Roma. Ced e Ctd scendono in piazza per chiedere il riconoscimento della propria figura

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(Jamma) Sono alcune centinaia i gestori dei Ced e Ctd riuniti a Piazza Santi Apostoli a Roma per chiedere il riconoscimento della loro figura. “Ci attendiamo un migliaio di adesioni, stiamo aspettando pullman anche dalla Sicilia” spiega a Agimeg Marco Mandolesi, ex gestore di un centro a Roma e ora trasferitosi in Austria per svolgere lo stesso lavoro, e uno degli organizzatori dell’evento. “La manifestazione non è legata ad alcun bookmaker – sulla piazza sventolano il Tricolore, la bandiera dell’UE  e quella con il logo di FederBet – la manifestazione è stata aperta a tutti, e sono presenti i gestori dei ced di StanleyBet, GoldBet, SKS e tutti gli altri bookmaker, al di là della rivalità commerciale. E’ una manifestazione partita dal basso”.

Quello che chiedono i manifestanti è un riconoscimento giuridico: “Svolgiamo una funzione diversa da quella delle agenzie di scommesse con concessione: non partecipiamo in alcun modo all’organizzazione della scommessa, quello è un aspetto che cura il bookmaker nello stato in cui risiede. E’ come se accompagnassi in auto uno scommettitore fino a Insbruk  per piazzare una scommessa. E’ un paradosso ovviamente, ma in quel caso non commetteri alcun reato. Ma gestendo un ced svolgo la stessa funzione: mi limito amettere a disposizione la tecnologia che consente di piazzarte la giocata”. Un riconoscimento giuridico dei ced e ctd inevitabilmente però farebbe saltare il sistema legale: “Le autorità competenti dovrebbero infatti rivedere l’intero sistema, ripensare anche alla rete legale, per consentire a entrambe le figure di coesistere”. E poi c’è la questione del prelievo erariale: “Noi ci troviamo in una situiazione scomoda. Paghiamo infatti le tasse normali sui redditi, il Preu sulle scommesse dovrebbe essere chiesto ai bookmaker esteri. Ma i controlli ovviamente vengono fatti sui ced e sui ctd”.

 

“Sono almeno 6mila i ced e ctd presenti in Italia, se si considerano anche i Punti di Commercializzazione – ovvero i centri collegati a provider italiani, ndr – si arriva a almeno 10mila esercizi. Le persone che lavorano nei Ced e Ctd – dichiara l’avv. Francesco Baranca, segretario generale di Federbet – sono almeno il doppio, considerando i soli dipendenti diretti, e non l’indotto”.

Baranca – per assoggettare anche i ced a prelievo – pensa a “un canone fisso – magari commisurato a parametri come le dimensioni dell’esercizio – che si aggiunga al normale prelievo sui redditi”. Il Preu verrebbe invece pagato dai provider chi esercitano effettivamente la raccolta delle scommesse. Un sistema ibrido che, secondo Baranca, non mette a rischio l’impianto concessorio: “Chi ha una concessione assume dei rischi molto più elevati, ma ha anche un ritorno economico che non è paragonabile a quello di un ced o un ctd”. Si rischia però che tutti gli operatori italiani fuggano all’estero, cercando di godere di un trattamento fiscale migliore: “Allo Stato interessa conservare un indotto. Con il canone gli introiti sarebbero nettamente superiori a quelli che trae dal Preu”.

Intanto Federbet ha intenzione di muoversi a livello comunitario: “Presenteremo un esposto alla Commissione Europea riunendo le esperienze di tutti i nostri centri associati – non solo italiani, ma anche quelli di altgri paesi come Spagna e Germania – raccontando le il trattamento che hanno subito. L’obiettivo” conclude Baranca, ” è di spingere la Commissione a aprire una nuova proicedura di infrazione per il mancarto rispetto delle sentenze della Corte di Giustizia”.

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