS-, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa”.